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TUTTI I TESTI E LE FOTO SONO TRATTI DAL LIBRO
FILOMENA BOCCHER DIARIO DI UNA MAESTRA IN ESILIO
NEL <<LAGHER>> DI MITTERNDORF
A CURA DI LENINA BOCCHER E VITALIANO MODENA
PARTE SECONDA
1916
DAL 1° GENNAIO AL 4 GIUGNO
La chiesa dell'accampamento, significativamente dedicata alla "Fuga in Egitto" ( proprietà L. Petri )
L'offensiva austriaca s'infrange contro
la resistenza delle truppe italiane.
Le nostre valli continuano ad essere teatro di guerra.
Continuano le sofferenze: freddo, fame, cibo pessimo,
malattie, morte...
Ma non mancano occasioni di serenità e fiducia.
Già avvengono rimpatri, ma riguardano pochi.
Alla morte dell'imperatore Francesco Giuseppe
nascono speranze di pace nel nuovo Imperatore.
Un bimbo di 9 anni...
1° gennaio. Tutti i giorni dell' esilio sono tristi, ma le feste, certe feste soprattutto, sanno
più d'amaro. Dove sono andati i giorni festivi dei nostri paesi, attesi con desiderio
giocondo, rallegrati da visite care, confortati dalla preghiera?
2 gennaio. La mamma è irritata perché a pranzo ricevette un cibo scarso e cattivo. Le ho
ceduto metà di quello che ricevo io. Ma si può durare così? Sì, sì: perché Dio vorrà darei
forza, vorrà accorciare 1'esilio.
3 gennaio. Papà è andato a Unterwaltersdorf a prendere un pacco speditomi da una
gentilissima signorina che ho conosciuto a Bressanone. Era un cestello pieno di poesia.
Lo aprì papà. Un ramoscello d'abete, al quale era intrecciata qualche fronda d'edera, copriva il contenuto: bellissime mele avvolte in sottile carta azzurra, bianca, rossa; un sacchettino di caffè, tre pacchetti di tè. Grazie, cara e gentile creatura! Il tuo regalo ha rasserenata una giornata del nostro esilio, e ci ha dato una dolcezza che ci conforterà per
molto tempo.
4 gennaio. Sono andata a Ebreichsdorf. È una bella borgata, dalle case bianche e
graziose. L'edificio scolastico è magnifico. Passando lì presso ho udito gli scolari cantare accompagnati dall'harmonium. E io pensavo ai miei piccoli allievi, alle mie care scolarette, nella scuola di Vattaro, buia, fredda, colle imposte sconnesse, cogli usci rotti, colle pareti che gocciolavano.
7 gennaio. Il medico mi ha assegnato mezzo litro di latte al giorno. È latte artificiale. Non c'è latte naturale neppur per i bambini.
10 gennaio. Sono andata a far provvista in un paesello lontano circa due ore da qui, a Velm. Ho comprato di che ristorare papà. Se non si potesse provvedersi di qualche cosa col proprio denaro, con quel che ci danno qui si morirebbe d'inedia.
11 gennaio. S'è levato un vento così forte che ha rotto l'uscio e spezzato tre vetri della finestra. Un vetro s'era già rotto nei giorni passati; sicché ora ne mancano quattro. Abbiamo appeso sui fori una coperta, ma è affatto insufficiente a ripararsi dall' aria fredda che entra violentemente. A mezzogiorno è venuto il capo-baracca ad avvisarci che alle 3 si doveva andare presso la cancelleria, per fare un "evviva" all' arciduchessa Maria Iosepha, ch' è venuta a visitare l'accampamento (Maria Iosepha, madre del futuro imperatore Carlo I). Accompagnata dal Barone e da altri signori, l'augusta visitatrice passò presso la prima serie di baracche. Salutava affabilmente. Entrò in una stanza che sembrava preparata alla sua visita, perché era pulita, non zeppa di letti come le altre, e sui letti c'erano belle lenzuola bianche. L'arciduchessa si è certo rallegrata a vedere che i profughi sono ospitati così bene e non ha certo indovinato che vi sono stanze come quella dove io mi trovo, dove 17 persone giacciono sui miseri pagliericci, poverissimi di paglia, addossati gli uni agli altri, senza un lenzuolo, coll'uscio e le finestre rotte, donde l'aria entra violenta a intirizzire i poveri vecchi e gli smunti bambini dal gracile petto lacerato dalla tosse, dalle membra scarne rabbrividite di freddo, dallo stomaco vuoto e implorante. Maria Iosepha visitò poi gli ospedali, tanto larghi di doni alla morte, e le scuole bene arredate dove ai piccoli ospiti viene spezzato un pane che non sazia. Oh, l'accampamento di Mitterndorf!
12 gennaio. Sono stata chiamata nella scuola, per fare l'iscrizione delle scolare della seconda classe. Dio! Dio! Quanta miseria si legge sui piccoli visi delle bimbe malvestite, sui terrei visi delle madri affrante! Quante angosce, e quanta ira dolorosa tremano sulle labbra avvizzite di tante povere donne imploranti un abitino per le loro creature! Il governo provvede da lontano con somme vistose, le buone persone mandano regali e regali per i poveri profughi: ma chi sono, ma quanti sono i privilegiati che ne ricevono?
13 gennaio. Anche oggi sono stata nella scuola per l'iscrizione. Mi pareva un sogno poter star lì nella stanza calda e pulita, e rabbrividivo al pensiero della baracca buia e aperta al vento nella quale dovevo ritornare.
14 gennaio. È venuto il medico accompagnato da un capobaracca a visitare la camera. Ho fatto loro osservare che da quattro giorni e quattro notti siamo qui al freddo e al buio, né malgrado le nostre preghiere s'è ancor riparato alle finestre ed all'uscio. E soggiunsi che se per stasera non si sarà ancor fatto nulla, andrò a Vienna e dormirò nella sala d'aspetto della stazione.
15 gennaio. Stamattina vennero due uomini e misero i vetri alle finestre.
17 gennaio. Sono stata a Marienthal con papà ed altri compagni di baracca. Oh, le passeggiate dell' esilio, dolorose come quelle del prigioniero che cammina colla catena ai piedi!
20 gennaio. Nella stanza c'è un bimbo di 9 anni gravemente ammalato. La sua mamma lo tiene nascosto al medico perché non lo faccia trasportar all' ospedale, ove non potrebbe stargli vicina.
21 gennaio. Stasera il bimbo sta più male.
22 gennaio. Il medico stava già per uscire dalla stanza, quando il nostro piccolo ammalato mise un gemito. Quegli udì, cercò, scoperse l'infermo e lo fece tantosto portare all'ospedale da due uomini della Croce Rossa. La mamma sua era disperata,
come lo portassero al cimitero.
28 gennaio. Egli è morto oggi alle 4 pomeridiane. Povero bimbo! Povera mamma sua! L'infelice non sa darsi pace, si fa mille rimproveri, e disperata. E morto di doppia polmonite. Oh il dolore della madre, le sue lacrime, i singhiozzi, gli urli di belva ferita! Avrebbe dato il suo sangue per salvare la vita del suo figlioletto, e non valse. Se l'era allevato sano, forte, eccezionalmente robusto, e questo "Lager" fatale glielo ha ucciso. Ucciso! Ucciso! Per quattro giorni e quattro notti freddissime, con un vento violento, la nostra baracca mancava di quattro vetri alle finestre, e nell'uscio c'era un buco così grande che qualche persona ci passava per scherzo. E proprio in quei giorni il nostro fanciulletto accusò per la prima volta un malessere che non sapeva esprimere. Stette a letto. Ogni giorno era più aggravato. Lo portarono all' ospedale. Ed oggi è morto.
30 gennaio. Ho accompagnato alla sepoltura il nostro piccolo compagno. Non ho avuto fiori; non ho avuto che lacrime, da versare sulla piccola fossa.
31 gennaio. Ho letto su L'eco del Litorale del 27 corr. n. 98. che "al fronte del Tirolo l'artiglieria nemica bombardò le località di Creto e Caldonazzo". Caldonazzo, la gentile borgata dalle belle casette, dalle vie pulite e animate, circondata dai campi ubertosi, non è più dunque. che un mucchio di rovine? E di Roncegno, del mio caro e bellissimo Roncegno, che ne sarà?
1° febbraio. L'Ispettore scolastico mi ha invitata a prestarmi per la distribuzione di oggetti di vestiario agli scolari. L'ho fatto tanto volentieri, e la giornata d'oggi è stata per me forse la prima che mi abbia saputo di giocondità. Pare che il Barone sia l'autorità suprema in questo "Lager". Ora, se egli è inaccessibile, si comprende come le altre autorità possano giocare d'ingiustizia e di soprusi: esse sanno che ai maltrattati è vietato avvicinarsi a chi potrebbe e dovrebbe domandar loro qualche conto.
2 febbraio. La madre del povero bimbo morto è inconsolabile. Il dolore l'ha affranta anche fisicamente. Dice di sentirsi morire. Stasera mi ha chiamata vicina al suo letto, m'ha messo una mano sul collo per avvicinare la sua bocca al mio orecchio ,e mi ha detto: "Guardi: se io avessi a morire, prenda il denaro che m'ho cucito nella schiena del corpetto: mi fido di lei, più che della mia matrigna". La esortai a calmarsi e a sperare. Povera donna! Non tarderai molto, povero angelo, a volare in cielo ...
3 febbraio. Anche oggi sono stata tutto il giorno a distribuire oggetti di vestiario agli scolari. Che riconoscente il sorriso dei piccoli profughi pezzenti!
6 febbraio. Sono stata di buon' ora ad ascoltare la S. Messa, e poi sono andata a Bruck (sul fiume Leitha),
11 febbraio. Mentre attendevo alla distribuzione di vesti agli scolari, è venuto nel magazzino il consigliere aulico Bonfioli Cavalcabò. Gli ho narrato alcuni fatti, alcune vicende della mia baracca. Ascoltò tutto con serietà, e io spero non abbia ascoltato invano.
15 febbraio. Sono andata a Marienthal a far provviste. Pessime strade. Si cammina sprofondandosi nel fango puzzolente attaccaticcio. Par di camminare su di un lago denso e sudicio. Barbaro, chi ci ha condotti qui! Sarebbe stato più umano condurci in una selva, ma dove l'acqua scolasse, ma dove si potesse levare i piedi dal suolo senza aggravarlo di un pendo di sudicio fango. Oh il nostro paese! Le sue vie bianche di ghiaia, la nostra terra gentile, l'aria limpida, il cielo così bello, il sole festoso! Perché dover fuggire? Perché lasciarci trascinar qui? E perché qui si incrudelisce tanto contro di noi profughi? Perché? Perché?
20 febbraio. Oggi un gran freddo. Siamo stati tappati tutto il giorno in baracca, tutti infreddoliti. Quando, in tempi lontani leggevo la storia pietosa degli Esiliati in Siberia, trattenendo a stento le lacrime, avrei io pensato che m'attendeva una sorte somigliante?
22 febbraio. Ho ricevuto una cartolina da Emma, l'amica del cuore. Mi scrive che Roncegno fu incendiato.
27 febbraio. Oggi ho saputo che la mia abitazione in Vattaro è stata occupata dai militari e che delle mie cose fu fatto uno scempio. Ho pianto lacrime amarissime.
4 marzo. Mi trovo tanto male nella baracca: sempre più male. Di notte posso dormire assai poco. Una ragazza tisica all'ultimo stadio tossisce continuamente. C'è un tanfo che non si può respirare. Devo uscire e andare a passeggio più che non vorrei per togliermi a questo triste ambiente.
3 aprile. "In due mesi, può nascer di gran cose", diceva don Abbondio. Se nascesse la pace! Sono andata con mia cognata a vedere la sua nipotina, la cui madre fu portata oggi all' ospedale, malata. Trovammo la bimba tale da non riconoscerla più. Ha otto anni. E' malata da due mesi, e il medico che visita ogni giorno la baracca, non se n'era accorto. Gli occhi neri splendevano tristemente nel visino scarno, allungato, terreo; la personcina presto consunta giaceva nel letto sudicio, carico di cenci luridissimi. Le manine erano nere di sporcizia, i braccini e le gambe sottili da far ribrezzo, incrostate di lordume. Lo non avevo mai visto uno spettacolo così miserando. Alle nostre domande e alle nostre carezze , la poveretta rispondeva con una vocina che sapeva appena di fiato; un po' sorrideva, un po' piangeva. Teneva nelle mani una fetta di limone, colla quale cercava di sfregarsi le dita esili e lunghe, e diceva: "Il limone mi fa bene". Sul letto accanto c'era un piattino di ferro con un po' di minestra: broda del "Lager". E di quella robaccia s'era saziata la povera bimba quasi moribonda? Le domandammo, per rassicurarci, che cosa avesse mangiato: ("Trisota" rispose la povera creatura, accennando cogli occhi al piattino di ferro. Là, così, trovammo la disgraziata piccina: fra estranei, su di un letamaio, febbricitante, sfinita. E implorava: "Voglio la mia mamma !". Decidemmo di portarla all'ospedale. Mia cognata l'avvolse' nello scialle, se la prese in braccio, e andammo. Il medico che allora usciva dall' ambulatorio non volle neppure guardarla, benché caldamente pregato; le Suore non potevano accettarla senza l'ordine suo. Più di un' ora mia cognata dovette trattenersi in piedi con la bambina in braccio, sul corridoio: finalmente potè entrare nella sala dove si ricevono gli ammalati. Una Suora prese la bimba, dicendo: "Dura poco". Le fece il bagno; le tagliò i capelli, liberandola dai pidocchi che la rodevano numerosi, e poi la coricò in un lettino pulito. Raccomandammo la piccola alla carità della Suora e ce n'andammo piangendo. Non tarderai molto, povero angelo, a volare al cielo dove ti aspetta il tuo fratellino.
4 aprile. Oggi ho ricevuto una lettera da Vattaro, in cui mi msi scrive che della mia mobilia e dei miei libri fu fatto dai soldati uno scempio, che il mio baule fu aperto, e che le cose in esso contenute, tanto a me care, e di gran valore per me, mentre ad altri non potevano esser tali, furono da quei prodi messe sossopra, rovinate e disperse. Chi ci persuase con minacce e promesse a lasciare i nostri paesi, assicurandoci che l'esilio non sarebbe durato più di un mese, fece questo per sottrarci alle bombe, o perché le cose nostre, ch' era impossibile trascinar con noi, rimanessero incustodite, per esser il ludibrio della soldatesca? I fatti rispondono chiaro. A noi profughi si proibisce, a scanso di gravi castighi, di raccoglier da terra una noce, una patata; ci s'intima severamente di non raccoglier un "dente di cane", un po' d'erba per sfamarci; e delle cose nostre, delle nostre sudate fatiche, che si fece?
5 aprile. Oggi ho distribuito i vestiti ai bambini che domani faranno la Prima Comunione. Ciascuno ha ricevuto un vestitino color olivo, un berretto della medesima stoffa e un paio di ghette a maglia.
9 aprile. Sono andata a fare una visita all' ospedale dei bambini. Dio che spettacolo! La sala era piena di piccoli malati. Gemiti, deboli risa nervose, stridi come d'uccelletti feriti ferivano l'orecchio ed il cuore. Che potevo fare io per essi? Nulla! Scappai.
16 aprile. È venuta un'infermiera dell' ospedale a direi che la nipotina di mia cognata è morta stanotte. La sua mamma è pure all' ospedale malata e non sa nulla della morte della sua bambina.
23 aprile. Domenica di Pasqua. Oh, la Pasqua dell' esilio!
I fiori dell'esilio.
28 aprile. Ho ricevuto dall'Ispettore scol. l'incarico di sorvegliare le mie scolare durante la lezione di lingua tedesca, impartita loro dalle Suore francescane, che oltre ad attendere agli ospedali e all' orfanotrofio femminile, si prendono la briga d'insegnare la lingua tedesca alle ragazze profughe italiane; tanto vedono la necessità che si educhino e si ingentiliscano imparando la lingua del paese. E intanto io nella scuola mi arrabatto perché i piccoli componimenti delle mie scolare sappiano un po' di "babbo e mamma".
1° maggio. Maggio! Maggio, che nei nostri paesi era "l' odoroso, pieno di concenti". E qui? Ohimé! possono aver profumo i fiori dell' esilio? Può aver concenti l'aria greve di una palude? Può aver inni la pianura monotona? Nell'Inferno udì Dante un trillo giocondo? Da alcuni giorni m'inebrio di Dante mandatomi da mio fratello. M'aveva spedito anche I promessi sposi, ma gli furono rinviati, con l'osservazione: "Unzulàssig" ("Inammissibile").
4 maggio. Oggi ho avuto mezza giornata di vacanza, ma come goderla? Nella baracca pareva di soffocare, di fuori il vento porta in faccia la polvere sudicia. Dov' è un albero, al cui rezzo riposare? Dov' è un palmo di terra ove lo strepito non giunga, ove il vento non urti, ove la polvere non si cacci negli occhi e nel petto?
10 maggio. Mia cognata era andata a raccoglier una mano mdi stecchi che avrebbero servito per accender il fuoco un paio di volte. Se ne tornava verso le baracche, quando fu fermata da una guardia, che sta all' entrata dell' accampamento, e la costrinse a deporre il fascetto che teneva nel grembiule.
13 maggio. Sono andata a vedere la cameretta concessami nella baracca costruita per le maestre. È piccola, ma carina e ben arredata: un letto, un lavabo, un armadio, un tavolino. Mi sono fermata lì alcuni minuti, sola, quasi assaporando la quiete di quella stanzetta che sarà tutta per me.
21 maggio. I giornali dicono che gl'Italiani hanno perduto in questi giorni ciò che avevano guadagnato in un anno. Ci sono dei profughi che fanno commenti che irritano chi deve udirli, e che non pensa proprio com' essi.
1° giugno. Festa dell'Ascensione. Sul giornale ho visto queste parole: "Asiago und Arsiero genommen" ("Presi Asiago e Arsero").
2 giugno. È venuto il Luogotenente a visitare l'accampamento. Passando fra le baracche, incontrò due donne che portavano in un pentolone la cena ai profughi. Esse deposero la pentola davanti al Luogotenente, pregandolo che la guardasse. L'ingegnere che accompagnava il Luogotenente dovette rimestar quella broda. Il Barone, pure presente, rimase come poteva.
4 giugno. Andando a passeggio vidi una bambina che veniva per la strada adagino, tenendo in mano alcuni papaveri. La piccola guardava seria i suoi fiori e li teneva stretti come un tesoro. Ma ecco appressarlesi un Ispettore del "Lager). Le disse con cipiglio qualche parola che non intesi, le tolse i fiori, li lacerò accuratamente e poi li gettò in una cassetta della spazzatura. La bimba proseguì la sua via, guardandosi mortificata le manine vuote.
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