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TUTTI I TESTI E LE FOTO SONO TRATTI DAL LIBRO
FILOMENA BOCCHER DIARIO DI UNA MAESTRA IN ESILIO
NEL <<LAGHER>> DI MITTERNDORF
A CURA DI LENINA BOCCHER E VITALIANO MODENA
PARTE TERZA
1917
DAL 21 OTTOBRE AL 31 DICEMBRE
Veduta parziale del baraccamento ( proprietà P. Murara )
Ansiosi di andare
21 ottobre. Mamma fa già i preparativi per la partenza, papà è ansioso di andare, ma il permesso di partire non l'abbiamo ancora e chissà se giungerà! In caso dovrebbe arrivare presto, perché il tempo di cominciare la scuola dev'essere prossimo. Intanto ho da lavorare per la scuola che mi fu assegnata qui, e il pensiero di dover abbandonarla non mi rallegra, perché ci ho già preso amore e le scolare sono diligenti e affezionate. Ma il pensiero dei miei genitori mi spinge ad invocare il rimpatrio per loro e per me.
24 ottobre. La giornata è stata fredda, piovosa, buia; È venuta una mia collega a trovarmi (Anna de Manincor). E ritornata ieri dal Tirolo. Ha passato un mese a Trento, in permesso. È ritornata perché ha qui suo padre. Mi ha parlato di Trento e della vita laggiù, quanto differente da quella che si trascina qui! Disse che malgrado la penuria di tutto, che regna anche colà, pure ci si vive assai meglio di qui. "Almeno - diceva - là si può procurarsi qualche cosa di più e di meglio e si può vivere secondo i nostri usi. E l'occhio si riposa sui prati verdi, si ricrea sulle ubertose campagne, si conforta alla vista dei nostri bei monti; mentre qui, in questa enorme palude, ci sentiamo mancare il respiro, laggiù l'aria si beve!
25 ottobre. Papà ed io siamo andati fra il giorno in un paesello qui vicino, Moosbrunn. Andando per lo stradone non si impiegherebbe più di una mezz' ora per arrivarci, ma ci fu detto dalla guardia che custodiva il passaggio, che per di lì non ci possono passare che Tedeschi. E così noi dovemmo fare un lunghissimo giro per andare in quel paese: dovemmo costeggiare tutto il reticolato che cinge il "Lager", attraversare le paludi, saltar fossi. Papà uscì in un'imprecazione. E diceva: "A noi non si permette neppur di passare per le pubbliche strade, ed essi son entrati nelle nostre case a rubare, a devastare ". Tornammo stanchi e col cuore rincrudito.
26 ottobre. La partenza del convoglio che doveva oggi trasportare in patria qualche centinaio di profughi è stata sospesa. Perché? Non si sa. E qui è pazzia il domandare un perché delle disposizioni che si prendono riguardo ai profughi. A una ragazza che abita coi miei genitori nella medesima stanza, oggi giunse una lettera di una persona ch' è rimpatriata in questi ultimi giorni. Si scrive che 1'accetto fatto ai profughi fu cordiale e generoso, e ch' essi, laggiù in Tirolo, non soffrono la fame che soffrivano qui. Papà ora è più che mai esasperato di non poter ancora partire di qui.
27 ottobre. Son venute le Suore canossiane cui si affiderà la cucina dei profughi, cominciando col 1° novembre. Siano le benvenute. Fossero venute prima, prima che nei magazzini fossero stati serviti i Tedeschi! La gente ora non le invocava però più, perché da circa un mese furono introdotti dei notevoli miglioramenti nelle cucine dei profughi, benché fossero in mano dei Tedeschi. Con quale scopo furono questi miglioramenti, tutt' a un tratto introdotti? Non si sa, ma si potrebbe pensare che lo scopo sia stato di far provare ai profughi che le Suore non faranno nulla di più di quanto fecero i Tedeschi in questo ultimo tempo.
28 ottobre. Sono andata in baracca con un pacco di giornali vecchi e ho tappezzato le pareti, perché dalle larghe fessure non entrasse troppo liberamente l'aria. Si dice che fra pochi giorni partiranno parecchi convogli di profughi. Papà è eccitatissimo. Gli ho promesso, per consolarlo, che ora lavorerò per sollecitare il permesso di rimpatrio per noi.
29 ottobre. Sono andata in cancelleria a domandare se si ritiene possibile ch'io riceva evasione della supplica fatta per ottenere il permesso di ritornare a Vattaro. L'impiegato mi fece alcune domande, poi mi disse che era pronto a stendere una legittimazione per me, ma a stendere anche per i miei genitori aveva qualche difficoltà. Pure, lette le lettere colle quali sono invitata in quel paese assieme ai miei genitori, fece anche per essi le legittimazioni. Ora verranno mandate a Trento e se lì si ratificheranno potrebbe darsi che in due settimane ci giunga il permesso di partire da qui. Lo desidero soprattutto per i miei genitori. L'esilio è diventato per essi tanto doloroso, ch' è un' angoscia l'udir le loro nostalgiche espressioni. Per essi imploro il rimpatrio; per essi più che per me.
31 ottobre. "Bella è la speranza, ma rende più crudele il disinganno. Il non aver sperato è meglio". Mi ricordo d'aver letto molti anni or sono queste parole, quando la mia anima, ancor giovane allora, voleva sperare ad ogni costo. No, io non ho più coraggio di dire a nessuno: "Spera!" Ma questa santa parola mi vien sussurrata, in fondo al cuore, da una voce arcana, che mi soggiunge: "Cadono nella polvere le speranze riposte quaggiù, ma fioriscono di gioie elette le speranze nel Cielo. Il Padre di lassù, non t'ha portata in braccio con tenerezza attraverso a tanti triboli? Non t'ha conservati finora i tuoi cari? Non t'ha concessa la felicità di raddolcire la loro vita ? Non t'ha sostenuta e protetta?"
Tra quelle semplici croci di legno.
1° novembre. Festa di Ognissanti! Quante dolci e serene memorie si risvegliano nel mio cuore! Ricordo quei giorni passati in patria nella mia casetta, ove ogni anno volevo trovarmi in questa ricorrenza. Molte volte il tempo era cattivo, ma ciò non mi tratteneva dal correre al mio paesello, ai miei genitori. Veniva anche Giovannino, si pranzava riuniti e giocondi; poi, papà ed io andavamo in chiesa. Dopo i vespri ci univamo alla processione che si recava sul cimitero a pregare per i poveri morti. C'inginocchiavamo sulla tomba della povera nonna, pregavamo e facevamo la nostra piccola elemosina. Oggi sono andata in chiesa; poi, invece di andare al cimitero, son corsa in baracca a trovare i miei genitori, e ho ringraziato Iddio che me li ha lasciati, che me li lascia ancora.
2 novembre. Giorno pieno di tenerezza accorata, di mestizia presaga; di pia memoria de'morti, di mesto affetto per i vivi. Sono andata con papà a fare una visita al cimitero. Girammo tra quelle semplici croci di legno straordinariamente vicine l'una all'altra. Qualche tumulo era adorno di fiori, ma la maggior parte eran nudi, e su di essi eran disegnate delle croci formate dai sassolini bianchi. Poveri morti! Quanti di voi, prima di morire, piangeste, pensando che sareste stati sepolti in queste terre inospitali!
Quanti di voi siete rimasti qui soli! E i vostri cari son ritornati in patria, donde vi salutano piangendo; ai nostri monti essi han portato il vostro saluto, alla nostra terra il vostro bacio. E i nostri morti e la nostra dolce terra sventurata gridano invano: "Rendeteci tutti i nostri figli".
Fa tanto freddo e non c'è legna.
3 novembre. Oggi ho cominciato a preparare i bauli. Eppure non so ancora se ci lasceranno partire. Ma papà e mamma sperano assai. .. Son venute due mie scolarette a salutarmi, ché vanno in Tirolo. Son di Arco. Mi hanno detto che lì c'è la Madonna delle Grazie, e che la pregheranno di cuore per me perché presto possa rimpatriare pur io.
4 novembre. Onomastico del nostro Imperatore! Gli edifici principali dell' accampamento sono imbandierati e nelle povere baracche migliaia di cuori pronunciano il nome dell'Imperatore nostro, lo benedicono, parlano di lui con affetto filiale, con felice orgoglio, con fulgide speranze nei cuori a lui devoti, in lui e nella sua bontà fiduciosi.
6 novembre. Fa un gran freddo. Non mi furon dati che cinque tizzi per riscaldar oggi la stufa. In baracca non hanno ricevuto punto legna. Che sarà di noi quest'inverno? Fame e freddo, freddo e fame.
7 novembre. Nella scuola il termometro segnava 8 gradi. Le scolare non potevano scrivere, ché avevano le mani intirizzite.
8 novembre. Anche oggi la scuola era fredda. L'Ispettore scolastico ha detto che si tagliò un bosco per fornire di legna il "Lager", ma che non ci son treni per condurla. Soggiunse che probabilmente chiuderà le scuole.
9 novembre. Una giornata freddissima. Nella stufa della mia classe il fuoco è durato poco: neppure una mezz'ora. Le mie scolare eran tutte raggomitolate nei loro scialetti: e
nei cari poveri visucci io leggevo: freddo, fame, sfinitezza.
10 novembre, La giornata è stata molto fredda. Sto poco bene. E venuta la mia cara collega Domenica Girardelli a trovarmi. Ho messo un po' di legna, ricevuta in elemosina da un bambino, nella stufa, e siamo state lì vicine, chiacchierando. Poi la luce si spense e restammo lì un poco ad aspettare che ritornasse, ma invano.
11 novembre. S. Martino! La sagra del villaggio dove io avevo la scuola. Oggi invece ricevo di là una cartolina, fra le cui righe leggo la miseria che vi regna. lo ripenso alle sagre festose del paese, le torte che si vedevan portare di qua e di là, i canti, il chiasso, l'allegria che si faceva in quei giorni.
15 novembre. Alle mie giovani colleghe che devono andare a Trento per fare gli esami di abilitazione, oggi son venuti i passaporti. Se non che giunse all'Amministrazione dell' accampamento un telegramma, che avverte essere chiuso il passaggio pel Brennero. Stasera non c'è punto luce elettrica. Una piccola candela astearica costava 80 h, e ora non si riceve se non si ha la tessera.
16 novembre. Oggi non si fece scuola nella prima, seconda e terza classe, perché non c'è legna per riscaldar i locali. Nella mia scuola la stufa rimase fredda la maggior parte del giorno, pur ci si dovette stare.
17 novembre. L'uomo che abita nella stessa stanza dei miei genitori, oggi è andato in Ungheria e comperò alcuni kg di granoturco. Spese circa 100 K ma fu arrestato dalle guardie, che gli tolsero tutto il grano, e lo lasciarono poi in libertà senza rifondergli nulla di ciò che aveva speso. Il pover'uomo tornò in baracca dispiacente assai. E proibito portar generi alimentari dall'Ungheria in Austria. Di contrabbando vien però portato qualche cosa. Ma il più delle volte i contrabbandieri vengono arrestati e rimangono senza merce e senza denari. E ciò che si riesce a portare vien poi venduto a prezzi che son esorbitanti per chi ha bisogno di farne provviste, e son ben poco per coloro che lo procurano con tanto rischio.
18 novembre. Oggi, in chiesa, si cantò il "Te Deum" per ringraziare Iddio di aver salvato il nostro Imperatore dal pericolo di annegare.
20 novembre. Anche la scuola era tanto fredda. lo sento bene che così non posso tirare innanzi: ho le ossa tutte indolenzite, e quando vado in cucina a prendermi la "menage" ("vivande"), quel tepore mi dà una sensazione strana, che mi fa quasi paura. Poco cibo, punto legna; tanta fame, tanto freddo.
21 novembre. È stato celebrato un solenne ufficio funebre per il defunto Imperatore. La chiesa dell' accampamento era parata a nero e davanti all' altare s'ergeva un catafalco coperto di drappo nero e circondato di piante sempreverdi. Alla funebre cerimonia assistettero le principali autorità dell' accampamento.
22 novembre. È tanto freddo. Non si distribuisce legna. Nel magazzino non ce n'è. Un maestro trentina, il mio collega, che ora fa parte dell' amministrazione di questo accampamento, ha detto che il Commissario, barone de Imhof, ha offerto 100 corone di premio per ogni due vagoni di legna che venissero qui condotti: con tutto ciò, la legna non viene. Accorrerebbero sette vagoni di legna al giorno e ne arrivano qui soltanto due, che portano appena la legna necessaria per la cucina e per qualche stanza privilegiata. Ora si stanno tagliando degli alberi che sorgono lungo le strade fra Mitterndorf e Moosbrunn: quella legna sarà verde; ma se ce ne danno, bene o male brucerà. Quest'inverno vuol essere orribile.
23 novembre. L'Eco del Litorale del 21 corro pubblica un fatto raccapricciante. Il titolo è: "Come il conte Ugolino". Nella città di Trieste, un bimbo di 12 anni, Vittorio Rosso, che abitava in via Cunicoli 7, il 20 corr. volle morire bevendo dell' acido fenico. Prima, scrisse alla sua mamma queste parole: "Cara mamma, io ti saluto. Sono nudo e crudo, ho fame e perciò vado alla morte. Il tuo figliolo Vittorio". Tra i fiori, fra il verde, in un giardino ha voluto morire. Anche la sua maestra era morta violentemente.
Papà è andato dove stanno tagliando gli alberi.
24 novembre. Papà è andato dove tagliano gli alberi per fame legna da distribuire ai profughi, e ha raccolto qualche ramo che ha portato in baracca. E ci siamo riscaldati. Il sorvegliante però non voleva permettere che papà s'impossessasse di quel po' di legna e solo dietro insistente preghiera del pover'uomo, gli ha concesso, per questa volta, di portarsela via.
25 novembre. La cena di ieri, che non si sapeva cosa fosse, m'ha fatto male. Stamattina ero sfinita dai violenti dolori di stomaco. Con un po' di caffè che ci avevamo portato dal Tirolo, la mamma mi preparò una tazza di quella magica bevanda che ora noi non si potrebbe qui più avere, a nessun prezzo. E subito il dolore s'è calmato.
26 novembre. Ho comperato 6 kg di grano di segale a 3.80 K il kg. Lo macineremo e poi ne faremo polenta alcune volte, e calmeremo per qualche giorno la fame. Inoltre la mamma abbrustolisce un po' di quel grano per farne caffè. Di quello coloniale non troviamo più di comperarne. Anche lo zucchero si può avere assai difficilmente, e ora è a 15 K il kg. Di quando in quando comperiamo una pagnotta: pesa 85 decagrammi e costa 4 K o 4 K e mezzo. Dio non voglia che giunga presto il giorno in cui non si trovi più da comperare nessun genere alimentare. C'è da temere. E con tutto ciò la guerra dura: fino a quando durerà? Si parla di vittorie, si vocifera d'un armistizio colla Russia, si vuol sperare la pace; ma ohimè, noi non proviamo che fame e freddo, freddo e fame!
27 novembre. Quando sono entrata in iscuola, stamattina, il termometro segnava 3°. In tali condizioni l'esito della scuola non corrisponde al sacrificio; eppure bisogna adattarsi, bisogna sprezzare la propria salute, perché si possa dire: "Si fa scuola in stanze riscaldate". Non importa che il riscaldamento sia irrisorio. Ma nella stanza dell'Ispettore c'è un bel caldo e quando chi fa la legge sta comodo non importa che chi deve ubbidire stia al supplizio.
29 novembre. Ho ricevuto, dal Consiglio scolastico distrettuale di Trento, un decreto col quale vengo invitata a ritornare al più presto a Vattaro a riprendere la condotta di quella scuola. Ora non so quello che avverrebbe se io fossi costretta a ritornare a Vattaro, e non potessi prender con me i miei genitori. Avvenga quel che si vuole: io non posso e non voglio lasciarli.
30 novembre. No: io non partirò di qui senza i miei genitori. Conviderò con essi l'esilio fino all'ultimo momento. Per essi mi sono resa prigioniera in questo baraccamento, per poter esser al loro fianco e per aiutarli; solo con essi gusterò la gioia del rimpatrio. Rammento vivamente il dolore che provai nei primi mesi del mio esilio, quando i miei genitori erano ancora a casa. Mi ricordo lo straziante desiderio che sentivo di rivederli, appena pochi giorni dopo la mia precipitosa partenza. Che non avrei fatto per poter retrocedere, per ricongiungermi ad essi! Sentivo che per quanto dolorosa fosse stata la nostra sorte, pure sarebbe stata dolce a condividerla; ma, lontana da essi, senza nessuna speranza di rivederli presto, mi struggevo d'angoscia. Rivedevo il mio papà seguirmi col mestissimo sguardo dalla finestra della stanza dove nacqui; rivedevo la mamma pallida e accorata lasciarsi cadere di mano la carta con cui stava per accendere il fuoco; sentivo ancora le sue labbra tremanti posarsi calde sul mio viso, sulle mie labbra singhiozzanti. Piangevo di giorno, piangevo di notte, piangevo nella camera forestiera che mi ospitava; piangevo in chiesa, ove non sapevo pregare che colle lacrime; piangevo andando per le vie, ove la gente che incontravo mi guardava diffidente e sprezzante, bisbigliando: "Welsche..." ("straniera"). E quando ebbi la notizia che i miei poveri cari avevan dovuto partire da Roncegno e prendere anch' essi la via dell' esilio, pur spasimando d'angoscia per loro, mi consolai pensando che allora avrei almeno potuto raggiungerli, che non ci divideva più la ferrea barriera. . E li raggiunsi. E dopo .un viaggio il cui orrore solo i profughi di guerra posson immaginare, trovai papà che passeggiava cupo per una via che non vidi, trovai la mamma seduta su di un letto in una baracca! Oh, la felicità di rivederla, di baciarla ! Oh, il suo viso irradiato di felicità nel ravvisarmi!
1° dicembre. Da alcuni giorni non riceviamo più legna. E fa tanto freddo. Papà è andato dove si tagliano alberi e ha portato in baracca un gran pezzo di legno. Ho incontrato per via il mio caro povero vecchio curvo sotto il peso che sarebbe stato non lieve per un giovinotto. Quando gli fui vicina, egli posò a terra il grosso pezzo e si fermò alcuni minuti a riposare, stanco, ma felice e fiero della sua provvista. Un giovane medico dell'accampamento, che usciva in quel mentre dall'ospitale, si fermò a guardarlo meravigliato che un uomo così vecchio portasse un tal carico, e gli disse in italiano: "Come fa a portare quel tronco?" Papà lo guardò fiero, mise sulla spalla il legno e proseguì la sua via dicendo questa sola parola: "Così". "Bravissimo" gli disse il signore, e guardò con simpatia e con rispetto il caro vecchio, che se n'andava. E oggi s'è fatto fuoco e ci siamo riscaldati.
2 dicembre. Colla legna portata ieri da papà abbiamo tenuto il fuoco sempre acceso nella stufa, e siamo stati lì a riscaldarci. Una mia collega, tornata oggi da Trento, mi ha detto che in Val Lagarina ci sono stati gran combattimenti, che ci furono molti morti e che a Trento ci sono molti. feriti.
3 dicembre. Stasera ha nevicato. Son tornata dalla baracca dei miei genitori col mantello decorato tutto di bianche stelluzze rabbiose.
4 dicembre. L'Ispettore scolastico mi ha permesso di far vacanza perché nella scuola il termometro non voleva segnare più di 3°, benché la stufa fosse assai riscaldata. lo volai in baracca, e sono stata tutto il giorno presso la stufa, insieme coi miei genitori. Abbiamo consumata quasi tutta la legna, ma papà spera di poter domani andar a prenderne. Di fuori il vento infuriava, ed entrava per le larghe fessure nella baracca; pure eravamo contenti di quel po' di caldo che ci dava la stufa nutrita colla massima parsimonia. Alle 6 tornai nella mia stanzetta; per via, mi pareva che il vento mi togliesse il respiro: mi portava in faccia il nevischio, mi rovesciava il cappuccio, mi faceva paura.
È venuto, c'è il permesso di rimpatrio! ...
5 dicembre. Il permesso di rimpatrio coi miei genitori! L'ho ricevuto finalmente. Dio sia benedetto! Signore, Vi ringrazio! Il dotto Sternschuss, direttore della cancelleria, mi ha mandata una citazione, perché mi presentassi. lo stavo trepidante ad aspettare che cosa m'avrebbe detto: temevo assai che il permesso fosse giunto per me sola. Invece disse: "È venuto il permesso di rimpatrio per Boccher Nicolò, Boccher Rosa, Boccher Filomena". Mi pareva di sognare. San volata in baracca a partecipar la notizia ai miei genitori. Essi non espressero la loro gioia con parole, ma il loro viso, qual gioconda e intensa commozione diceva! lo devo ringraziare ben di cuore il Signore, che mi ha concesso la felicità di poter, dopo 27 mesi di esilio, annunziare ai miei poveri cari vecchi la loro liberazione.
...ma continuano il tormento e l'immensa desolazione.
7 dicembre. Il mal di capo è aumentato, e le ossa san tutte indolenzite. Ho mangiato pochissimo. I miei genitori sono assai impensieriti e afflittissimi. Mamma m'ha fatto prendere l'olio di ricino e il "pagliano", Se ora venisse l'ordine di partire non potrei mettermi in viaggio. Dopo aver tanto invocata rara di lasciare questo campo di miserie, ora devo desiderare una dilazione della partenza.
10 dicembre. Papà è venuto di buon mattino a portarmi il caffè.. Avrebbe voluto trovarmi guarita e invece m'ha trovata quasi peggio. Lungo il giorno san venute tre delle mie scolarette a trovarmi. M'hanno portato un po' di legna e un po' di carbone "rubato". Così oggi ho potuto riscaldare la camera e sento che un po' di caldo è la medicina di cui ho più bisogno. Le povere fanciulle sono state qui un pezzo con me e mi raccontarono le loro vicende. A tutte e tre è morto il padre, ed esse me ne parlavano con affetto, e si vedeva che godevano della pietà e dell'interessamento che loro dimostravo.
12 dicembre. È caduta tanta neve. È venuta rabbiosa, lanciata dal vento. E nelle baracche non hanno ricevuto un tizzo di legna. Lo mi affliggo per i miei genitori, e temo che debbano ammalarsi. I marciapiedi, che sono di legno, sono stati qua e là levati dai profughi, per bruciarli, ché non vogliono morire di freddo. Anche la baracca della lavanderia è presto distrutta; quasi tutte le assi furono strappate, malgrado la vigilanza delle guardie e le minacce delle autorità dell' accampamento. La povera gente è costretta a questi eccessi; e i signori che gliene fanno un delitto sono essi colpevoli. Perché non si provvide legna a sufficienza mentre era tempo?
14 dicembre. Oggi è stata distribuita della legna. Nella stanza dei miei genitori ricevettero quattro fascine. Le portò papà. Poi era stanco, sfinito, ma contento.
15 dicembre. Un vento furioso. Fa paura. Papà è venuto a trovarmi. Era stanco e triste. Mi disse che a stento aveva potuto arrivare fin qui: il vento quasi lo faceva cadere.
16 dicembre. È venuta la mamma a trovarmi. Mi portò una fetta di polenta di segale. E mi disse che lei e papà ne avevano mangiata tanta, benché quasi scussa. lo pensai che doveva aver bisogno di un gocciolo di caffè. Andai alla "cantina" a prendere la mia porzione e pregai la Tedesca alla cassa di darmene una seconda. Essa prese sgarbatamente il denaro ch'io le davo e poi fece una gran brontolata, dicendo ch' era una pretesa domandar due caffè stante la gran carestia di zucchero. lo tacqui e non pensai nemmeno a ribattere una parola; mi pareva così naturale che a me non si volesse dare ciò che i Tedeschi ricevono a loro piacere.
17 dicembre. I miei genitori hanno ricevuto 1'ordine di spogliare le pareti della baracca perché sarebbero venuti due uomini a imbiancarle. Durante restate, quando le cimici passeggiavano in processione sulle pareti, non si pensò a far nulla per togliere quella miseria; ora ch'è tanto freddo e che non c'è legna sufficiente per riscaldar tanto la stanza che le pareti asciughino presto, ora si vuol lavare le pareti e imbiancarle. Bisogna dire che i provvedimenti di questi signori sono proprio studiati a danno e a tormento dei profughi. La mamma staccò irritata dalle pareti le carte con cui le avevo tappezzate, e diceva: "Finirà anche questa schiavitù".
19 dicembre. Nella baracca dirimpetto a quella dove abitano i miei genitori c'è una famiglia di Folgaria: padre, madre, e tre figliole. Una di queste oggi è morta. Aveva 18 anni; era una bella ragazza, dianzi fiorente di salute. Alcuni giorni or sono accusò malessere; stette cinque giorni a letto; oggi è morta. Si dice trattarsi di una polmonite. La desolazione dei genitori e delle sorelle è immensa. Avessero potuto tenerla almeno riguardata e al caldo la povera cara! Dovevano strappare delle assi qua e là, mentre i poliziotti voltavano gli occhi, per fare un po' di fuoco nella baracca tutta fessure. E lo facevano coll'ardire che dà la disperazione.
21 dicembre. Sono stata dalle Suore dell' orfanotrofio a far loro gli auguri per le prossime feste. La Superiora mi disse che ho una cera molto triste, e poi parlando del gran freddo e della mancanza di legna, asserì che in quest'inverno i poveri vecchi che ci sono nelle baracche morranno tutti. E ripeteva che morranno tutti. Quelle parole mi passavano 1'anima. Giungerò io in tempo a condurmi via i miei cari? Dio mio, non negatemi questa grazia. Oggi ho saputo che ieri morì all' ospedale una giovinetta di Roncegno. Aveva 17 anni. Oh, "Lager" fatale, quante vittime hai fatto! Vivo in una trepidazione angosciosa. Conto i giorni che restano di questo terribile dicembre.
Da due prigionieri russi un presagio di pace.
22 dicembre. Anche oggi ho dato ai miei cari tutta la legna che ho ricevuto per la mia stanza. E così si tira avanti. Oh, ch'io possa a forza di attenzioni e di tutte le cure per me possibili, sostenere questi poveri vecchi e conservarmeli a godere giorni migliori!
23 dicembre. Nell'edificio scolastico oggi si fece una piccola festa per l'albero di Natale. Presso l'albero stava un piccolo presepio; e lì davanti, due fanciulle e due bimbi recitarono un dialogo; poi una bambina declamò una poesia a Gesù Bambino. Si cantò "Stille Nacht, heilige Nacht" ("Notte quieta, notte santa"); queste parole, in questa lingua, mi davano trafitture: avrei voluto piangere: mi sapevano di patria lontana e perduta... Assistevano il Commissario de Imhof, l'ingegnere superiore, altri signori e signore.
24 dicembre. Vigilia di Natale. Quanto triste! Ai miei genitori fu intimato di cambiar alloggio, di andare in un'altra stanza. Essi non vorrebbero sgomberare perché sperano di poter presto sgomberare definitivamente per andare in Tirolo. Ma fu loro intimato che cambiassero alloggio, minacciandoli che altrimenti non avrebbero più ricevuto la "menage" ("vivande"). lo sono andata a cercare l'Ispettore per domandargli una dilazione; ma mi fu risposto che la vigilia di Natale non dà udienza.
25 dicembre. Natale! Il terzo Natale nell'esilio. Quanta amara dolcezza in questo giorno, qui. Sono stata quasi tutto il giorno in baracca dai miei genitori. Era tanto freddo. Ci riscaldavamo come si poteva allo scarso fuoco che ci fu possibile tenere. Mamma teneva fra le sue mani le mie e io mi sentivo quasi lieta malgrado la nostalgia che mi opprimeva.
26 dicembre. Papà ha fretta di far fagotti. Oggi s'è portato in baracca i vestiti che gli avevo tenuto nel mio baule. Il sacco gli pareva troppo piccolo e sì che ce ne sta della roba! Vorrebbe aver la forza di un giovane per portarsi via sulle spalle tutto quel po' di cose che abbiamo, e deludere così i ladri che vuotano i bauli dei poveri profughi.
28 dicembre. Da una settimana non riceviamo legna ...
29 dicembre. Mi giungono in gran copia affettuose letterine delle mie scolare, con molti begli auguri. Mi fa tanto piacere il vedermi così ricordata dalle mie care fanciulle vicine e lontane, e il loro affetto mi compensa di tante cose.
31 dicembre. Ultimo giorno dell' anno! Benché grave di dolore e di stenti è passato veloce il 1917, ed io non ho che da ringraziare Dio di avermi sostenuta con la sua paterna Provvidenza e di avermi conservati i miei cari. Quest'ultimo giorno dell'anno ci è stato reso meno freddo e meno triste dalla visita inaspettata di due prigionieri russi che non conosciamo, s'intende. Papà, mamma ed io stavamo presso la stufa rattizzando con parsimonia il fuoco, quando due poveri russi, che lavoravano come falegnami in questo "Lager", entrarono senza picchiare nella nostra baracca, portando ciascuno della legna. La gettarono sul pavimento senza parlare; la spaccarono e poi ne misero quanta poterono nella stufa. I miei genitori ridevano e i due uomini si scaldavano le mani. Porsi loro da sedere e domandai se capissero tedesco. Fecero cenno di no. "E italiano?" domandai. "Poco italiano si", rispose uno. Io dissi: "Buona Russia!" "Sì, buona Russia, mangiare tanto pane. Austria poco pane", soggiunse l'altro. "Pace colla Russia?" chiesi. "Pace sì, dire, scritto pace no ", rispose il Russo. Stentava ad esprimersi ma intendeva e parlava come poteva, bonariamente, con un certo sorriso furbo eppur cordiale. Quando si furono riscaldati, partirono salutando gentilmente. E io nel mio cuore li ho benedetti: colla legna che ci hanno lasciato siamo stati al caldo tutto il giorno. La visita dei due poveri prigionieri russi in quest'ultimo giorno dell' anno mi parve di buon augurio per 1'anno che sta per spuntare: mi parve un presagio di pace.
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