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TUTTI I TESTI E LE FOTO SONO TRATTI DAL LIBRO
FILOMENA BOCCHER DIARIO DI UNA MAESTRA IN ESILIO
NEL <<LAGHER>> DI MITTERNDORF
A CURA DI LENINA BOCCHER E VITALIANO MODENA
PARTE TERZA
1917
DAL 18 MAGGIO AL 29 GIUGNO
Nozze d'oro ( proprietà A. Girardelli )
Infelici a vent'anni.
18 maggio. La mia più cara collega oggi era triste assai. Dopo scuola m'intrattenni un po' con lei e mi espresse il desiderio di fare una passeggiata con me, ché aveva bisogno di dirmi qualche cosa. Ci andai. Anzi tutto essa mi narrò , accorata , una sventura che aveva colpito la sua famiglia nello scorso inverno: una di quelle sventure, per cui il mondo non ha che crudele disprezzo!
19 maggio. Questa sera la maestrina venne da me, a pregarmi di imprestarle qualche libro da leggere. Le ho dato il meglio che avevo: avrei voluto darle un libro con le parole d'oro, un libro che la consolasse! Quando partì da me, erano le Il di notte. Dormirà, quella povera creatura? Alcuni mesi or sono, essa era una delle più robuste fra le mi colleghe: adesso è triste e pallidissima: io temo che il dolore la uccida. E non ha che vent'anni! lo so che cosa vuol dire essere infelici a vent' anni! Vuol dire non saper che sia giovinezza, vuol dire fasciare di nero tutta una vita.
La scuola.
20 maggio. C'è stata una conferenza delle maestre. L'Ispettore scolastico ci fece varie comunicazioni, fra le quali quella che l'insegnamento della lingua tedesca è stato dichiarato dal ministero un oggetto obbligatorio in tutte le scuole cui provvede lo Stato. Poi si determinò quante ore sono da dedicare a ciascun oggetto. Nella mia classe, che è la quinta femminile, bisognerà dare due ore alla religione, sei alla lingua italiana, sei all'aritmetica, due alla storia naturale, due alla fisica, un' ora e mezza alla geografia, un' ora e mezza alla storia, un' ora al canto, e quattro ore alla lingua tedesca; in tutto 26 ore. Mi sembrano molte per le mie forze, e poche per il bisogno della scolaresca. Mi riesce pesante la scuola, soprattutto perché l'orario è compilato in modo da non concedermi mai una mezza giornata di vacanza.
"Porci Italiani!"
21 maggio. La giornata è stata burrascosa e fredda. In questo paese ci sono sbalzi frequenti di temperatura: ieri un caldo soffocante, oggi un freddo che penetra le ossa. Stasera sono stata in baracca a trovare i miei. C'era una puzza insoffribile.
22 maggio. Oggi ho potuto avere dal fornaio una pagnotta, grazie alla tessera cedutami da una gentile e pietosa signora, che ha potuto essa pure averla per grazia. Con sessanta centesimi la ho pagata, mentre quando qualcuno ne vendeva nell' accampamento, esigeva una corona e 80 centesimi. Ah, l'obbrobrioso strozzinaggio che passeggia in questo "Lager"! Le mie forze vanno diminuendo; sono indebolita e stanca a segno di dover temere una prossima fine. Mi sostiene il pensiero dei miei genitori: devo viver per essi.
23 maggio. M'è giunta evasione della supplica fatta al Capitanato distrettuale di Borgo, per ottenere il permesso di rimpatrio; ma non mi vien concesso. La risposta suona così: "La Sua domanda tendente ad ottenere il permesso di rimpatriare, non potè venir presa in considerazione". Me ne affliggo per i miei genitori. Oggi ho ricevuto anche una cassettina speditami già in marzo da Vattaro. Conteneva commestibili, e tutto è guasto. La lettera di porto non mi venne mai recapitata, e così la cassettina rimase finora alla stazione di Mitterndorf. Dopo pranzo, per ordine dell'Ispettore scolastico, ho condotto le mie scolare a raccoglier erbe mangerecce. Non trovavano che ortiche e qualche dente di cane. Ne raccolsero e poi le portarono alla cucina.
24 maggio. Stamattina sono andata dal fornaio per comperare una pagnotta, ma mi fu risposto in tono sprezzante: "Brot? Es ist kein Brot mehr !" ("Pane? Non ce n'è più !"), Me ne ritornai mortificata, e addolorata per i miei genitori cui oggi non posso dare neppure un pezzo di pane. A merenda oggi le maestre ricevettero 1/4 di litro di latte acido. Perché non darcelo prima che diventasse tale? Ci dicono "Schweine Italiener" ("Porci d'Italiani"), e ci trattano da porci. Stasera sono andata con una mia collega dalle Suore nere. Come le invidio! Anch' esse soffrono, ma non quanto me, ma non quanto gli altri profughi! Almeno esse non sono nella miseria, il necessario loro non manca, e non temono d domandare quanto loro occorre. Ma noi, ma i miei poveri genitori, con quel cibo" in quella baracca!
25 maggio. Sono tornata dal fornaio colla mamma, e usando un po' d'astuzia siamo riuscite a ricevere entrambe una pagnotta. N'ero felice. Oggi non si patirà fame. Grazie, mio Dio! È però umiliante dovere tanto industriarsi per carpire, pagandolo, un pezzo di pane! Ora sappiamo quanto esso costa.
La vita nelle baracche: un martirio.
27 maggio. È venuto Giovannino. È arrivato alle 11 e mezzo. Mi è comparso nella mia camera carico di pacchi. Ha portato due bei panettoni, zucchero, biscotti e un bel pesce arrostito. Un po' dopo di lui, è capitato papà.
28 maggio. Stanotte Giovannino ha dormito nella mia camera e io sono andata in baracca. Qual notte! Le cimici ed altri insetti mi tormentavano; non potevo dormire. Alle 2 ero ancora sveglia. I letti delle baracche! I canili son migliori. Il bel rifugio che ha dato questo "Lager" ai profughi! Come possono viverci i miei genitori Come posso migliorare la loro condizione? È un orrore!
29 maggio. Ho ricevuto una cartolina da Vattaro. C'è qualcuno che ha pensato a favorire il mio rimpatrio. Non l'avrei sperato. Me ne consolo per i miei genitori, i quali aprono il cuore alla speranza. Che non restino delusi! La vita nelle baracche si fa sempre più dura. È un martirio. Dio benedica il pietoso che s'è ricordato di me, che farà qualche cosa perché io possa aver la grazia di condurre in patria i miei genitori! Il mio malessere fisico aumenta ogni giorno; il cibo, l'aria, l'ambiente, tutto mi fa male. Stasera non potevo inghiottire l'avena che ho ricevuto; papà che era presso di me andò in baracca, a dirlo alla mamma, e dopo un'ora ritornò colla polenta che mangiammo insieme.
30 maggio. Ho scritto un' altra supplica al Capitanato distrettuale di Borgo per ottenere il permesso di rimpatriare: avrà miglior fortuna delle istanze precedenti? Dio lo voglia per i miei genitori Lavoro, studio, veglio per la mia scuola: ma sento che la fatica è superiore alle mie forze che vanno diminuendo sempre più. E nessun conforto, nessuna soddisfazione, mai riposo. Ed ogni giorno spettacoli d'ingiustizia e di prepotenza che fanno fremer l'anima.
"Desideriamo di riaverla a maestra".
31 maggio. Ho ricevuto una lettera dal Capo-comune di Vattaro, in cui egli mi dice che colà si desidera riavermi a maestra e mi invita a fare una supplica per ottenere il permesso di rimpatriare assieme coi miei genitori, promettendomi di appoggiar la mia istanza. Dio lo benedica! Questa lettera m'ha fatto tanto bene e ha rallegrato i miei genitori. Una mia collega che ha letto la lettera m'ha invidiata, e mi ha detto: "È semplice e breve, ma ci si sente la stima e l'affetto". È vero. E io ne ringrazio Dio e la Madonna. La Madonna di Pinè, che alla vigilia della sua "Comparsa. ha ispirato qualcuno a curarsi di me e a mandarmi un conforto che ero ben lungi dal poter sperare. Non è fantasia, è realtà: alla Madonna di Pinè io dovrò la grazia di rimpatriare. Maggio è finito. L'ho cominciato senza osar di sperare, ma pure guardando supplichevole la Madonna. E prima che maggio finisse un caldo raggio di speranza è venuto a rallegrarne il tramonto: la speranza di rimpatriare. Che cosa mi porterà il prossimo mese ? Una delusione atroce o l'effettuazione del desiderio vivo dei miei genitori? L'ultimo giorno di giugno scriverò su questo libro un "Grazie" o un "Fiat" ? L'ultima pagina di questo mese la scriverò nelle baracche o nel mio quartiere a Vattaro? Il mio cuore palpita ansioso e vorrebbe divinare le vicende dei prossimi giorni. Comunque esse siano, la speranza non abbandoni i miei .genitori ! E se potrò ricondurmeli in patria, ch'io non osi più dirmi infelice!
1° giugno. Stamattina papà è andato a Marienthal a impostare la lettera che ho scritto al Capo-comune. Ormai i miei genitori son pieni di speranza di poter rimpatriare. Perché non sento di più la felicità di aver potuto essere per i miei poveri vecchi l'aiuto nell' esilio e il sostegno per guidarli alla patria? lo dovrei esser felice, io dovrei ringraziare Iddio colla gioia più viva. lo così misera, io così debole, ho potuto essere per i miei genitori il raggio di sole, la stella della speranza, l'angelo della Provvidenza. Per me essi son vissuti, per me hanno superato le miserie dell' esilio, per me potranno forse liberarsi dalla schiavitù. Dio s'è servito di me per aiutarli, per confortarli. Ciò deve riempirmi il cuore della gioia più dolce, deve persuadermi che non sono infelice.
2 giugno. La premura che s'è presa il comune per ottenermi il permesso di rimpatriare deve valere qualche cosa. Quanto bene mi hanno fatto quelle parole, "desideriamo di riaverla a maestra", dette dalle autorità del paese! Se ritornerò in quella scuola come volentieri vorrò lavorarvi e quanto dolce mi sarà la fatica! L'abbandonare la scuola di qui però mi rattrista: il mio lavoro qui è poco fruttuoso, ma le mie fanciulle non saprei abbandonarle se non per la patria.
3 giugno. Sono andata due volte in baracca a trovare i miei genitori. Da una compagna di stanza essi hanno ricevuto un po' di paglia colla quale hanno riempito un po' di vuoto nei miserabili sacconi, e sono contenti come di una fortuna. La mamma attende con solerzia alla pulizia, pure le cimici sono numerosissime. Oh, la gran miseria! La giornata è stata burrascosa, il vento infuriava, e per via non si poteva salvar gli occhi dalla polvere. Tutto qui è contro di noi: acqua, terra, clima. Si poteva condurci in luogo peggiore? E perché si vuol tanto prolungare il nostro esilio? O speranza di rimpatrio, non abbandonarci! I miei genitori contano i giorni ... e affrettano col desiderio quello della liberazione. Verrà? Verrà presto? Nei prossimi giorni si vedrà.
Sola.
5 giugno. L'isolamento in cui mi trovo è strano, fra tante colleghe. Non mi trovo bene. che con una sola di loro; e quella, essendo del mio temperamento, se ne sta sola la maggior parte del tempo. Perché non mi trovo bene con le altre? Perché non cerco punto la loro compagnia? Prima di tutto, perché vedo che esse non cercano la mia, poi perché capisco che siamo di opinioni assai differenti circa troppe cose. lo vedo nel loro sguardo su di me una certa disapprovazione per il mio affaccendarmi per la scuola; forse loro sembra che il mio lavoro sia troppo, e dalle chiacchiere che fanno alcune tra loro capisco che la scuola per esse è una cosa affatto secondaria. Poi, mi troverei a disagio fra loro, perché sarei la più malvestita e la più triste, mentre esse vogliono essere eleganti e vogliono ridere. Oh, troppo, troppo si ride!
Indigenza, ingiustizie e fede.
6 giugno. Il termometro nella scuola oggi segnava 30° C. E bisognava star lì. lo non reggevo più, le scolare si addormentavano sui banchi. Il vitto qui si va sempre più riducendo a qualche cosa d'impossibile per tenere in vita. E un lamentarsi generale. Eppure non c'è altro. Ora abbiamo finito il pane che ci aveva procurato Giovannino. Bisognerà comprar grano, seppur si troverà, costi pure 4 K il kg. La fame che abbiamo provato finora non è ancora stata quella che si teme abbia a venire. Ma la Provvidenza c'è. Bisogna confidare in Lei. Ci ha soccorsi materialmente finora, sarebbe un'ingratitudine non confidare in Lei anche per l'avvenire.
7 giugno. Festa del Corpus Domini! Si fece la processione anche in questo accampamento. Ci andai colla scolaresca. Ma che processione! La folla era grande, ma la devozione non poteva esser molta. La maggior parte delle persone che andavano in processione girarono tutto il "Lager" senza veder quasi mai il SS. Sacramento. Camminando sulla strada per cui sarebbe stato portato il Signore, io Lo pregavo di aprirla, colla Sua benedizione, per il rimpatrio. Lo pregavo di guardare nelle baracche e d'aver pietà di tanti, che ci vivono nella miseria, nel dolore, nella disperazione. Passò il Luogotenente, passò Maria Iosepha, passò Maria Teresa, passarono altri illustri visitatori, e il nostro stato restò miserabile, anzi peggiorò: che il SS. Sacramento passando fra le baracche lasci tracce più benefiche, segni il giorno della liberazione!
8 giugno. Oggi nelle baracche ricevettero a pranzo non minestra, ma acqua sporca. Ci furono lamentanze ad alta voce. Il cavalier Bonfioli, delegato dal Ministero a sorvegliare il trattamento dei profughi, andò in una cucina a vedere. Quando uscì, parecchie donne gli si presentarono, e piangendo gli dissero che con tal trattamento si sentivano morir di fame coi loro piccini. Il cavaliere ebbe buone parole e affabili sorrisi, ma non si mostrava persuaso della miseria che le infelici accusavano. Esse lo pregarono di por fine alloro patire e a quello dei loro bimbi, facendoli morire d'una morte meno lenta ...
9 giugno. Sono andata dal fornaio, provvista di una "Brotkarte" ("tessera del pane") gentilmente cedutami da una signora, per comperare una pagnotta. Mi fu rifiutata con un dispettoso: "Nicht mehr Brot, heute" ("Non ce n'è più, oggi"). Eppure ce n'era lì ancora; ma non c'era per me, che porto scritto sulle labbra il delitto d'esser italiana. E stasera, a cena, ho ricevuto un solo boccone di polenta, e un po' di crauti nell'acqua acida, che rivoltavano lo stomaco. Per fortuna avevo ancora un po' di farina e la mamma ne ha fatto polenta, che abbiamo mangiata con una briciola di formaggio. Si dice che da qui innanzi non si potrà avere granoturco a nessun prezzo. E allora? La Provvidenza ci penserà ...
10 giugno. Sono andata con papà a Mitterndorf e abbiamo visto la processione del "Corpus Domini". Non ero capace di fare un atto di fede dinanzi all'ostensorio portato dal sacerdote tedesco. Possibile che il Dio di costoro sia il nostro Dio? Il Dio vero? Non è il Dio che adorano e temono costoro: costoro in cui non v'ha per noi briciola di carità, costoro che non vogliono darci un pezzo di pane, che ci chiudono le porte in faccia e ci respingono, poveri esuli spogliati e affamati!
11 giugno. Oggi, solo oggi, l'Ispettore scolastico ha avvertito le maestre che venerdì della corrente settimana si devono distribuire gli attestati. La scuola come tutto il resto in questo "Lager" è pure un campo del dispotismo. Si prescrivono orari impossibili, s'introducono innovazioni, si esigono prestazioni, senza mai far luogo a un'osservazione, a una domanda, a una lagnanza delle maestre. Esse devono sottoporsi a qualunque decisione di chi sta alla testa del "Lager", per quanto quella decisione cozzi colla pedagogia, colla didattica, coll'igiene, colla giustizia, col buon senso.
12 giugno. Ciò che riceviamo da mangiare è una crudele ironia al nostro stomaco, alla nostra fame. E c'è la prospettiva di un avvenire peggiore. Si dice che la campagna ha già sofferto molto per la siccità, e s'invoca la pioggia. Ma cosa han dato costoro quando la stagione è stata propizia e il raccolto abbondante? Ci han respinti, mentre porgevamo loro il nostro denaro implorando una patata.
13 giugno. Furon portati due campioni di stoffa per i vestiti delle maestre. Perché probabilmente ci daranno un vestito, che sarebbe il secondo che si riceve dopo più di due anni che si è qui. È roba di cotone, ma per noi basterà:. sarà meglio che nulla. E sembra che le maestre non abbiano diritto a nulla. Basta che lavorino, basta che sian sempre soggette, senza aver mai una mezza giornata di vacanza, basta che facciano la scuola con un orario sciagurato per aver gli scolari da condurre all' "Ausspeisung" ("Refezione") all' ora voluta dalla "Leiterin der Kinder" ("Direttrice dei bambini")
che dice di aver studiato otto anni pedagogia e vuole che i pasti seguano immediatamente la scuola. Bella missione che hanno le maestre m questo "Lager" !
L'Imperatore travestito.
14 giugno. Ho udito raccontare questa cosa del nostro Imperatore, che se fosse vera, sarebbe bella. Pare che in lui vi sia qualche cosa di Giuseppe II. Si dice che sia andato travestito con barba e parrucca m un caffè dove stavano facendo uno spuntino alcuni ufficiali, abbia ascoltato i loro discorsi, abbia osservato di che si ristoravano, e poi si sia dato a conoscere, pronunciandosi alquanto severamente. Se fosse vero! Se a qualcuno venisse pure l'ispirazione di venire in incognito in questo "Lager" e invece di lasciarsi condurre dove vorrebbero questi signori, andasse a guardare certe baracche, e vedesse che cosa si dà da mangiare ai profughi! Allora cambierebbero aspetto certe scene.
Equità.
15 giugno. Stasera è venuta da me la mia giovane e cara collega e mi domandò se anch'io avessi ricevuto l'aumento. "Che aumento?"
le domandai. Mi rispose che alcune nostre colleghe avevano ricevuto un decreto che fissava loro un aumento mensile di salario. E quelle colleghe non hanno nè maggior lavoro di noi, nè migliori titoli. Anzi qualcuna di esse ha il minimo numero di ore di scuola. La mia povera collega era indignata. lo, non so come, restai quasi tranquilla. E sì che circa ai mezzi son la più sprovveduta, probabilmente. Pensai: "Ecco un motivo di più per sperar in quel compenso che darà il Signore!" D'altronde sono abituata a veder ingiustizie, e mi sembrano una cosa naturale.
16 giugno. Oggi ci siamo presentate, tutte le maestre cui non è stato aumentato il salario, all'Ispettore scolastico, e l'abbiamo pregato di spartire più equamente il lavoro, quando non si pensi di aumentare a tutte lo stipendio. Fra le maestre che ricevono maggior salario ve ne sono di quelle che hanno sempre vacanza il dopopranzo, mentre fra quelle che l'hanno minore vi sono maestre, fra le quali io, che hanno ogni giorno cinque ore di scuola, senza mai una vacanza. L'Ispettore prese in considerazione la nostra domanda e ci promise di far qualche cosa in nostro favore. Vedremo l'esito. Non mi aspetto però nulla di buono. L'ingiustizia ha il suo trono in questi paesi, e può scapricciarsi a suo piacere.
L'incendio della polveriera.
17 giugno. Stanotte alle 2 e mezzo si udì un fracasso terribile. Le finestre della mia stanza si apersero e la tenda si alzò da sè. Pareva terremoto, pareva si scatenasse orrendo un temporale. Guardai dalla finestra e vidi uno splendore sinistro verso mezzogiorno. La collega della camera vicina mi disse: "Dev' essere un brutto temporale". lo risposi: "È qualche cosa di peggio". Pensavo fosse un terribile incendio. Si sentivano di quando in quando scoppi fragorosi. Picchiarono all'uscio della mia camera. Era la mia giovane cara collega. Pallida e costernata, mi disse: "C'è qualche cosa di tremendo per aria; non si sa che cosa sia, non si sa che c'è da fare". Il fischietto dei pompieri zufolava sinistro. Una maestra corse fuori a domandare che fosse. Era scoppiata la polveriera a Blunau, a 20 km da Mitterndorf.
18 giugno. Anche la temperatura ci fiacca. Da un mese non piove. L'erbe san già tutte bruciacchiate; il raccolto è in pericolo. La fame si farà più acuta; ma ce l'hanno fatta soffrire anche quando il raccolto era abbondante.
19 giugno. La giornata è stata penosa per il calore e l'afa che tolgono il respiro. C'è bisogno che piova, che l'aria si rinfreschi. Pure nessuno sa invocarla la pioggia; perché sarebbe benefica ai nostri ospitanti, cui non sappiamo più augurare nessun bene. Il disprezzo di cui ci hanno satollati e il fiele di cui ci hanno abbeverati ci han gonfiato il cuore di amarezza e di sfiducia. Vogliono averci schiavi: come amarli da fratelli? Come non desiderare di sfuggir loro? Come non desiderare ch'essi provino un poco di quel che noi proviamo?
20 giugno. Si dice che il disastro cagionato dalla polveriera incendiata, à Blunau, sia terribile. Molti feriti e molti morti. Si paga 4 K all'ora chi si presta a seppellire i cadaveri. Pare che la disgrazia non sia stata accidentale. Si dicono cose che fanno temere avvengano altri disastri. La disperazione fa fare brutti tiri. E disperata è anche la condizione in questo "Lager". Guai se Dio non ci libera presto. Finora i disagi san stati molto gravi; ora sono estremi. Questa notte nella baracca non si poteva dormire per le cimici. Oggi abbiamo portato fuori le letti ere per lavarle con acqua bollente. Era un brulichio enorme di quegli schifosi insetti. Come dormire con tal tortura? Mentre stavamo facendo la pulizia passò vicino l'Ispettore superiore seguito dalla banda musicale ...
Oppressori e oppressi.
21 giugno. Onomastico di monsignor Brugnolli, la prima autorità ecclesiastica dell' accampamento. L'ho visto accompagnato da altri sacerdoti, passar sorridente, presso la baracca delle maestre. Ho visto un regalo che gli fecero. Egli può ben rassegnarsi all' esilio. Accomodato bene di abitazione, ben nutrito, ben servito, ben pagato. Può aver lena di predicare rassegnazione agli altri. Ma non vidi al suo seguito quei tre sacerdoti che sono sempre seri e taciturni: e quell' assenza mi parve significativa molto. Per via ho incontrato una mia conoscente di Roncegno che mi disse aver ricevuto notizia della morte d'un suo figlio sul campo. Gliene restano due: oh, finisca la guerra!
23 giugno. La mamma d'una mia scolara è venuta a dirmi che la signorina cui io l'avevo consigliata di rivolgersi perché volesse preparar la sua figliola alla scuola magistrale, s'è rifiutata. Le ho promesso di intercederle io questo favore, e ci sono riuscita. La signorina è una bravissima maestra molto istruita, ed è figlia della mia maestra Camilla Toller in de Manincor. Esitava ad assumersi tale impegno, per diversi motivi, ma finalmente accondiscese. E così la mia scolara ora incomincia a prepararsi al magistero. Può far buona riuscita, perché è intelligente e seria, ma mi fa pietà. Se io avessi una sorella che avesse inclinazione a studiare per diventar maestra, farei di tutto per persuaderla di prefiggersi un altro ideale. Il pane di una maestra coscienziosa è bagnato di troppe lacrime; e quelle lacrime sgorgano dal suo cuore quasi sempre incompreso e derelitto.
24 giugno. Neppur colla tessera è possibile a noi ricever, pagandolo a qualsiasi prezzo, un tozzo di pane. Stamattina sono andata dal fornaio e presentando la tessera e il denaro ho pregato sua moglie di darmi una piccola pagnotta. Con cipiglio sprezzante mi rispose un secco: "Nein" ("No"). Son tornata in baracca fremente. Mio Dio, veder i miei genitori affamati e non poter procurar loro un pezzo di pane! Il pane è per i Tedeschi; i profughi non ne hanno diritto. Ma chi siamo noi? Non siamo che lo zimbello, la vittima dei Tedeschi. Qui, nell' accampamento, le migliori baracche, i migliori mobili, i migliori vestiti sono per i Tedeschi che si dicono necessari al governo dei profughi tirolesi italiani, e per noi non c'è che fame, disagi e disprezzo. Ah, questi Tedeschi non sono qui per i profughi, ma i profughi son qui per impinguare a loro spese i Tedeschi.
25 giugno. Bisognava che venisse la guerra, bisognava che per forza ci conducessero qui per aprire gli occhi e per farci conoscere chi siamo noi di fronte ai Tedeschi. Siamo i pezzenti, siamo gli schiavi, siamo le vittime. Ed essi sono i ...barbari. I nostri cari sanguinano sui campi di battaglia, e molti son morti, morti per costoro. Morti per difendere un suolo che a noi non vuol dare una tomba precoce. Morti per la libertà di coloro che ci tengono nella più obbrobriosa schiavitù. E Voi, Dio giusto, Voi sarete 1'alleato di questi barbari?
26 giugno. L'Ispettore scolastico ha avvisato le mie scolare che domani andranno a confessarsi. Qualcuna delle più grandicelle se n'è mostrata poco contenta, e qualcuna con un sorrisetto che non sapeva di giocondità ha bisbigliato: "Perché ci mandano così presto a confessarci? Che cosa abbiamo da dire? Non si fa altro che patir la fame"! lo raccomandai come meglio potevo di ubbidire, ma non potevo fare a meno di convenire colle mie scolare che il male ch' esse facevano non aveva tanto bisogno d'esser confessato, come il male che subiscono. I maltrattamenti esasperano sempre; ma sovente anche pervertono 1'animo, e tanto più quando chi maltratta passa per un paladino della giustizia, della moralità, del buon costume. Dio non voglia che come le pianure della Galizia han bevuto il sangue dei nostri connazionali, il suolo di questo "Lager" non beva la fiduciosa religiosità dei profughi tirolesi.
29 giugno. Festa di S. Pietro, la "sagra" di Roncegno. È la seconda volta che la passiamo nell' esilio. E di Roncegno che n'è? Un giornale tedesco dice che sembra sia stato abitato dai Cosacchi tanto è mal ridotto; e siccome chi lo ridusse così furono i Tedeschi, bisogna concludere che i Tedeschi sono gente civile come i Cosacchi. Povero papà mio! Egli esclama spesso con gran amarezza: "Io credevo che venissero a difenderei e son venuti a rovinarci. Basta, basta". Il suo fervido patriottismo si è spento in un oceano di amarezza: l'esilio, i maltrattamenti, il saper la sua casa saccheggiata e distrutta gli hanno insegnato, ora che ha i capelli bianchi, di quale terribile illusione fu vittima.
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