Difficoltà e miglioramenti - Gruppo Alpini Roncegno

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Difficoltà e miglioramenti

La 1a G.M.



DIFFICOLTA' E MIGLIORAMENTI

di Vitaliano Modena




Torniamo alla narrazione di R. Joris per capire cosa avvenne nei primi momenti e quali furono le difficoltà della prima sistemazione.
"Le nostre baracche sono la diciassettesima e la diciottesima.
Siamo di nuovo uniti valle per valle. I baracca menti in cui abitiamo a chi li vede dal di fuori potrebbero far l'impressione di essere delle costruzioni regolari in muratura e quasi eleganti, poiché il cartone catramato che ricopre l'assito delle facciate è bianco come il latte.
Sono alte tre metri, larghe dodici, lunghe quaranta ... Finestre ce n'è una quantità, ma sono piccine e tanto alte da terra che per guardar fuori ci vorrebbe la scala . . . 185 persone sono riunite in una baracca, stipate una addosso all'altra, su di un unico letto sterminato".
In un clima di disorienta mento e disorganizzazione trascorsero i primi giorni.
Uscì fuori poi l'iniziativa personale e servì a far fronte alle immediate esigenze di sistemazione logistica e a farnìlìarìzzarsì. "Poi leghiamo a una trave di sostegno tavolo e panche perché non ci vengano tolte, e per dichiararle cosa privata si scrive sul tavolo a stampatello Levico-Roncegno affratellate nell'ingiustizia.
Le tavole richiamano le carte da gioco.
Viene fabbricata una dama e un gioco da scacchi: meravigliosi nella loro rozzezza".
Nonostante lo spirito di adattamento e l'inventiva personale e di gruppo, la vita all'interno delle baracche rimase avvilita e oppressa.
Uomini, donne, bambini e anziani di ogni condizione vivevano in promiscuità: soltanto delle coperte tirate sopra corde offrivano una parvenza di quella riservatezza cui ognuno teneva per educazione e abito mentale.
La porzione di baracca assegnata a ogni famiglia era a un tempo soggiorno, camera da letto, dispensa e ripostiglio.  
Le travature, le assi, le corde fungevano da suppellettili e ospitavano, in vari ripiani, che salivano sempre più su a partire dal pavimento, di tutto: indumenti, valigie, sporte, ombrelli, casseruole, paioli, bottiglie, caraffe e qualche cuscino d'avanzo: un misero campionario di quelle poche cose che ognuno aveva portato con sé dalle case abbandonate.
Le immagini di Unterveger
(Enrico Unterveger, Katzenau, Trento, Circolo foto-cineamatori trentini, 1980.) sono eloquenti ed efficaci nel descrivere la sistemazione degli internati.  
In ogni baracca venne eletto un capo e a dirigere la vita nel campo venne mandato il barone G. Reicher.  
L'art. 4 del regolamento proibiva ad ognuno "di entrare in altra baracca diversa dalla propria.
Discorsi fra abitanti di baracche diverse possono seguire soltanto all'aperto oppure nella baracca n. 14 destinata quale luogo di ritrovo".
E ciò valeva anche nel caso di parenti alloggiati in baracche diverse.
Uno dei ritrovi esterni adatti alla socializzazione era la fontana dove tutti andavano più volte al giorno: la mattina appena alzati, dopo i pasti a lavare le gavette, ad attingere acqua da bere e a fare il bucato.
Le cucine erano comuni, e all'ora dei pasti la minestra veniva travasata dalle capaci caldaie nelle gavette dei singoli internati che avevano  fatto pazientemente lunga fila per avere il rancio.
Qualcuno riusciva a integrare le povere razioni con qualche polenta che si faceva all'aperto negli spazi liberi, servendosi d'un paiolo poggiato sopra alcune pietre o appeso a provvisorie strutture di legno ("il cibo è troppo per morire e troppo poco per vivere; la fame si fa ogni giorno più rabbiosa", scrisse Joris).
Nella stagione buona le tavole esterne diventavano occasione d'incontro e di conversazione, aggiungendosi allo spaccio, al caffè, al baracchino del barbiere e del calzolaio, al laboratorio del falegname, che poco per volta erano sorti nel lager per iniziativa degli internati.
L'accampamento intanto si espandeva. R. Joris annotò: "Quasi tutti i giorni arriva qualche povero disgraziato, spaventato, pieno di freddo e di sonno . . .
Un giorno avviene un'intera infornata: sono circa 63 compagni di Borgo, di Levico ... I soldati [che abitavano una parte del baraccamento] sono partiti tutti da Katzenau . . . L'accampamento è messo interamente a nostra disposizione.  
Durante l'estate vengono fabbricate 15 baracche nuove, con finestre grandi più delle usuali e una specie di luminari o in mezzo al tetto.  
Da qualche tempo sono venuti i professori, i maestri e le maestre delle scuole trentine.
Ormai s'è fondato la scuola popolare e il ginnasio. E s'è aperta una biblioteca".


Internati valsuganotti a Katzenau

Il campo, che ospitava poco meno di 2.000 trentini (ma poi v'erano anche italiani regnicoli, rumeni, tedeschi. .. ) andava ormai assumendo l'aspetto di una vivace borgata: con la chiesa (nella baracca n. 15), l'ospedale, le scuole, il mercato, i negozi per l'acquisto di generi alimentari e di indumenti, la lavanderia, il bagno pubblico, l'ufficio postale, ecc.
Fantasiose le attività culturali realizzate: offrivano concerti, letture di poesie e conferenze di vario argomento (la baracca n.14 era il ritrovo generale).
Non potevano mancare le gare, i giochi e i passatempi per ogni stagione.
Tutto ciò aiutava a vivere e favoriva un clima di solidarietà che solo per certi aspetti si incrinò: "Alla cucina dei preti e dei medici mangiano ormai anche soliti borghesi.
Per questi fatti la bella compagine degli internati si sgretola e vengono a galla le caste come nel basso mondo" (Joris).
Con l'evoluzione che positivamente avveniva nella vita dell'accampamento, anche nelle baracche, non più sovraffollate, si introducevano migliorie.
Una di queste fu l'acquisto, da parte di chi poteva, di lettiere di ferro. "Levico e Roncegno, non potendo arrivare a quella spesa ideano dei palchetti di legno, alti mezzo metro e capaci di due sacconi ciascuno.
Rubando le assi, con poco si raggiungerebbe lo scopo.
E così si fa. Ma prima ancora che il lavoro sia completo, le guardie scoprono il furto e lo denunziano al barone.
Il falegname che ha cooperato al lavoro viene scacciato dalla falegnameria e noi siamo messi sotto processo.
Però quando il barone visita la baracca e vede che il legname è stato adoperato a quell'uso, dà facoltà a tutti di provvedersi di assi e di costruire dei letti.
Noi siamo assolti e il falegname riammesso al suo posto" (Joris).
Dall'accampamento era possibile comunicare con l'esterno per mezzo di uscite autorizzate dal campo; esso era recintato con doppio giro di filo spinato e sorvegliato giorno e notte dai profossi (militari addetti a guardia degli internati) .  
La posta era soggetta a rigorosa censura, perciò era attiva la corrispondenza clandestina.  
A questo proposito il dott. Gìonzer ricorda: "Con il papà la famiglia si mantenne in comunicazione tramite la signora Carlotta Pola che aveva sposato uno svizzero e abitava a Zurigo. Era questo uno dei canali privilegiati per mettersi in contatto con persone rifugiate in Italia"



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25/02/2023
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