Gli arresti - Gruppo Alpini Roncegno

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Gli arresti

La 1a G.M.



GLI ARRESTI

di Vitaliano Modena




Il dott. Giorgio Gionzer ricorda:
Il 20 maggio 1915 mio padre era in farmacia. Entrò il sergente dei gendarmi e gli disse: "Le do un'ora di tempo per prepararsi la valigia. Poi mi seguirà". Portando poche cose con sé, fu accompagnato a Trento al castello del BuonconsiglioLà fu processato e inviato a Katzenau.

E Paola Colleoni dice di suo suocero, Massimo Dorighelli:
Fu arrestato il 20 maggio, per strada; non gli fu consentito di recarsi a casa a prendere qualcosa. Mia sorella Maria, a servizio presso la sua famiglia, lo raggiunse dandogli un  fazzoletto. E così come si trovava venne portato via. Nel delirio, sul letto di morte, rievocava angosciato le vicende riguardanti il processo e l'internamento.

 

Cerchiamo di collocare queste essenziali informazioni nell'insieme degli avvenimenti che caratterizzarono in quei giorni la vita di Roncegno e del Trentino.
Ventuno roncegnesi
(L'elenco dei roncegnesi internati è riportato alla fine del capitolo in "documenti".) (fra essi la signora Pola con sei figli) furono internati nel campo di Katzenau,luogo di confino posto sulle rive del Danubio nei pressi di Linz: si trovarono in compagnia di circa duemila trentini di cui l'Austria non si fidava perché ritenuti di idee irredentistiche.



Anche se la maggioranza della popolazione era sicuramente di sentimenti favorevoli all'imperatore Francesco Giuseppe, il fatto che l'Italia da alleata dell' Austria stesse per cambiare fronte (e nella primavera del 1915 questo era ormai di dominio pubblico), aveva generato nella polizia austriaca ostilità e diffidenza verso la popolazione italiana dell'impero ritenuta infedele.
"Posti di comando e organi di polizia subodoravano ovunque tradimento, spionaggio e insubordinazione"
(Claus Gatterer, Italiani maledetti, maledetti austriaci, Bolzano, Praxis 3, 1986.).
Così si giunse alla compilazione delle liste di proscrizione che includevano le persone contro cui procedere in caso di guerra con l'Italia, perché ritenute politicamente sospette. "Infatti, immediatamente prima dello scoppio e subito dopo, è stata praticata tutta una serie di internamenti e di confìnamentì", affermò il deputato A. Degasperi nell'interpellanza del 12 giugno 1917.
E denunciava, in quell'occasione,come nella maggior parte dei casi l'internamento fosse stato operato senza una ragione plausibile, senza alcuna infrazione di legge.
Degasperi indicò anche una graduatoria di categorie di persone maggiormente sospettate: sacerdoti, medici, avvocati, insegnanti, possidenti; ma non mancavano contadini e artigiani.
"Si può perciò parlare", dice Gatterer, "senza esagerare, d'una decapitazione spirituale della nazionalità in Austria. Alle autorità militari e di polizia austriache erano evidentemente sospetti d'irredentismo tutti coloro che si levavano dalla media. Ogni intellettuale ... era portatore del virus irredentistico ",
E quando la guerra era ormai cosa fatta, l'avversione diventò odio accanito.
Scrive Aldo Gorfer
(Aldo Gorfer, La prima guerra mondiale e il Trentino,Trento,Provincia Autonoma -Quaderni de "Il Trentino" n.17 (sett. 1969).): "La violenta campagna antitaliana scatenata nel maggio 1915 è uno dei sintomi del malanimo (che del resto era reciproco) dell'Austria la quale scorgeva nella decisione di Roma la ripresa della lotta, nel senso risorgimentale, per la conquista dei territori austriaci di nazionalità italiana dopo un'alleanza che durava dal 1882".



Augusto Tommasini (Augusto Tommasini era il genero di Giovanni Froner, podestà di Roncegno. La mobilitazione generale ordinata dall'imperatore d'Austria il 31 luglio 191410 richiamava alle armi: entro ventiquattr'ore doveva consegnarsi al deposito di Bolzano. Accantonata l'idea, divenuta irrealizzabile, di fuggire in Italia, si presentò il primo d'agosto in quella città con la determinazione di imboscarsi in qualche modo, preferendo la penna al fucile. Riuscì nel suo intento e venne inviato quale interprete protocollista presso il tribunale di Trento. Prestò in questa veste giuramento il 4 settembre 1914. Raccolse le sue esperienze nel libro "Ricordi del tribunale di guerra a Trento 1914 1918", utile per capire fatti, personaggi, situazioni, aspirazioni, drammi umani del tempo, che ebbero per epicentro il tribunale di guerra a Trento. Dalle narrazioni e dalle riflessioni del Tommasini traspare il suo animo nobile, delicato, generoso fino al rischio personale. Dimostrò di considerare l'uomo come valore supremo, al di sopra delle barriere artificiose e occasionali che ne offuscano la libertà e la dignità. Non celò la sua simpatia per gli arrestati italiani, ma altrettanto ebbe stima per quegli austriaci che rifiutavano la barbarie che lo stato di guerra perpetrava in dispregio dei fondamentali diritti umani.) , dalla sua particolare posizione presso il tribunale di guerra di Trento, visse da vicino gli avvenimenti che precedettero immediatamente l'entrata in guerra dell'Italia.  
Ne parla piuttosto estesamente: "Nel maggio 1915, tutti gli i.r. capitanati distrettuali e le gendarmerie del Trentino ebbero l'ordine di completare le liste del P.U.
[Politische Unverlafslìche, sospetti politici], le quali erano già compilate da anni. Ad accrescere le liste dei P. U. contribuiva anche il tribunale militare, dando in nota le persone che nel corso dei processi davano sospetto di italianità.
La potentissima i.r. gendarmeria, basandosi sulle proprie costatazioni o visioni, attraverso lenti italofobe, aveva il potere di mettere nelle liste dei P.U., dandone rapporto ai capitanati, le persone ad essa politicamente sospette. Poteva far questo anche in base a deposizioni fatte dai confidenti della gendarmeria.
Gli innumerevoli intrighi per rancori, odi, gelosie personali erano motivo per arrivare agli orecchi della gendarmeria, a mezzo dei suoi confidenti, che una data persona era di sentimenti italiani.
Se un negoziante comperava merce italiana, era sospetto.
Chi teneva una domestica italiana, o era abbonato a giornali del Regno, o fumava qualche toscano contrabbandato a preferenza di sigari tedeschi, o leggeva libri della Lega Nazionale, o cacciava gli uccelli ecc. era talvolta iscritto nelle liste.
Nei paesi poi, dove la gendarmeria era più potente, le liste erano più grosse e in queste figurava, a preferenza, la classe intellettuale.
Non è dunque da meravigliarsi, se tra le liste dei P.U. si avesse trovato qualche buon suddito austriaco che una frottola o un'invidia vi aveva fatto inserire.
Nelle liste vi erano però in grande maggioranza i veri P.U., coloro cioè che per l'italianità, furono apertamente sostenitori di istituzioni di carattere nazionale e irredentista.
La gendarmeria aveva l'ordine che alla dichiarazione di guerra coll'Italia doveva inesorabilmente arrestare e condurre ben scortati a Trento tutti i P.U. senza indugio alcuno.
Anche se fra questi vi fossero stati degli ammalati, dei vecchi, dei ciechi, dei sordomuti, la gendarmeria doveva procedere (illegalmente) all'arresto".
Riferendosi ai giorni dell'arresto e della prima detenzione dei P.U., fra cui troviamo anche cinque roncegnesi, racconta il Tornrnasìni:
"Ecco che il 21 maggio un nuovo doloroso fatto preannunciava la guerra.
Durante tutto quel giorno giungevano a piedi, con vetture, con auto, in treno delle carovane di uomini e donne da tutti i paesi del Trentino e venivano scortati dai gendarmi con baionetta inastata nelle carceri tribunalizie. Chi erano? Che delitto avevano commesso? Interrogati, dicevano che erano stati arrestati e che credevano di essere messi presto in libertà. [Invece] durante la notte tutti indistintamente circondati da soldati erano stati condotti alla stazione e fatti partire per destinazione ignota".
Tre giorni dopo cominciarono a giungere da Katzenau le prime notizie.
Romano Joris, di Levico, raccolse le sue testimonianze in un libro
(Romano Joris, Katzenau, Trento, Scotoni, 1929.).


Una baracca dell'accampamento di Katzenau

Le vicende narrate sono per noi di particolare interesse, perché si riferiscono a situazioni vissute pure dagli arrestati e internati roncegnesi.
Anche R. Joris venne condotto insieme con altri fermati alla stazione di Levico, dove attesero a lungo l'arrivo del treno.
"Il treno. Eccolo finalmente dopo un'ora e tre quarti: lunghissimo e affollato.
Oltre i passeggeri conduceva nuove reclute ... Si sale in una vettura di seconda classe e ci si fa sedere alternati: un arrestato e un gendarme ... Un treno passeggeri e uno merci ascendenti da Trento s'incontrano col nostro ... Uno dei treni è carico di cucine da campo".
Arrivarono alla stazione di Trento. "Sono le nove. Noi discendiamo gli ultimi. Ci uniamo agli arrestati della Valsugana bassa". Scortati dai gendarmi, essi furono condotti, come si sa, al castello del Buonconsiglio, dove vi rimasero poco.





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25/02/2023
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