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"FATEMI SAPERE..."
FELICE RONER
dalla corrispondenza dei fratelli Roner
di Vitaliano Modena
Felice, chiamato alle armi (Marsch-Kompanie, Landsturm (La Landsturm aveva di per sé compiti generali di servizio e di controllo del territorio, di addestramento per complementi e di servizi ausiliari i più svariati. Con la mobilitazione generale l'organico Landsturm venne raggiunto grazie ai riservisti non più in età di servizio attivo. Potenziata nel 1914, la Landsturm operò come forza autonoma a livello di battaglione all'interno delle grandi unità dell'esercito prestandosi tanto nelle molteplici attività di retrovia quanto in combattimento per supplire a improvvise carenze. I Marschbataillone della Landsturm erano appunto truppe ausiliarie.) ), partì per il campo da Zirl, nei pressi di Innsbruck, pochi giorni prima del Natale 1915. Aveva 38 anni, un'età che in tempo di pace poteva consentire a un uomo di dedicarsi serenamente al lavoro e alla famiglia. Invece le ragioni della guerra lo chiamavano nell'esercito, ben lontano ancora da quei 50 anni che proprio nel maggio 1915 erano diventati limite di età per i bandi Landsturm.
Così anche il contadino Felice Roner, inquadrato nella K.K. Landsturm - Infanterie, Bataillon 162, III Kompanie, fu portato, dalle necessità belliche, in luoghi lontani.
Felice non visse le tragiche esperienze galiziane di moltissimi altri militari, essendosi venuto a trovare generalmente nelle retrovie; ciononostante non gli mancarono preoccupazioni e privazioni.
Per il suo comportamento esemplare fu decorato con la croce d'onore. La sua fiducia negli Asburgo era assoluta, così come l'avversione nei confronti degli italiani responsabili, se non altro, di aver portato la guerra a casa sua con le funeste conseguenze che tutta la famiglia stava vivendo.
Di Felice sono conservati un centinaio di scritti, destinati quasi tutti alla sorella Catina; vi troviamo un certo numero di cartoline illustrate, le altre sono cartoline militari.
Noi leggeremo quelle riguardanti la sua esperienza di uomo-contadino prestato alla guerra.
Felice fu piuttosto parsimonioso nello scrivere, essenziale, interessato quasi esclusivamente ai suoi e alla sua terra, e marginalmente a ciò che avveniva attorno a lui.
Troviamo riferimenti agli eventi bellici nelle illustrazioni che spediva a casa (ma sul retro scriveva: «Fatemi sapere se la vacca del santolo Antonio Capraro ha fatto bene»).
I pensieri del contadino-soldato erano continuamente legati alla casa, ai familiari, ai parenti, ai conoscenti, al tanto desiderato rientro nel proprio piccolo mondo, di tutti il più bello. Queste aspirazioni le troviamo ancorate alla preghiera e alla fiducia in Dio e nella Madonna.
FELICE RONER
DAGLI SCRITTI
[1915]
2 dicembre. Partiti da Zirl siamo arrivati a Bruneck e poi, ripartiti, siamo arrivati in un paesetto ai confini del Tirolo.
21 dicembre. Oggi parto per il campo.
[1916]
11 gennaio. Ho passato l'ultima notte dell'anno sul posto di guardia in faccia al nemico.
19 gennaio. III Compagnia, I Zug. C'è anche Giuseppe Zampedri.
22 febbraio. Ti prego di mandarmi un paio di manofole che i guanti sono rotti e qui fa freddo.
8 aprile. È venuto a trovarmi il Posta i Narciso, ferito in Russia, quello che ha il palù vicino al nostro.
30 aprile. Io mi sono sognato tante volte di casa, che andavo dietro agli animali. Iddio ci dia la grazia di trovarci tutti riuniti.
30 aprile. Nel paese di Roncegno ci sono italiani, ma vengono respinti con gravi perdite dai nostri valorosi soldati.
7 maggio. Adesso ho cambiato posto, e porto roba per la compagnia e di notte dormo.
4 giugno. Ho sempre a cuore la messa, la comunione e le preghiere.
3 luglio. Gli italiani sono fuori dalla Valsugana, ma nel ritirarsi hanno bruciato tutto; i nostri hanno fatto un gran bottino a Borgo e gli italiani hanno abbandonato tutto. E adesso hanno nominato nuovi ministri e domandano la pace.
11 luglio. Più che ci fa paura [riferita alla sua casa di Roncegno] è l'artiglieria italiana.
29 agosto. Ho scritto al Luigi ma le cartoline mi sono venute respinte: o che è prigioniero o che Dio l'ha chiamato. Dobbiamo rassegnarci ai voleri di Dio.
15 settembre. La zia Giovanna mi scrive che il Gigio è prigioniero ... Quanto ho pregato la Madonna che mi difenda dai pericoli.
24 settembre. Mi ha scritto la Pierina di Levico che in agosto ha letto su un foglio che uno di Roncegno, Roner Luigi, è prigioniero in Russia. Sarà il nostro Gigio?
7 ottobre. Domani 8 ottobre Santa Brigida, la nostra sagra.
[1917]
15 gennaio. Sono a Lavis dal Bonvicino Antonio e con me si trova anche un nostro paesano Pompeo Ticcò.
8 febbraio. Fatemi sapere se la vacca del Santolo Antonio Capraro ha fatto bene.
20 febbraio. Sono contento che la vacca del Toni la è andata bene.
25 febbraio. Spero che mi manderete qualche cosa da mangiare, del pane o altro.
20 marzo. Il pane che mi hai mandato lo ho ricevuto e cominciava a fare la muffa.
27 marzo. Adesso mi trovo a riposo a Niederdorf per quattordici giorni.
12 aprile. Al Paolo Dalprà è morta un'altra bambina (Paolo Dalprà e Catterina Montibeller persero il 3 aprile 1917 la figlia Carmela di 11 anni, il 5 aprile 1918 la figlia Linda di 16 anni e il 29 aprile 1918 il figlio Giuseppe; rimasero tutti e tre nel camposanto di Niedermühl in terra boema, dove la famiglia era profuga.).
17 maggio. Il giorno sedici di marzo ho compiuto i miei quarant'anni.
27 maggio. Per la pace abbiamo sempre coraggio, ma paura non manca.
13 giugno. Ti mando questa cartolina che è il ritratto del nostro amato imperatore.
2 agosto. Il giorno dopo che sono arrivato alla compagnia ho ricevuto la croce d'onore di guerra.
[Il 10 agosto la sorella suor Scolastica scrive a Felice: «Me ne congratulo per la tua decorazione. Fa con amore i tuoi doveri e ti chiamerai sempre contento.»]
23 agosto. Sul Risveglio del 17 agosto vi era un articolo sulla guerra in Valsugana.
30 agosto. Domenica passata ho giocato ai zoni e ho ricevuto un litro di vino buono di bottiglia e sette sigari.
[1918]
17 febbraio. Adesso che la Russia ha fatto la pace vegnerà anche il Gigio a casa.
25 febbraio. La Rosa Pola mi manda un "paneto."
25 aprile. Anche il Pietro Rover l'è morto.
29 aprile. Ieri in chiesa hanno cantato il Te Deum per la nostra imperatrice Zita. Che Iddio la conservi a lungo per il nostro bene.
18 agosto. Mi è venuto fuori un reumatismo a levare due casse e adesso sono all'ospedale. Speriamo di guarire presto.
2 settembre. Mi ha scritto anche il toseto del Francesco Dalprà, che adesso va agli studi magistrali in Moravia.
Felice purtroppo non guarì. Morì il 20 settembre a Pranzo, villaggio nel comune di Tenno, sulla strada che da Riva del Garda porta a Campi. Lì trovarono dimora le sue spoglie.
ZIA GIOVANNA
Giovanna Gaudenzi era la sorella di mamma Appollonia, di lei molto più giovane. Nata nel 1868, aveva 47 anni nel 1915.
La troviamo inizialmente in servizio presso alcune famiglie di Trento e poi dal febbraio 1916 infermiera all'ospedale Santa Chiara.
Di lei dice Luigi (2 settembre 1915):«Zia Giovanna mi scrive di frequente e mi ha mandato molte cose. Lei si disturba anche troppo per me, certamente le sarò obbligatissimo.»
Di zia Giovanna sono rimasti 74 scritti, dai quali si capisce il suo ruolo: aiutare, pregare ((sono stata a far celebrare 22 messe»), intrattenersi un poco con i nipoti che, sperduti in luoghi lontani e forse nel pericolo, avevano bisogno di incoraggiamento e d'affetto.
Essendo il loro contenuto, per quanto interessante, propriamente familiare, fedeli a quanto ci, siamo proposti, tralasciamo a malincuore di tenerne conto.
"CON LE LACRIME AGLI OCCHI LEGGIAMO LE TUE CARTOLINE"
CATTARINA (CATINA)
Trentaquattrenne, Catina si trovò con il padre e la madre sfollata a Roncogno, prima presso casa Girardi e poi a maso Moretta. Di tutta la famiglia divenne il perno attorno al quale girò la corrispondenza riguardante gli sfollati rimasti in Tirolo e i militari l'uno dall'altro lontani.
Con Luigi, Giuseppe e Felice Catina rivive le feste gioiose «che ora ci tocca passare lontani dal paese e smembrati»; dice della casa, dei familiari presenti e degli assenti. Comunica l'invio delle piccole cose richieste: le manopole, le Feldpost, le castagne ...
Esorta alla speranza, alla pazienza, alla fortezza d'animo, alla fiducia. A Felice: «Fa' il tuo dovere per amore di Dio, sopportando con rassegnazione i suoi voleri, la croce sarà molto più leggera.»
Manifesta sollecitudine per la sorte di chi si trova in pericolo. Infonde fiducia: «la Provvidenza che veste il fiore del campo e nutre l'uccello dell'aria penserà anche per noi», nonostante la lontananza da casa e l'abbandono della campagna, prima feconda e generosa ora inselvatichita e arida.
Dagli scritti di Catina giunti a noi (che naturalmente sono solo una piccola parte di quelli da lei spediti) prendiamo quel poco che rientra nell'argomento "guerra" di cui ci stiamo occupando tralasciando ciò che è inerente solo alla vita familiare.
Dedico una chiosa alla bravura dimostrata da Catina nello scrivere. In possesso unicamente di licenza di scuola elementare (con obbligo scolastico a 14 anni), riesce ad esprimere efficacemente i contenuti e i sentimenti che intende comunicare, dando alla forma una straordinaria correttezza sia per quanto riguarda i segni grafici sia l'uso della punteggiatura. La bella scrittura, d'altri tempi, contribuisce a rendere gradevole la lettura.
DAGLI SCRITTI DI CATINA
[1916]
10 aprile. Pazienza: a che hanno giovato l'anno scorso tante fatiche e sudori e fare una bella entrata, altro che a maggiormente accorarci per la partenza?
5 maggio. Gigio scrive ogni due giorni.
Silvio Capraro è ferito alla testa e si trova a Lublino.
24 maggio. Abbiamo speranza di andare a casa presto; buone notizie ci giungono dal nostro paese: tra poco gli italiani saranno fuori dai nostri confini, e noi potremo andare, dopo tanto tempo, a casa.
13 giugno. Ieri è venuto a trovarci il Beppi, passammo così una giornata assieme; sembrava molto bello vederne almeno uno dei suoi.
19 luglio. Speriamo presto nella pace, parrebbe per agosto ...
24 luglio. Dice il "Risveglio" che per il1 o di agosto si preparano grandi manifestazioni per la pace negli stati neutrali, stiamo a vedere come andrà.
12 agosto. Non si sa quando si andrà a casa, se quest'anno o un altro, si ha quasi perduta la speranza. Buone voci corrono sempre ma non si effettuano mai.
16 agosto. Il Gigio ci ha scritto in data 22 luglio e poi più niente. Una delle mie cartoline che gli avevo mandato mi è venuta di ritorno. Stiamo in pena: che ne sarà di lui? forse sarà prigioniero? chi lo sa?
27 agosto. Abbiamo ricevuto una cartolina dalla famiglia dell'Amedeo Oberosler, in cui si chiedeva se sapessimo qualche cosa di suo figlio, sapendo che si trovava in compagnia del nostro Gigio.
30 settembre. Il giorno 20 alle 8 di sera Beppi dovette partire da Trient dove si trovava così bene, e dopo due giorni e due notti di ferrovia arrivò a Schärding.
6 novembre. Gigio, con Amedeo Oberosler e altri 30 di Roncegno furono fatti prigionieri in Russia.
Le campane di Borgo sono state dai nostri soldati condotte a Trento e l'urna con il corpo di San Prospero si trova nella chiesa dei Francescani di Pergine.
[1917]
1 febbraio. Voci di pace circolano sempre, speriamo in primavera di andare a casa.
15 marzo. Il nostro Beppi si trova al campo in Polonia russa, non ancora sulla linea del fuoco, ma poco lontano.
5 giugno. Coraggio sempre.
10 giugno. Felice e Giuseppe sono al campo. Sembra che spirino migliori aurette e abbiamo fiducia che rimpatrieremo presto.
13 luglio. Felice è in permesso da noi dal 9 fino al 26 luglio: aiuta papà nei suoi lavori.
10 agosto. [A Luigi]. Con le lacrime agli occhi leggiamo le tue cartoline. Oh!, quanta compassione ci fanno le tue sofferenze. Quanto più gravi sono le disgrazie successe, tanto più ammiriamo la mano benefica di Dio che ti ha così miracolosamente salvato.
15 agosto. Troppo lungo è l'esilio, la misura è al colmo e presto traboccherà.
15 agosto [Da Roncogno ai parenti Boccher a Mitterndorf; Catina fa il resoconto delle vicende riguardanti i suoi tre fratelli militari.]
Beppi è ammalato dagli ultimi di giugno in qua con febbre presa in Volinia; fu là all'ospedale, poi in Galizia e adesso in un ospedale della Moravia, dice di sentirsi meglio nell'ultima sua, scrive ogni giorno.
Gigio scrive anche di spesso, adesso sta bene, ma ha sofferto tanto! Prima la vita di campo, poi il giorno della sua prigionia fu ferito alla testa da un pezzo di granata che doveva restar morto. Fece quel lungo viaggio di 9 giorni a piedi e 7 di treno colla testa fasciata. Una cosa strana gli successe a Tambov mentre stava nel fiume al bagno, e a Snamenka il giorno 22 febbraio, lavorando nel bosco gli cadde addosso una grossa pianta, ormai si credeva perduto, di metà in giù il suo corpo era come morto, ci volevano tre uomini a muoverlo nel letto. Adesso dice che sta bene e che va al lavoro, ma nessuno può credere ciò che ha sofferto.
Alla Vazzena cresce l'erba anche nella corte; la casa è spogliata di tutto, con tutto quello che si aveva ora si è privi di tutto, ci vuole un capitale a comprarsi qualche cosa.
22 agosto. Il papà, per la via dei monti, poté arrivare a casa: la casa è deserta e spogliata di tutto, l'erba è alta anche nella corte, vi sono tanti frutti; il papà ha detto che sarebbe meglio laggiù lo stesso.
I profughi che sono fuori là, adesso possono, se non nel loro paese, almeno venire in questi dintorni a respirare le nostre arie.
8 settembre. Lontano dalla patria è morto anche Bortolo Montibeller, nostro confinente alla Vazzena.
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