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TUTTI I TESTI E LE FOTO SONO TRATTI DAL LIBRO
FILOMENA BOCCHER DIARIO DI UNA MAESTRA IN ESILIO
NEL <<LAGHER>> DI MITTERNDORF
A CURA DI LENINA BOCCHER E VITALIANO MODENA
PARTE SECONDA
1916
DAL 5 GIUGNO AL 3 SETTEMBRE
In primo piano due baracche-ospedale in secondo piano la cucina centrale ( proprietà Boccher )
Le buone mani in cui siamo.
5 giugno. Ho saputo che quel gentile signore si chiama Donolli, che è un triestino, e che è l'Ispettore superiore dell' accampamento. Si dice che odia i profughi trentini, e che, giorni or sono, fece loro rimproveri e minacce atroci, dicendo loro che in tre mesi egli ha tempo di farci morire di fame. Parecchi profughi sono andati a Vienna, ad accusarlo di ciò presso le Autorità.
6 giugno. Ho pregato il capo-baracca di un po' di paglia per il letto della mamma. Tale domanda parve una pretesa esorbitante. lo dissi che qualora non potessi averla domandandola qui, mi sarei rivolta al cons. Bonfioli presso il "Comitato" in Vienna e gli avrei domandato dove rivolgermi per avere un po' di paglia. Il capo-baracca uscì furioso dalla stanza e ritornò col capo-sezione che voleva farmi un processo. Ripetei ciò che avevo detto prima e si finì col concedermi un saccone nuovo e la paglia richiesta.
8 giugno. Ci è giunta la notizia che la nostra casa è bruciata, rasa al suolo. Le fatiche dei miei poveri cari genitori che se l' avevano fabbricata a furia di sacrifici!
13 giugno. Una lettera di Emma. Mi scrive la verità, circa la mia casa. Tutto, tutto distrutto. Roncegno saccheggiato orribilmente, poi incendiato.
14 giugno. È venuto nella scuola il Direttore con una signora. Senza dirmi nulla fecero uscire con loro 22 scolare. Io non sapevo perché. L'ho saputo poi. La signora era incaricata di condurle al medico per la visita. Quattro di quelle mie scolare scapparono. Due uomini della Croce Rossa andarono a cercarle e le mminacciarono. Le fanciullette non si arresero. Sfuggirono loro, gridando: "Non abbiamo bisogno di visite; abbiamo bisogno di pane".
15 giugno. Nella baracca dove stanno i miei genitori, mentre io ero lì presso di loro, è venuta una ragazza, che indossava un grembiulone bianco e teneva in mano alcuni termometri. Era stata mandata a misurare la febbre. lo mi rifiutai. Dissi che dei suoi termometri avevo schifo, che sono sana grazie a Dio, e che non ho voglia di pigliarmi magari qualche malanno, mettendomi sulla pelle uno strumento che s'era posato su tante persone. Mi volse le spalle e s'avvicinò indignata a un uomo; gli sbottono la camicia e gli pose sotto l'ascella il termometro. Lo stavo a guardare tanta disinvoltura. Intanto la sfacciata signorina si, avvicinava al mio papà per fargli il medesimo .servizio che all'altro. Ma io glielo impedii. E la pregai solo. di dirmi quanti anni avesse. "Sedici", mi rispose, "e presto diciassette. Da qualche anno già sono addetta alla Croce Rossa" guardai. indignata la monella cui non avrei dato più di quattordici
anni. Ah le esperte sorelle che ci mandano a misurarci la febbre, le buone mani in cui siamo!
17 giugno. Oggi furono avvisati i Valsuganesi che possono rimpatriare: fino a Levico quali lavoratori. Una folla di gente ansiosa di essere liberata, come le anime del purgatorio dal loro carcere, si riversò nell'ufficio del "Segretario del popolo" per farsi inserire nella lista dei lavoratori che si lasceranno partire per la Valsugana. E noi? Venga anche la nostra volta, un giorno!
Roncegno saccheggiato e bruciato.
18 giugno. Ho letto sul giornale Extrablatt del 16 corr. un articolo intitolato: "An der Front im Suganatal" ("Sul fronte della Valsugana"). E fra il resto c'è questo che trascrivo:
... (Il testo in tedesco è tralasciato per comodità del lettore. Riportiamo la traduzione);
" Sembra che gli Italiani abbiano costretto la popolazione civile ad abbandonare la Valsugana al più presto. Alcuni paesi furono incendiati, in altri si trovò sparso dello zolfo, il che permette ben di dedurre che gli Italiani posero la popolazione di fronte alla scelta: o di abbandonare i loro paesi, o di veder andar in fiamme le loro case.
Il comandante disse il giorno prima: - Osservino bene il panorama: gli Italiani vi hanno infierito peggio dei Russi. - Così lo trovammo anche noi. Tutta la località posta in posizione meravigliosa nel Tirolo meridionale è distrutta dal fuoco, il ( Palace- Hotel", uno stabilimento termale dotato di tutti i comfort di una azienda moderna, nel quale avevano il quartiere degli ufficiali italiani, ha l'aspetto come se lo avessero avuto in mano dei Cosacchi. Tutto distrutto, rovinato, insudiciato, il pavimento disfatto, il salone delle feste una stalla per cavalli, i mobili dispersi, dai tappeti ritagliati dappertutto dei pezzi. Inutilmente e senza scopo. Solo per voglia di distruzione. Se le distinte persone delle città dell'Italia settentrionale, che spesso furono qui come ospiti, potessero vedere questa devastazione, ringrazierebbero la loro armata di un tale livello di civiltà! "
lo avevo dovuto partire da Roncegno (che i Tedeschi hanno voluto battezzare "Rundschein" ("Panorama") tre mesi prima dei miei genitori e allora non v' erano ancora entrati né Italiani, né Tedeschi; sicché io non avevo visto nulla dei vandalismi cui si accenna in questo articolo. Ma i miei genitori, che rimasero a Roncegno fino ai 28 agosto del 1915, mi avevano poi raccontato minutamente quel che avevano passato in quei tre ultimi mesi. La mamma aveva fatto anche un po' di diario. Dalle parole dei miei genitori, dai racconti d'altre persone che furono testimoni oculari, e dalle lettere ricevute devo concluder così: tutte le cose accennate nell'articolo sopra trascritto sono vere: soltanto al nome "Italiani" si deve sostituire il nome "Tedeschi"; e ci sarebbe di troppo lo zolfo: nessuno dei miei compaesani ha visto zolfo sparso né a Roncegno, né nei dintorni. Ai 26 di agosto 1915 i Tedeschi, che dominavano Roncegno dalle loro posizioni sul monte ai cui piedi giace il paesello, e principalmente dal forte Panarotta, intimarono ai Roncegnesi 1'evacuazione, e vollero sollecitarla col gettare, ai 27, tre bombe che appiccarono il fuoco in diversi punti della borgata. La gente accorreva per spegnere l'incendio, ma sopraggiunse frettoloso un tenente che fece sospendere il lavoro, dicendo: "Lasciate che il fuoco divori". I pompieri e tutti gli altri dovettero ubbidire. Quelli, le cui case non ardevano ancora, si affrettarono a ritornarvi per salvare quanto loro stava più a cuore, e si prepararono alla partenza, piangendo, implorando invano, disperati. Il giorno seguente, la metà orientale del paese era quasi tutta bruciata; la metà occidentale, ove si trovavano alcune ville signorili, lo Stabilimento balneare e il magnifico Park Hotel, non era ancora danneggiata dal fuoco. N elle belle _palazzine, nel bellissimo Hotel erano acquartierati gli ufficiali e i soldati tedeschi e il vandalismo che nel sopra scritto articolo si attribuisce agli Italiani era stato fatto dai Tedeschi: i Roncegnesi avevano visto i soldati entrare in quelle ville, in quello Stabilimento, in quell'Hotel; avevano visto abbattere porte, usci, finestre; avevano visto trasportar mobili, materassi, biancheria, chincaglie, cristalli, argenteria. Ai 28 quasi tutta la popolazione era partita: erano rimasti solo gli ammalati nell' ospedale, le suore, alcuni uomini, e alcune persone che prestavano la loro opera nell' ospedale. Da questi si seppe che in seguito comparirono alla spicciolata soldati italiani, ma che non si trattenevano a lungo nel paese. O voi che avete scritto quel bell'articolo per l'Extrablatt; o voi che leggendolo fremeste, pur gongolando, nell'udire i vandalismi degl'Italiani; se leggeste qui, m'imputereste a delitto la paginuccia di commento che io mi son permessa di fare? Ma io confido nell' amore della verità, di cui voi vi vantate.
La cresima.
19 giugno. È partito un convoglio di Valsuganotti per il Trentino. Quelli che devono rimanere guardano con invidia, ma scevra di malanimo, i fortunati che possono andare laggiù, benché si sappia che non si lasciano partire perché ritornino alle loro case, ma per lavorare, sotto la direzione militare, la campagna che deve dare il pane per poter continuare la guerra.
21 giugno. Sono andata al Segretariato del popolo a domandare se sarebbe possibile avere il permesso di rimpatriare. La risposta non fu assolutamente negativa, ma poco meno. Mi si disse di presentar la domanda, all'annunzio d'un prossimo convoglio.
22 giugno. Festa del Corpus Domini. Non ho preso parte alla processione. Non mi sentivo; mi ripugnava. Mi sembrava un' atroce commedia quella processione, in cui il S.S. veniva accompagnato da quelli che Signore, tu sai, chi ti seguiva! Signore, non dici loro nulla? Non li maledici perché succhiano il sangue dei poveri?
25 giugno. Sono stata a Vienna ... Ritornando verso la stazione, vedemmo "den eisernen Mann" ("L'uomo di ferro"), È una statua di legno tutta fitta di chiodi; per ognuno di questi, chi aveva voluto conficcarcelo, aveva dovuto pagare una corona. E le corone raccolte così, giovano a continuare la guerra.
3 luglio. È un caldo soffocante: 30° C. all'ombra. E bisogna far scuola.
10 luglio. La ragazza che viene ogni giorno a vedere se qualcuno ha la febbre, trovò nella nostra baracca, che una povera giovane vedova aveva una temperatura di 39° e mezzo. Andò subito a far rapporto al medico. Questi venne accompagnato da un uomo della Croce Rossa. Misurò anche lui la febbre dell'ammalata, poi col cipiglio d'un superiore che coglie il suo inferiore in delitto flagrante, le intimò di recarsi subito all'ambulatorio medico e di lì passare all' ospedale. La poverina, spaventata, mi pregò di accompagnarla. La condussi all' ambulatorio, dove subì una visita medica, e poi le fu nuovamente intimato di andare all' ospedale. Le sue proteste furono vane; vane le lacrime del suo bambino che non voleva staccarsi dalla mamma. Per i crauti marci e non conditi che ci portano da alcuni giorni non c'era nulla da osservare; ma perché aveva la febbre fu costretta a recarsi all' ospedale, il cui solo nome, in questo "Lager", fa raccapricciare.
14 luglio. Ci si intimò di presentarci nell' ambulatorio per ricevere le iniezioni contro il tifo. Se prima di far iniezioni guardassero quello che ci danno ogni giorno da mangiare! Vedrebbero certo che sarebbe più necessario migliorare il cibo, che fare iniezioni per prevenire il tifo.
15 luglio. Festa per la Cresima degli scolari. Ad amministrarla è venuto mons. Piffel, l'arcivescovo di Vienna. Fu accolto dal Barone, dalle altre autorità del "Lager" e da mons. Brugnolli, con grande apparato. Scese dall' automobile davanti alla palazzina dell'Amministrazione, ove entrò tra gl'inchini e gli ossequi di coloro che gli facevano ala. Un quarto d'ora dopo uscì accompagnato da quei signori, si avviò alla chiesa ove lo attendevano i cresimandi, i quali, in quest'occasione, avevano ricevuto un vestito dvelluto. A qualche decina di ragazzi e ragazze fecero da padrini e da madrine signori e signore tedeschi, venuti da Vienna. Sua Altezza cresimò. Non fece alcun discorso, ché non sa la lingua italiana. lo pensavo al nostro Vescovo, all'amatissimo nostro Pastore, cui solo spettava la festa che si fece al Piffel. Pensavo con quali fremiti di gioia sarebbe stato accolto qui in quest' occasione dai suoi poveri diocesani profughi; pensavo qual conforto ci avrebbe arrecato la Sua parola, la parola di quel gran cuore e andavo col pensiero lassù a S. Croce, dove l'illustre esule langue prigioniero.
Nuovi arrivi di profughi in tanta miseria.
18 luglio. Ricevevo un rancio così cattivo, che non lo potevo più tollerare. Decisi di pagare una corona di più al giorno e domandare l' "Extrakost" ("Vitto speciale"), quale ricevono gl'impiegati tedeschi. Mi venne data la tessera richiesta, ma anche con questa ricevo poco di meglio di prima: non quello cui la tessera pagata mi dà diritto. Stasera sono andata dallo "chef" di cucina e ho domandato spiegazione. "Ein Irrtum" ("Un errore"), mi ha risposto placidamente colui. Però questa sera sono stata trattata meglio.
23 luglio. Ho mandato una supplica al Capitanato di Borgo per ottenere il permesso di rimpatrio.
25 luglio. Sento la nostalgia sempre più acuta e quella dei miei genitori s'è fatta quasi feroce: non sanno rassegnarsi a quest'esilio che diventa sempre più orrendo.
30 luglio. Ho ricevuto una cartolina di un mio scolar etto ch'è rimpatriato, in Castagnè. Beato lui!
5 agosto. L'Ispettore scol. mi ha invitata a condurre le mie allieve al cinematografo. Vi mandai e le ragazze sia divertirono. Il cinematografo nel "Lager" non è una gran bella cosa? Sì, ma se vale a esilarare per un'ora i bambini, non basta a soddisfare lo stomaco languente, a calmare i nervi strapazzati, a confortare il cuore spasimante di nostalgia, a sopire l'esasperazione
dell' anima contro tanta ingiustizia, tante prepotenze, tanta tirannia.
6 agosto. Domenica. Un soldato che vide Roncegno pochi giorni or sono, ci ha detto che la nostra casa è un mucchio di rovine. Papà e mamma, col capo chino, ascoltavano accorati le tristi notizie che ci portava colui. lo non trovavo parole per consolarli; e per non accrescere il loro dolore lasciando scorgere il mio, uscii per andare a pigliare un po' d'aria e divagarmi un pò. Passando presso la cucina della nostra sezione ho visto la "signorina" che assaporava la minestra preparata per noi. Col cucchiaio d'argento, prendeva su due gocce di broda e l'accostava alla bocca guardinga. Fosse anche tossico, quella signorina, che è tedesca, non s'avvelenerà. E poi l'eroina si riconforterà lo stomaco con un buon "Extrakost" ("Vitto speciale"), e verrà remunerata con un buon salario! lo ho alzato gli occhi al cielo e ho gridato: " Signore, non vorrete Voi, invece di costei, decidere su questa minestra? ..." Ripugna al più comune buon senso, il vedere che la decisione sulla bontà dei cibi vien fatta da una persona che ne tocca appena goccia sulla lingua e poi gode il costo migliore. Non dovrebbero invece assegnar il compito di qualificar il cibo che si dà ai profughi, a una persona che di quello deve vivere?
7 agosto. Fa un caldo soffocante. Nella baracca par di non poter respirare. Oh, le baracche! Perché ci hanno condotti qui? Non un rifugio ci si diede, ma a un supplizio ci condannarono!
9 agosto. Si dice che verran presto parecchie migliaia di profughi e che dovremo restringerci per far posto anche a quelli.
10 agosto. Abbiamo dovuto far posto nella stanza per quattro persone: una donna con tre bambini, giunti pochi giorni or sono dalla Boemia. E dappertutto uno sgombero frettoloso, pieno d'ira e di dolore. Nelle camere dove si installano nuovi ospiti si sussurra di protesta, s'impreca. Bisogna restringersi, cacciar sotto i letti quel po' di roba che si ha per far posto. Ma perché invece di fabbricare quel costosissimo edificio per il cinematografo colla "Volkshalle" ("Sala popolare") per i bevitori, non si fabbricarono altre baracche per ricoverar ivi i nuovi profughi senza accumularci in siffatta miseria?
15 agosto. Papà ha avuto un diverbio con un poliziotto screanzato. Siamo anche lo zimbello dei poliziotti! lo mi intromisi a tener le parti di papà, che indignato voltò sprezzante la schiena al dottorone. Questi andò a chiamare il capo-poliziotto e poi vennero entrambi a voler far non so che cosa. Se non che se n' andarono persuasi che non era il caso di poter riuscire a insaccarci.
17 agosto. Sono stata al funerale di "Gigiotti", un bambino che veniva spesso a trovarmi. Povero bambino, anche tu vittima del "Lager" ("Gigiotti": Luigi Conci, di Ildebrando, di Roncegno).
18 agosto. Festa per il natalizio dell'Imperatore. Messa cantata all' aperto, cui ha assistito tutta la scolaresca. Dopo pranzo musica, canti, recite, evviva all'Imperatore. Cominciano le vacanze: 4 settimane.
25 agosto. le mie colleghe si radunarono per conferire sul vestito che ci si promette dall'Amministrazione. lo n'ero ristucca. Come pensare a vestiti, a figurini, con tanto lutto nel cuore, con tanto sangue che si versa in questi giorni! Un sacco per vestirci, un pugno di cenere sul capo e la compunzione dei Niniviti, per placare il Signore e muoverlo a liberarci.
Ladri.
26 agosto. Durante le "vacanze" è affidata a ciascuna maestra una. classe di scolari e scolare: si radunano ogni giorno nell'aula, si fa un pò di conversazione, poi si gioca o si va a passeggio. A me sono affidati 50 ragazzi di 13 e 14 anni.
28 agosto. È venuto l'Ispettore scolastico, accompagnato dall' Ispettore superiore del "Lager" dotto Cesare Loss, un trentino, a fare una visita alla mia scuola. Stavo raccontando ai ragazzi una storia: gl'Israeliti in Egitto. I due Ispettori mi salutarono con un cenno del capo, poi guardarono gli scolari. Si vedeva che volevano cercare qualcuno. Ed ecco l'Ispettore scol. appunta il dito verso un certo Luigi Marchesoni di Caldonazzo e dice, rivolto all' altro Ispettore: "Ecco il ladro che ha rubato l'orologio all' ufficiale del Barone". Il Loss lo guarda con cipiglio e sta per dire qualche cosa, ma il ragazzo si alza, pallidissimo, e dice con forza: "No, non sono stato io". "Allora è stato tuo fratello", s'affrettò a dire l'Ispettore scol., quasi come il lupo delle favole. Il ragazzo chinò il capo singhiozzando. Era vero: suo fratello, non so come, aveva rubato un orologio all'ufficiale del Barone. I due Ispettori, alternativamente, quasi recitassero un salmo, dissero parole dure e offensive all'infelice che col capo poggiato sul banco piangeva, poi fecero un predicozzo agli altri. E l'Ispettore scol., don Cesare Tiso, concluse con queste
parole: "Quando partirete di qui, i Tedeschi diranno: - Se ne sono andati quei ladri di Italiani !". Io tacevo, ma fremevo. Sì, egregi Ispettori, quando questi poveri ragazzi, che Dio lo voglia, partiranno, i Tedeschi dei quali voi siete alleati ed i complici diranno ciò che voi avete detto; ma noi, giunti nei nostri paesi saccheggiati e devastati, ci inginocchieremo su quelle macerie e diremo al cielo: "Vendicaci Tu!"
3 settembre. Ho scritto alcune lettere, per impostarle domani a Vienna e così sfuggano alla censura di qui. Perché si censurano le lettere che si impostano nell' accampamento?
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