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4 - 5 APRILE: MASSACRO A PRA' DEL VOTO
di Luca Girotto
Dal punto in cui il contrafforte orientale del Panarotta dirige a meridione la diramazione di monte Broi, tre caratteristiche gobbe boscose (q. 1676, q. 1656 e q. 1623 o Sasso Alto) ne scandiscono il progressivo decrescere: è il cosiddetto Spigolo Frattasecca.
Sotto l'ultima delle accennate gibbosità il pendìo scende dolce, dopo il modesto rilievo di q. 1581, fino ai 1450 metri dell'antico eremo di Qsvaldo, un tempo facilmente individuabile dal fondovalle ma ora completamente nascosto dagli abeti.
L'importanza tattica di questi costoni appare ancora oggi evidente a chi conosca anche approssimativamente il terreno: la perdita di S. Osvaldo e soprattutto del soprastante Spigolo Frattasecca avrebbe comportato per gli austriaci il forzato abbandono di m. Broi e quindi, in una sorta di "effetto domino", di Novaledo e Barco, a quel punto ormai aggirati da nord.
Non solo: tale conquista avrebbe aperto agli italiani la via per l'attacco diretto al cuore del sistema difensivo austriaco, la vetta del Panarotta, e per un eventuale aggiramento di questo caposaldo da settentrione, attraverso la val l'Argento e la depressione del Weitjoch tra Panarotta e Frawort.
Era un pericolo troppo grave per lo schieramento austroungarico: le posizioni di Frattasecca e del Broi non erano pertanto "sacrificabili" e i difensori avevano avuto molto tempo per rafforzare trincee e difese accessorie.
Alle 5.30 del 4 aprile iniziava il fuoco dell'artiglieria da campagna e da montagna posta a Fonderia e a masi Zurlo (nord/ovest di Ronchi) contro q. 1147, Prà del Voto, S. Osvaldo, Tezzel e Frattasecca; da lontano, i pezzi da 149 mm di S. Giorgio (la "Rocchetta") effettuavano invece tiri d'interdizione sul rovescio dei rilievi per ostacolare l'arrivo dei rincalzi.
Ecco infine il momento delle fanterie! Usciti verso le 3.30 dalla sinistra degli avamposti di Marter e q. 617, i reparti di punta arrivano alle 8.30 alla curva di livello di q.1000 sulle pendici sud/est di m. Broi e verso q. 700, circa trecento metri ad est della chiesetta di S. Maria.
Poco dopo, sul fondovalle, gli italiani vengono bersagliati da fucileria avversaria proveniente dalla chiesa stessa e devono richiedere l'intervento della batteria da 75A di malga Puisle.
Rilevante opposizione incontrano anche i nuclei che risalgono il costone del Broi, i quali riescono però ad occupare un appostamento abbandonato verso q. 900; alle 10.00 due plotoni dell'83°, sotto una grandinata di shrapnels, arrivano a q. 1000 di monte Broi raccogliendo molto materiale lasciato indietro dalle vedette austriache, compreso un apparecchio telefonico; superato uno sbarramento di reticolato ed incalzando da presso gli avversari in ritirata, i fanti giungono poi a q. 1100 rafforzandosi in buona posizione.
La chiesa di S. Maria, violentemente battuta dalle artiglierie, si è frattanto incendiata ed il rudere non viene occupato dai due plotoni a ciò preposti, a causa delle fiamme e perché dominato da vicino da tiratori appostati tra le rocce del Broi.
Le truppe possono invece schierarsi a cavallo della strada imperiale, fin contro la massicciata ferroviaria, circa 100 metri ad est della chiesa. All'estrema ala destra le case di Teccel alto vengono occupate da un plotone dell'84°, senza incontrare resistenza, già nelle prime ore del mattino.
Nel settore centrale Voto-S. Osvaldo-Valcanaia, terminato il tiro di preparazione dell'artiglieria, la 3a comp. dell'84° al comando del capitano Sarazzi, uscendo verso le 8.00 dai trinceramenti di Tesobbo, muove sulla destra all'attacco di q. 1147 che occupa senza perdite alle 10.00 obbligando il presidio austriaco a ripiegare parte verso S. Osvaldo e parte su Casa Pendola.
Vengono catturati 10 Landesschutzen e grandi quantità di materiali da difesa.
Più a sinistra ha meno fortuna l'attacco principale, condotto dalla Compagnia della Morte trincerone di Voto e S. Osvaldo.
Trincerone di Prà del Voto, autunno 1915.
In primo piano i tenenti Urban (a sinistra, caduto su monte Carbonile il 14-04-1916) e Kratochwill.
Vale la pena di esaminare nel dettaglio questo scontro. Il fuoco delle batterie da campagna e da montagna dalle pendici di monte Collo e quello dei medi e grossi calibri della val di Sella e di monte Armentera avevano sortito risultati alquanto limitati a causa del terreno in forte pendenza; anzi, il tiro dei grossi calibri era riuscito più dannoso che utile perchè, tirando i pezzi alla loro massima gittata, molti colpi erano caduti corti, sulle linee di partenza degli attaccanti.
Era il solito problema delle armi a tiro teso, del tutto inadatte alla distruzione di fortificazioni basse e defilate quali quelle al margine superiore del Prà del Voto.
"Da otto lunghi mesi i miei arditi agognavano di salire sulla nera montagna che dall'alto ci guatava e ci invitava " - ricorda il capitano Baseggio - "ed era in noi tutti la convinzione che l'avremmo conquistata, non importa se a prezzo eli sangue".
E che l'impresa fosse per lo meno temeraria era noto in partenza anche ai semplici soldati, i quali avevano trascorso la sera della vigilia, a Roncegno, scrivendo lettere d'addio alle famiglie.
All'alba del 4, i volontari prendevano posizione di fronte all'ala destra del trincerone austriaco mentre la 2a compagnia dell'84° fant. si schierava contro il centro e la sinistra della posizione. I proiettili sparati dai cannoni di Sella passavano radenti, sfiorando quasi i lucidi elmetti bleu degli italiani e colpendo con irrilevanti effetti il terreno molle e prativo antistante l'obiettivo.
Occultati dietro gli spessi scudi d'acciaio che coronavano il trincerone, i tiratori avversari sorvegliavano invece il limitare del bosco dal quale sarebbero dovuti uscire gli attaccanti.
A mezzogiorno, esasperato dall'inazione, Baseggio decideva di attaccare impetuosamente al centro: al ten. Galluzzo, con il plotone alpini, venne affidato il compito di proteggere il fianco destro da eventuali contrattacchi, mentre il plotone bersaglieri fu lanciato in un assalto frontale sul ripido e scoperto Prà del Voto, cosparso di reticolati e di tagliole nascoste sotto gli oltre trenta centimetri di neve che ancora coprivano il suolo.
Come era logico attendersi, spintosi arditamente con la neve al ginocchio fin sotto le feritoie nemiche, il reparto si trovò ben presto a mal partito, inchiodato in un turbinìo di pallottole. I rincalzi dell'84° non potevano uscire dalle abetaie a causa del tiro avversario e l'azzardato tentativo si risolse in un massacro: dei 50 bersaglieri del plotone solamente 8 riuscirono a ripiegare indenni nel bosco sottostante; 15 furono i morti, 22 i feriti e 5 i dispersi.
Anche gli alpini, sulla destra, non avevano potuto muovere passo per il fuoco micidiale.
Gli austriaci dal canto loro avevano avuto 7 morti e 3 prigionieri. Nonostante la palese e criminale assurdità del lanciare un singolo plotone in un attacco frontale, su terreno scoperto ed innevato, contro posizioni fortemente difese, il Baseggio imputò il fallimento dell'assalto al mancato appoggio da parte delle fanterie fiancheggianti e si ripromise di ritentare l'impresa il dì seguente.
Per il momento però le truppe vennero fatte ripiegare sulle posizioni di q. 1121.
Alla sinistra dei volontari della Compagnia della Morte e dei fanti della 2a comp. dell'84° operava la 1a comp. dell'83° (capitano Anacleto Francini) , alla quale gli ordini della vigilia affidavano, per i14 aprile, il compito di " (...) occupare la testata di Val Canai (l'odierna Val Borba della cartografia IGM, n.d.A.) per impedire che le truppe attaccanti potessero essere disturbate o contrattaccate dalla loro ala sinistra ".
Mentre Baseggio procedeva all'attacco delle trincee di Voto ed un plotone dei suoi volontari tentava di impegnare da destra la ridotta austriaca sbarrante la testata di val Canai, il capitano Francini puntò con due plotoni contro il fianco sinistro della ridotta medesima.
Questa non era stata sconvolta dal fuoco preparatorio, anche perchè distava meno di cento metri dai primi avamposti italiani di q.1100.
I fanti riuscirono ad occupare, al prezzo di 2 morti e 5 feriti, un costoncino fronteggiante la mulattiera che da Valcanaia conduceva a Voto e da qui poterono iniziare un'azione di fuoco contro i difensori.
La conquista della ridotta era però subordinata al successo dell'attacco contro Voto, ed anche il plotone della compagnia Baseggio era costretto a sostare al coperto in attesa dell'esito dell'azione principale; fallita questa, al Francini giunse l'ordine di ripiegare sull'avamposto di q. 1100 in attesa che all'artiglieria riuscisse finalmente di sconvolgere le posizioni nemiche prospicienti il predetto costoncino.
I risultati ottenuti dagli italiani nella giornata si potevano così riassumere: occupazione di Teccel, di q. 1147, delle falde sud/est di monte Broi e della linea antistante cento metri la chiesa di S. Maria, fin contro la ferrovia.
Il campo di battaglia tra S. Osvaldo (1) e monte Broi (11). A) Azioni del marzo 1916. b) Azioni del 4-6 aprile 1916 (prima battaglia per S. Osvaldo). 2) Pra' del Voto. 3) Quota 1121. 4) Quota 1147. 5) Tesobbo. 6) Valcanai.
7) Torre Fondo (maso Bazzanella). 8) Noto cocuzzolo. 9) Quota 617. 10) Quota 1100 di monte Broi.
La notte trascorre insonne per Baseggio e i suoi arditi, tra i cadaveri dei compagni ed i lamenti dei feriti; è indispensabile un mutamento di tattica per evitare un nuovo massacro davanti alle feritoie austriache e l'effervescente ufficiale ritiene di averlo individuato: prima dell'alba, lasciata la 2a comp. dell'84° al limite inferiore del prato di Voto, sale con i suoi volontari nel bosco sulla sinistra giungendo in breve sotto l'estremità del trincerone, ove solo una modesta abbattuta ("Abbattuta" era detta la radura artificialmente ottenuta con il taglio della vegetazione arborea davanti ad una posizione difensiva, allo scopo di liberare il campo di tiro.) si stende dinnanzi alla ridotta invano attaccata il giorno precedente; qui attende l'intervento delle artiglierie.
La tranquillità relativa della serena mattina del 5 aprile viene rotta verso le 5.30 da un nuovo, violento cannoneggiamento italiano concentrato sulle posizioni di Voto e Valcanaia.
In risposta, alle 8.00, inizia dal Panarotta un tiro accelerato contro Marter mentre nuclei austriaci si radunano presso malga Broi; ciò non sfugge all'osservatorio di monte Armentera: pochi colpi del mortaio da 210 mm appostato a Bagni Sella sono sufficienti a disperdere queste truppe e a distruggere il caseggiato.
Dalle 9.00 alle 9.30 il fuoco italiano si fa tambureggiante per poi cessare improvvisamente: scatta allora all'attacco la colonna Sarazzi, che muove da q. 1147 risalendo verso sud/ovest il costone fino ad affacciarsi sul crinale presso q. 1271, alle spalle dell'ala orientale del trincerone di Voto.
Sono ormai le 12.00: tocca ai volontari esploratori che assieme alla 2a comp. dell'84° si lanciano contro la ridotta ed il lato ovest del trincerone medesimo: alla destra dei fanti ansimanti nella risalita del pendio si presenta improvviso il doloroso spettacolo dei bersaglieri caduti nell'assurdo assalto del giorno prima, sparsi sul terreno in macabre pose; ma non c'è tempo per piangere, non ci si può fermare proprio ora che l'avversario sembra vacillare.
Colti di sorpresa, i Landesschutzen del trincerone reagiscono tardivamente e cedono presto alle ondate degli attaccanti: il ten. Gagliotti con il plotone alpini è il primo a saltare, pistola in pugno, nel ridottino; da lì i fanti dilagano verso destra come un torrente, senza quasi trovare opposizione poichè il presidio, minacciato alle spalle dall'inaspettata comparsa della compagnia Sarazzi, preferisce ripiegare in fretta verso l'alto nel bosco sotto S. Osvaldo. Solo 4 prigionieri, tra i quali un ufficiale, restano in mano italiana.
Verso le 13.50 la 2a comp. dell'84° completa l'occupazione della ridotta e del trincerone di Voto, impossessandosi di molto materiale, tra cui un lanciabombe da 80 mm, ed utilizzando la lunghissima linea di trincee, con reticolati ed altre difese accessorie, come nuova posizione difensiva.
La Compagnia della Morte viene nuovamente riunita nel bosco; solo sull'estrema destra, negli accidentati canaloni tra Voto e q. 1147, il plotone di finanza e quello che resta del plotone bersaglieri sono ancora impegnati contro gruppi di tiratori, ormai tagliati fuori dalle loro linee ma non per questo meno accaniti nella loro resistenza.
Lo stesso Baseggio renderà loro omaggio nel dopoguerra, sottolineando la tenacia ed il valore di quegli ostinati montanari.
Il Capitano Cristoforo Baseggio
Poco dopo la morte del ten. Galante, falciato al fianco di Baseggio da una raffica di mitragliatrice destinata al suo superiore, viene decisa una ricognizione offensiva su S. Osvaldo allo scopo di studiare le vie per l'attacco da effettuare il giorno 6.
Una sessantina di volontari, guidati dal comandante stesso del reparto, si spinge in serata fino a 100 metri dall'eremo: "Salimmo a destra per il costone boschivo che dalla cima del Monte discende fino ai prati di Volto (...) ; ovunque vedevamo tracce del nemico fuggente, ovunque morti (...) e mucchi di munizioni (...) abbandonate in fretta.
Il nemico serbava un silenzio che ci teneva sospesi. (...) Dal nostro posto vedevamo bene la trincea nemica serpeggiante in due ordini attorno alla vetta del monte (...) " (C. Baseggio) .
A breve distanza dal cocuzzolo di q. 1450 Baseggio manda in avanscoperta il sergente Dumini e tre arditi, rimanendo appiattato con i restanti nell'abetaia sottostante la chiesetta.
Improvvisamente, dal parapetto della prima trincea spunta la testa di un ufficiale austriaco che lancia un'esortazione ironica: "Avanti Compagnia Baseggio!" e un attimo dopo il tac-tac-tac delle Schwarzlose inizia a crepitare dai costoni laterali e dalle feritoie di fronte.
Atteso il fortunoso rientro della pattuglia Dumini, giunta a meno di trenta metri dalla sommità, gli uomini di Baseggio ritornano senza perdite, strisciando tra gli alberi, onde radunarsi nuovamente presso Voto per il riposo notturno.
C'è più allegria della sera precedente: la giornata si è conclusa felicemente con il raggiungimento degli obiettivi e senza perdite rilevanti; i volontari hanno avuto solamente 4 soldati feriti, 1 ufficiale ucciso (ten. Galante) ed 1 ferito (s. ten. Rabaioli) ; la compagnia Sarazzi solo1 morto e 2 feriti.
Sul fianco sinistro, le operazioni per l'occupazione di Valcanaia avevano avuto favorevole sin dalla mattinata: già verso le 12.00 tre plotoni avevano occupato malga Valcanaia, oltrepassando un doppio ordine di reticolati a paletti di ferro, mentre un quarto plotone si spingeva verso S. Osvaldo per concorrere all'azione dei volontari esploratori, pervenendo alla curva di livello di q. 1200.
Era così espugnata, con la perdita di soli 2 feriti, anche l'ala sinistra del trincerone di Voto, lungo complessivamente oltre 700 metri e realizzato esattamente nella mulattiera incassata che andava dalle case di Valcanaia a Voto.
Alle 17.30 un contrattacco austriaco su q. 1035 poteva essere respinto grazie al tempestivo arrivo di un'altra mezza compagnia dell'83°, al prezzo di altri 2 feriti.
Appreso che il Baseggio aveva spinto una robusta ricognizione verso S. Osvaldo, anche il capitano Francini diede ordine che il plotone di q. 1200, al comando del s. ten. Boschi, si dirigesse cautamente verso la chiesetta. Giunto inosservato a quaranta passi dal cocuzzolo di q. 1450 dopo aver catturato due vedette avanzate e resosi conto dell'esiguità delle forze avversarie il Boschi mandò a chiedere urgentemente dei rinforzi per tentare un'azione di sorpresa: gli vennero negate, anche sulla scorta delle affermazioni di Baseggio, già rientrato, che definivano "formidabile" la posizione.
Al calar delle tenebre due pattuglie esploranti si incaricavano di stabilire i contatti laterali, a destra con la ridotta presso Voto ed a sinistra con il "noto cocuzzolo":
La scarsa resistenza opposta dai Landesschutzen in questa seconda giornata di combattimento, pur in parte legata alla coscienza di disporre di posizioni ben più potenti e protette alle quote soprastanti, era anche dovuta al grave esaurimento psicofisico dei soldati di prima linea: costoro erano in trincea ininterrottamente ormai da due settimane, sotto un continuo alternarsi di bombardamenti e scrosci di fucileria, nella neve alta e con temperature ancora molto basse, soprattutto nelle ore notturne.
Per alleviare il duro compito dei difensori del settore, il 5 aprile si era però messo in marcia da Pergine verso le zone ghiacciate del Panarotta il reggimento degli Schutzen volontari dell'Alta Austria. (La denominazione esatta del reggimento era "Freiwilliger Ober-Oesterreich Schutzen", che sarà d'ora in poi abbreviata in F.W.O.O.S.)
4 Aprile 1916: baraccamenti italiani presso i masi di Tesobbo
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