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AUSTRIACI O ITALIANI?
di Vitaliano Modena
Al tempo cui si riferiscel'indagine intrapresa, la maggior parte della nostra gente era costituita di contadini che lavoravano i piccoli appezzamenti di terra di cui erano proprietari; una parte minore era rappresentata da coloni detti "masadori" e da un numero esiguo di braccianti che servivano i pochi ricchi possidenti, detti signori.
V'erano infine gli addetti a varie professioni emergenti in Roncegno nel periodo anteguerra.
In special modo fra le classi più umili era radicato il sentimento di fedeltà all'imperatore; lui veniva servito dai giovani in servizio di leva, a lui si rivolgeva, fin dai banchi della scuola, il pensiero grato e beneaugurante dei sudditi che si dichiaravano pronti a dare "beni e vite alla Patria, al nostro Sìr" , come era riportato nell'inno popolare, che s'imparava ancor da bambini.
INNO POPOLARE
Serbi Dio dell'Austria il Regno,
Guardi il nostro Imperator!
Nella fe', che Gli è sostegno,
Regga noi con saggio amor!
Difendiamo il serto avito,
Che Gli adorna il regio crin:
Sempre d'Austria il soglio unito
Sia d'Asburgo col destin!
Pia difesa e forte insieme
Siamo al dritto ed al dover;
E corriam con lieta speme
La battaglia a sostener!
Rammentando le ferite
Che di lauri ci coprir:
Noi daremo beni e vite
Alla Patria, al nostro Sìr.
Dell'industria a' bei tesori
Sia tutela il buon guerrier;
Incruenti e miti allori
Abbian l'arti ed il saper!
Benedica il cielo e renda
Glorioso il patrio suoi,
E pacifico risplenda
Sovra l'Austria ognora il sol!
Siam concordi! In forze unite
Del potere il nerbo sta;
Alte imprese fian compite,
Se concordia in noi sarà.
Sìam fratelli, e un sol pensiero
Ne congiunga e un sol cor:
Duri eterno quest'Impero,
Salvi Iddio l'Imperator!
Presso a Lui sposa beata
Del Suo cor l'Eletta sta,
Di quei vezzi inghirlandata,
Che non temono l'età.
Sulla Mite in trono assisa
Versi il Cielo ogni suo don:
Salve Augusto, salve Elisa
E d'Asburgo la Magion!
Francesco Giuseppe era ritenuto il massimo ispiratore di una seria amministrazione sentita vicina e fattiva, il garante del rispetto del vivo senso della religione diffuso fra il popolo (non altrettanto riguardo al sentimento dei credenti dimostrava d'avere lo stato italiano, in particolar modo dopo Porta Pia).
Su quest'ultimo punto così si espresse padre Gabos nel suo diario (Armando Costa, La passione del Borgo nella guerra 1914-18, Olle, Cassa Rurale, 1984.): "Sento fortemente la mia nazionalità italiana, ma non desidero l'annessione al regno: perché da questa annessione vedo la rovina religiosa, morale, ed economica del nostro popolo".
Grata di questa garanzia la popolazione, su invito delle autorità, partecipava alle cerimonie religiose per il natalizio di Sua Maestà; non mancava l'incentivo:
Quando compiva gli anni l'imperatore, ci veniva distribuita mezza "binate di pane.
I più non rivendicavano altro, in tema di nazionalità, dato che la legge dello stato austriaco del 1867 riconosceva a ogni singola nazione "l'inviolabile diritto di conservare e di coltivare la propria nazionalità e il proprio idioma".
Le autorità austriache, governative e territoriali, non dubitavano della fedeltà del nostro mondo contadino, ma piuttosto di altri ceti sociali.
Valga per tutte l'affermazione del capitano-a uditore presso il tribunale militare di Trento, Schlesinger (Augusto Tommasini, Ricordi del tribunale di guerra a Trento 1914-1918, Trento, Tridentum, 1923.):
"I soli contadini sono della brava gente, ma tutta l'altra popolazione, compresi gli impiegati dello stato, sono irredentistì".
Anche indietro negli anni, i sostenitori di ideali opposti non mancavano; il fermento era però in embrione.
Subito prima dello scoppio della terza guerra per !'indipendenza, due cittadini di Roncegno, Primo Dalmaso (Primo Dalmaso era il rappresentante della corrente italianeggiante. Per sostenere i suoi ideali e le operazioni militari di Garibaldi dette fondo alle proprie sostanze andando economicamente in rovina. Nel corso di tafferugli venne danneggiato il portoncino d'entrata della sua abitazione.) e Luigi Frisinghelli, furono inseriti nelle liste dei sospettati o pericolosi, per i quali v'era mandato d'arresto e reclusione nella lontana fortezza di Temeswar.
Evitarono quel trasferimento e poco dopo l'arresto fu loro consentito di ritornare al luogo di nascita.
Nella stessa circostanza, un Benedetto Alpruni fu nel corpo dei volontari trentini foggiati alla garibaldina.
E, finita la guerra, un roncegnese, ritornato dalla Lombardia, venne arrestato dalla polizia perché scoperto in possesso di una fotografia oscena alludente all'imperatore e all'arciduchessa Sofia, ma fu presto rilasciato (Riccardo Gasperi, Per Trento e Trieste l'amara prova del 1866, Trento, Comitato per il cinquantenaria dell'unione del Trentina all'Italia, 1968).
Memorie riferiscono altresì che in occasione dell'arrivo delle truppe italiane della spedizione Medici in Valsugana patrioti di Marter accolsero festanti i liberatori e li accompagnarono fino a Pergine, portando loro le armi.
La circolazione delle idee favorevoli all'Italia si intensificò, facilitata anche dalla presenza dei forestieri, cattivandosi prima di tutto, ma non esclusivamente, professionisti, esercenti e persone intellettualmente disponibili e desiderose di cambiamento.
Le associazioni che ne soste- nevano i sentimenti fornivano opportunità d'incontro e di proselitismo.
Carlo I salito al trono il 21 novembre 1916.
Nel 1913 ebbe luogo a Roncegno una grande festa della lega nazionale della Dante Alighieri, con vaso della fortuna, concerto, coro e balli.
Si cantò l'inno alla Dante Alighieri, Tripoli . . . , e anche noi ragazzi partecipammo gioiosi.
La gendarmeria stava all'erta per cogliere e segnalare ogni fatto e manifestazione in cui si potesse ravvisare alcunché di avverso nei riguardi dell' Austria e gli atteggiamenti compiacenti nei confronti dell'Italia.
E andava compilando le liste dei "politicamente sospetti" che, in caso di guerra con l'Italia, per primi sarebbero stati allontanati dalla loro terra.
Volendo estendere il raggio delle considerazioni e collo carie nel circuito provinciale,fra coloro che si sentivano partecipi del patrimonio di cultura e civiltà italiane non troviamo unicità di vedute.
Per loro "il problema non era quello se essere italiani o non; era, realisticamente, se essere o conservarsi italiani all'interno della monarchia asburgica, come volevano i clericali, o all'interno di uno Stato federale com'era il programma dei socialisti ... o se operare per far coincidere i confini della nazionalità con quelli dello Stato italiano, come auspicavano le correnti del nazionalliberalismo o del mazzinianesimo" (A cura di Umberto Corsini e Emilia Morelli, Da Caporetto a Vittorio Veneto, Trento, Saturnia, 1970.).
Ricostruire le posizioni personali e di gruppo, o le sfumature presenti allora, è oggi impossibile.
Esistettero verosimilmente tutte, anche quella meno moderata dell'irredentismo, impersonata, se non da altri, da Alberto Pola (arruolatosi nell'esercito italiano, trovò la morte combattendo nella zona del Grappa 1'11 dicembre 1917).
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