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"NON MI DIMENTICO DI SPEDIRE DUE RIGHE AI MIEI CARI LONTANI"
GIUSEPPE RONER
dalla corrispondenza dei fratelli Roner
di Vitaliano Modena
Partito da casa l'1 settembre 1915, a 31 anni, Giuseppe fu reclutato nella Landsturm Arbeiterabteilung (Arbeiterabteilungen: erano reparti di lavoratori (anche civili e militarizzati) che collaboravano con grandi unità dell'esercito per fortificazioni, apprestamenti bellici, attività di produzione e di servizio.) III/IV, prestò attività lavorativa in Pinè, in Valsugana, a Lavarone, in Valle dell'Adige. La relativa vicinanza a Roncogno gli permise allora di utilizzare i permessi per andare a trovare i familiari colà sfollati.
Passò in seguito nei Landesschützen (3° reggimento, II compagnia, III Zug Reclut). Da Trento partì il 20 settembre del '16. Due giorni dopo si ritrovò a Schärding, nell'Austria Superiore in riva all'Inn, 45 chilometri a nord di Braunau (cittadina che raggiunse visitando il campo che raccoglieva profughi trentini).
Dopo quattro mesi Giuseppe fu assegnato alla 27a Marsch-Kompanie del I regg. Landwehr Infanterie (Facevano parte dei Marschbataillone, battaglioni formati da complementi che servirono a completare le unità dell'esercito all'atto della mobilitazione e successivamente a rimpiazzarne le perdite. I Landesschützen del Tirolo furono incorporati nella K.K. Landwehr nazionale.), venne trasferito prima a Vienna e quindi in Volinia, non lontano dalla linea del fuoco. Non entrò in combattimento.
Dopo il lungo inverno arrivò piano piano la stagione dei germogli. La terra fertile dei campi era «leggera come la cenere», bella da lavorare, priva dei sassi che invece da noi la rendono spesso faticosa. Ma era pur sempre terra estranea: «Non mi fa gola niente, benedette le nostre terre fra le alte rupi del Tirolo.»
Frequenti le sue annotazioni sulla campagna, sul modo diverso di far uso del terreno agricolo, sulla propensione a non allevare il bestiame. E sulle manifestazioni della natura: il vento fastidioso, la lunghezza interminabile del giorno estivo e la brevità della notte, l'aridità delle zolle ...
Per un periodo, Giuseppe poté contare sull'amicizia di due commilitoni compaesani, addirittura vicini di casa alla Vazzena, con i quali amava stare la sera: com'era consolante sedere e parlare tra conterranei in quelle terre lontanissime! Poi la solitudine. Non più un volto conosciuto e un pensiero da condividere.
Era consolatorio ricevere e spedire posta, entrare in relazione con i suoi oltre il tempo, lo spazio e le contrarietà.
GIUSEPPE RONER
Un giorno notò un malessere subdolo: comparve proprio la vigilia di San Pietro, patrono di Roncegno. Il ricovero in ospedale non gli ridiede la salute. Ebbe conforto dai compagni, dal cibo abbondante, dalle «pere dolci come l'uva moscatella.»
Giunsero le ultime notizie da casa, più importanti di mille corone. Spedì l'ultima cartolina. I giorni terreni di Giuseppe spirarono il 31 agosto 1917 nel Reservespital di Leipnik (in Moravia).
Dell'abbondante corrispondenza di Giuseppe prendiamo ciò che è attinente alla guerra e all'animo del soldato lontano, che desidera soprattutto la pace e la sua casa.
Talvolta i destinatari sono i genitori, più spesso la sorella.
DAGLI SCRITTI
[1915]
5 dicembre. Mi rincresce del fratello Felice che dovette andare al campo. Avete pensato bene di affittare alcune bestie perché dopo la guerra valeranno un tesoro.
6 dicembre. Ai 4 settembre sono arrivato a Miola di Pinè dove ho ricevuto lavoro subito: ricevevo 52 centesimi l'ora. Ai 15 ottobre sono partito da Piné per destinazione ignota. Mi rincresce tanto che avete dovuto abbandonare la patria: piuttosto che venire maltrattati dagli italiani meglio così.
15 dicembre. Mi trovo col Dandrea Alessandro Luigi e col Carlo Capraro.
Scadendo presto le feste di Natale vi mando questa cartolina per farvi sapere che io le passerò sul campo in mezzo alle selve. Qui si lavora tutti i giorni dalle stelle alle stelle. Vi auguro buone feste e buon Capodanno. Spero che la pace sia vicina. Datevi coraggio, non pensate troppo alle faccende di casa, alle robe di questo mondo.
[1916]
6 gennaio. Vi auguro un buon carnevale, anche se sarà un carnevale molto triste, che di compagni non ne avete mai passato. Portate pazienza e datevi coraggio, che verrà il giorno che terminerà anche questo flagello e speriamo di ritrovarci tutti assieme a Roncegno.
8 gennaio. Oggi sono andato alla visita militare. Il dottore mi ha dichiarato abile a prestare servizio militare. Il giorno della consegna non è ancora destinato: sappiamo soltanto che scade nel mese di febbraio. Quando vado a consegnarmi, spero di ricevere alcuni giorni di libertà e allora vengo a trovarvi. Prepara mi due o tre paia di calzetti.
19 gennaio. Mi trovo assieme a Pietro Dalcanale, Celestino Sartori, Giovanni Postai di Roncegno, Paolo Bonella di Ronchi, Giuseppe Divina e Emilio Bastiani di Borgo, il Dandrea e il Capraro.
Alla sera facciamo filò tutti assieme.
3 febbraio. Speravo di ricevere alcuni giorni di libertà per venire a trovarvi, ma invece niente, partiamo. Pazienza, verrà il giorno che terminerà anche la guerra.
13 febbraio. Oggi sono stato ad ascoltare la S. Messa e la predica del cappellano militare in una piccola chiesa, e dopo mi sono messo ali'opera a uccider pidocchi; ne uccido una trentina al giorno e ne nascono una cinquantina: dunque è impossibile distruggerli.
L'altro giorno il mio capo Ravagni veniva chiamato a prestar servizio militare a Wels.
Adesso mi trovo in un'altra compagnia: il mio capo è un tedesco e si chiama Sardini.
Giovedì scorso ho guardato giù dove ti trovi coi genitori [Roncogno] e ho veduto che neve ce n'è poca o niente.
Sempre coraggio che il male è di passaggio.
25 marzo. Per quest'anno ormai le campagne resteranno da seminare e le viti da coltivare. Ma portiamo pazienza e speriamo ...
12 aprile. Mi rincresce che il fratello Luigi sia tornato al campo. Speriamo che torni ancora sano e salvo.
Fammi sapere di quel po' di bestiame, se lo avete ancora o se l'avete venduto.
22 aprile. Dopo sei mesi che mi trovavo al campo ora mi trovo in paesi dove le ciliegie e l'uva sono in piena vegetazione [in valle dell'Adige]. Mi pare un altro mondo non sentire il rombo dei cannoni.
30 aprile. Adesso lavoro in città.
1 giugno. Giacomo Simoni dei Rori e Giovanni Dalsasso degli Speccheri sono morti in Moravia.
24 settembre. Il giorno 19 alle ore 11.30 ho ricevuto la carta di richiamo: alle ore 6 dovevo consegnarmi al comando di Trento. Il giorno 20 alle 8 di sera sono partito da Trento e dopo due giorni e due notti di ferrovia sono arrivato a Schärding. Ho fatto buon viaggio: alle grosse stazioni ho trovato da mangiare quello che desideravo. La squadra alla quale appartengo è tutta di trentini, gente allegra.
Io godo buona salute e il tempo è bellissimo. Pane ne trovo quanto ne desidero e buono.
16 ottobre. Questa sera finalmente dopo tanto aspettare mi giunse la tua prima cartolina [è della sorella]: mi è cresciuto il cuore ricevere notizie dai miei adesso che mi trovo così lontano.
Se ricevete il permesso di andare alla Vazzena fatemelo sapere subito.
20 ottobre. Cara sorella, finché resto qui me la passo benissimo tanto per il vitto che per la compagnia. I miei compagni sono tutti fiammazzi allegri, che cantano giorno e notte.
25 ottobre, Salorno. Domenica 22 mi è venuto in testa di andare a domandare il permesso per venire ancora una volta in Tirolo prima di andare al campo. Lunedì ho ricevuto la carta con 21 giorni di permesso e subito sono partito da Schärding e martedì alle 3 pomeridiane sono arrivato a Salorno e ho trovato subito padrone. Qui sto benissimo. Ho conosciuto anche il vino teroldego: mi fa scantinar le orecchie. Il giorno 13 novembre devo consegnar mi di nuovo alla compagnia a Schärding.
1 novembre. Oggi a mezzogiorno ricevetti la tua cartolina del 31 che mi portava la bella notizia che il nostro Luigi è vivo e prigioniero: il nostro aspettare e sperare in bene finalmente si è avverato.
Qui si parla, a prima voce, di una pace vicina: speriamo.
15 novembre. Domenica sono partito da Salorno e ora mi trovo ancora a Schärding, non più nelle reclute ma nel trasporto. Qui c'è un Moggio che abitava al maso Roneri e un Pitola, Vigilio Giovannini, di Roncegno. Speriamo che la guerra termini presto sennò mi toccherà andare in Galizia.
19 novembre. Il Moggio e il Pitola di Roncegno sono tutti due nella mia compagnia.
13 dicembre. Adesso mi trovo a Braunau e qui resterò fino al 20 del corrente mese. Poi ritornerò a Schardinq. Il viaggio è durato tre giorni. A Braunau ho veduto le numerose baracche dove si trovano le famiglie fuggite dal Tirolo: aspettano anch'essi il giorno della pace per tornare alla casa natia fra i monti del Tirolo.
[1917]
23 gennaio. Dopo quattro mesi che mi trovo a Schärding ora è giunto il momento della partenza.
Domani andremo a Vienna. Là pare che si resti pochi giorni e poi andremo al campo, probabilmente sul fronte russo.
27 gennaio. Mi trovo a Vienna nella 27a Marschkompanie. Ho cambiato reggimento, non sono più coi Landesschützen, ossia coi bersaglieri, ma sono nel I reggimento Landwehr Infanterie. Siamo ancora 33 tirolesi in compagnia. Fra poco tempo andremo forse in Polonia.
26 febbraio. Il giorno 23 sono partito da Vienna e oggi sono arrivato in Polonia russa. Non so quando andrò sulla linea del fuoco, però è poco lontana perché sento il rombo dei cannoni.
15 marzo. Qui è ancora inverno: vento e neve tutti i giorni. Io sono ancora di riserva e me la passo abbastanza bene. Vi ringrazio degli auguri che mi avete spedito per il giorno del mio onomastico. Questa volta la festa di S. Giuseppe la passerò magra, trovandomi in Polonia (Volinia). Ebbene, portiamo pazienza.
Penso sempre a te e ai genitori che forse dovete patire la fame; se avete ancora pecore, uccidetele: la carne vi terrà un po' in forza; non lasciatevele rincrescere.
25 marzo. Qui ho trovato un triestino, mi dice che è stato 11 mesi in compagnia del nostro fratello Luigi.
Adesso comincia a cessare il freddo, disgelano i ghiacci e le nevi. Qui non si vede un sassolino nemmeno della grandezza di un granello d'orzo.
2 aprile. Qui ho trovato Paolo Boccher, detto S'ciaù, di Santa Brigida. Domani andrò a trovare Arcangelo Boschele dei Rozzati.
5 aprile. Qui ho trovato due tirolesi che mi dicono che sono stati per 7 mesi in compagnia del nostro fratello Luigi, proprio qui vicino a dove mi trovo io.
6 aprile. Ieri sera, in compagnia di Paolo Boccher sono stato a trovare Arcangelo Boschele dei Rozzati. Domenica, giorno di Pasqua, passeremo la festa tutti e tre in compagnia. Che bello è trovarci fra conoscenti e paesani in queste terre lontanissime!
Desidererei sapere del bestiame, se avete potuto sostenerlo in qualche maniera o se avete dovuto diminuirlo.
Coraggio sempre che fra pochi mesi ha da terminarsi e speriamo di trovarci ancora presto nelle nostre terre.
8 aprile. Anche oggi, giorno di Pasqua, vi mando un saluto da Ladimir, Volinia.
19 aprile. Qui i giornali parlano bene, tutti sperano che fra poco tempo ci sarà la pace. Io sono sano. Qualche giorno vado in campagna; lavorare qui è un divertimento, la terra è come la cenere, non si vede un sassolino, è tutto pianura come un tavolo, ma non mi fa gola niente, pur benedette le nostre terre fra le alte rupi del Tirolo. Il vento non si dimentica di fare la sua visita ogni giorno.
30 aprile. L'Arcangelo Boschele è qui vicino a me adesso, e passiamo in compagnia le sere; ci facciamo una chiacchierata e una fumata. Anche il Boccher lo ho sempre vicino.
Finalmente il vento è un po' cessato, non si sente quell'aria rabbiosa che soffia. Nei prati i denti di cane paiono seminati e noi ne mangiamo tutti i giorni. In questi paesi non si curano di lavorare la terra come da noi, la lasciano mezza viegra [incolta], non hanno nemmeno un piccolo orto vicino alla casa. Non hanno alberi fruttiferi, non c'è altro che qualche pero non calmo vicino alle case, folto di ramaglia, pare che siano senza padroni.
Non tengono né pecore né capre né maiali per non aver da lavorare.
3 maggio. Qui si parla bene, pare che la pace sia vicina. Coraggio, che fra pochi mesi sarà troncato il filo della guerra.
23 maggio. Anche oggi, prima del tramonto del sole, ti spedisco due righe.
Qua le nuvole si dimenticano di bagnare le campagne, ma non mi dimentico io di spedire due righe ai miei cari lontani.
Il vento porta via la terra, i prati diventano rossi per mancanza di pioggia.
Sono contento nel sentire che i nostri fratelli hanno scritto tutti due. Il Boschele è partito di qua, chissà per dove; adesso di ronzegnari non c'è qua altro che il Paolo Boccher.
4 giugno. Questa volta ti mando una cartolina illustrata che rappresenta tre donne russe in barca.
8 giugno. Il Boschele è partito da undici giorni, adesso parte anche il Boccher, così resto senza nessun conoscente, senza nessuno che parli la mia lingua. Ma per questo non importa, basta che resti ancora qua un pezzo.
Qua alle ore una e mezza comincia a farsi vedere l'alba: il sole dura 17 ore al giorno. Il caldo continua, ma non piove.
16 giugno. Adesso sono arrivati sei tirolesi qui con me e venti ronzegnari sono due minuti distanti da me. lo qua mi trovo bene tanto di salute che per il resto. Non ho ancora veduto il nemico.
Datevi coraggio, non pensar tanto alle rovine delle nostre campagne, che se ci troveremo vivi e sani dopo la guerra saremo capaci ancora di guadagnare denari da mettere in agricoltura.
1 luglio. La vigilia di S. Pietro mi sentivo poco bene e allora sono andato dal medico e questo mi ha mandato all'ospedale di campo, non so se resterò poco o tanto.
15 luglio. Ti faccio sapere che sono stato trasportato col treno in Galizia. Sono sempre con la mia solita febbre; l'appetito non l'ho ancora perduto.
28 luglio. Anche se non ricevo più tue notizie io non mi stufo lo stesso a scrivere. Oggi vengo a te con due righe per farti sapere che io dolori non ne sento; sono debole e ho la febbre. Questa mi batte per lo più dopo mezzogiorno, certe mattine non ne ho niente. Le notti dormo, sto meglio e le mosche mi lasciano in pace. Ho due compagni che vengono ogni giorno nella mia cameretta a trovarmi.
2 agosto. Ora mi trovo, dopo un lungo viaggio, in un altro ospedale, nel Reservespital di Leipnik.
Il viaggio che ho fatto per arrivare fino a qua è andato abbastanza bene: avevo il mio paion e da mangiare ne ricevo a sazietà. La febbre mi perseguita come prima. La seconda mattina che ero sul treno ho sentito le campane suonare: che bel suono! Prima non sentivo che pum, pum, pum.
Qua, poco distante da me, devono trovarsi quelle famiglie di Roncegno che sono fuggite dalla loro casa due anni fa.
4 agosto. Oggi sono stato bene tutto il giorno, la febbre mi batte poco, non sento dolori per la vita. Ho cambiato medicine e son contento che il dottore che mi cura parla la mia lingua. Per il vitto mangio cibi da signori. Ieri ho mandato il mio compagno a comperarmi le pere, erano tanto buone, ho voluto assaggiarle anche quest'anno.
7 agosto. Ieri, alle nove di mattina, il dottore mi ha fatto un'operazione: mi ha conficcato una cannetta sotto il braccio destro e poi, con la pompa, mi hanno estratto due litri di acqua. Lascio pensare a te che dolori in quegli alcuni minuti. Oggi sto meglio, in certe ore non mi pare nemmeno di essere malato.
9 agosto. Anche oggi, prima che levi il sole, ti scrivo due righe per farti sapere che sono tre giorni che sto proprio bene. Mi hanno cresciuto ancora il mangiare, ricevo carne di maiale tritata, uova, burro fresco e altri cibi, pane bianco quanto ne voglio e un bel pezzo di torta.
Ieri dopo mezzogiorno i miei compagni mi hanno portato il letto fuor dall'ospedale all'ombra per ordine del medico. Mi piace tanto star fuori, c'è un'aria fresca. Coraggio sempre, se ne sono terminate tante, terminerà anche questa.
13 agosto. Ieri alle 9 del mattino mi hanno fatto la seconda operazione; non ero ancora guarito dalla ferita della prima, ed è stata fatta nel medesimo posto. Questa volta mi hanno estratto tre litri di acqua.
15 agosto. Ho ricevuto le tue cartoline e una dalla zia, dopo 50 giorni che non avevo più notizie; per me è stato come aver trovato mille corone avere notizie dei miei.
Io sto abbastanza bene, dolori non ne sento, altro che quelli delle ferite delle operazioni.
16 agosto. Adesso qua ho un altro compagno, sono in mezzo a due che parlano la mia lingua: a sinistra ho un triestino buonissimo, sempre pronto a farmi qualche piacere; a destra uno di Pergine che ha male a una gamba e deve star sempre a letto. Alla sera vengono quelli delle baracche a trovarci.
18 agosto. lo di notte dormo e anche alla mattina sto bene. La febbre mi batte ancora alcune ore dopo mezzogiorno, ma poco. Il giorno 15, della Madonna, mi sono comperato mezzo chilo di pere: erano così buone che in cinque minuti l'avevo mangiate tutte; sapevano quel gusto come di uva moscatella. Io non ho mai mangiato pere così buone. Ci sono anche prugne gialle e nere, ma di queste non ne mangio perché potrebbero farmi danno.
25 agosto. Vengo anche oggi con due righe per farti sapere che il dottore mi ha detto che miglioro ogni giorno, che ormai la burrasca più grossa è passata.
27 agosto. L'altro ieri, il 25 corrente, il dottore mi fece la terza operazione, questa volta al fianco sinistro. Adesso sto bene. Il dottore mi ha detto che da oggi in poi avrò il cognac e il vino per poter fare un po' di forza.
Pochi giorni dopo aver scritto questa cartolina, il 31 agosto, Giuseppe Roner morì in quella stanza d'ospedale.
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