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Il "GIORNALETTO" DI GIOVANNI A. BOCCHER
di Vitaliano Modena
Giovanni Achille Boccher (La grafia Boccher si trova così, con la "c" raddoppiata, su una pagina dell'anagrafe parrocchiale e modificata in Bocher su un'altra. Scegliamo la prima.) nacque a Roncegno il 13 aprile 1888.
Era figlio di Nicolò e Rosa Gaudenzi e fratello di Filomena e Luigi. Come la sorella, maestra, anch'egli frequentò la scuola secondaria.
In paese, per gli anziani che la ricordano, Filomena fu una valente insegnante (lo è stata anche di chi scrive), che formò più generazioni di ragazzi al sapere primario e alla crescita intellettuale, morale e civile; per i cultori di storia locale, è l'autrice di un appassionato diario scritto nel campo di Mitterndorf dov'era profuga con i suoi genitori e molti altri roncegnesi, pubblicato nel 1983 (Filomena Boccher, Diario di una maestra in esilio nel Lager di Mitterndorf, a cura di Lenina Boccher e Vitaliano Modena.).
In questo diario troviamo un accenno a Giovannino, così lo chiamavano familiarmente i suoi, alla data del 27 maggio 1917, giorno in cui egli si recò in quell'accampamento per visitarli.
Nella corrispondenza indirizzata ai familiari si firmava prevalentemente Achille.
Noi lo chiameremo con i nomi di battesimo: Giovanni Achille (quest'ultimo abbreviato in A) o con il cognome.
Giovanni A scrisse una piccola cronaca da lui intitolata Giornaletto. È una raccolta di 13 paginette, scritte con matita copiativa e buona padronanza dei mezzi espressivi, in stile lineare, asciutto e essenziale. Esse riportano, a volte sotto forma di appunti, gli avvenimenti di un mese scarso di guerra, il dicembre 1915. Poche, ma interessanti, le descrizioni e le considerazioni personali, che troviamo più frequenti nella corrispondenza che ho aggiunto al diario. Da essa traspare anche il suo stato d'animo di soldato e, specialmente, di uomo.
Peccato veramente non poter beneficiare di una memoria più organica e completa. Per il Boccher, infatti, le vicende belliche erano cominciate prima del dicembre 1915 e non finirono in quel mese: durarono per il tempo del conflitto.
Un esile soccorso ci viene dalla lettura di un certo numero di lettere (13), Feldpost (27) e cartoline illustrate (7), conservate dalla sorella e poi dalla nipote Lenina, che ci consentono di comporre in brevi linee l'esperienza bellica del Boccher.
Nel gennaio 1915 (da qui cominciano le prime notizie) Giovanni A si trovava a Trento "esonerato dal servizio militare a tempo indeterminato."
Il 5 agosto 1915 ricevette la cartolina di richiamo e il giorno seguente partì alla volta di Vöcklabruck. Era inquadrato nel K.u.K. IV Reg. Tiroler Kaiserjäger, prima nella terza poi nella quarta Ersatzkompanie (facente parte delle truppe di complemento), quindi nella Marsch, pronto per l'impiego in battaglia.
A Vöcklabruck rimase fino all'autunno. Il 10 novembre venne a sapere che la partenza per il campo non avrebbe tardato ad arrivare. I giorni che passavano non facevano che accrescere l'angosciosa attesa.
Il 1° dicembre cominciò il viaggio per una destinazione sconosciuta. Giovanni A. vide, dal treno, Budapest, Debreczen e campagne e paludi. Valicati i Carpazi raggiunse Sambor, disseminata dei segni sconfortanti della guerra, e quindi Leopoli. La capitale galiziana, di notte, gli apparve "bellissima": illuminata a giorno, magnifica nei suoi palazzi e nelle ampie strade brulicanti di carrozze e di gente.
Il treno riprese ben presto la sua lenta corsa. Nelle campagne la presenza dell'uomo aveva i caratteri della desolazione, accentuata dalle distruzioni e dall'abbandono. Nessuno sapeva dire dove fossero diretti.
Il fronte, a motivo della grande controffensiva austro-germanica partita ai primi di maggio del' 15 dal settore di Gorlice-Tarnow (che aveva portato alla riconquista di quasi tutta la Galizia e, a sud, della Bucovina), era ritornato grosso modo sulle posizioni del confine russo austriaco anteguerra.
E proprio quel confine dovevano raggiungere. Brody, sulla linea ferroviaria Leopoli-Sarny (quest'ultima in territorio russo) era la città più avanzata verso le linee nemiche, e fu l'ultima stazione toccata dalla tradotta che comprendeva Giovanni A. Più oltre si doveva procedere con marce faticose verso il campo. A quel punto la guerra smetteva d'esser il centro dei discorsi, dell'immaginazione, dell'attesa e diveniva tremenda realtà, lotta implacabile contro i pericoli, le insidie nemiche, il freddo e le condizioni di vita disumane.
I momenti di conforto al campo? Poter scrivere ai familiari e alle persone amiche.
La speranza? Essere ancor vivo all'arrivo delle risposte alle lettere inviate. Anzi, a giorni, essere «ancor vivo stasera.»
Si accresceva ogni giorno di più lo struggimento per quella guerra di cui non vedeva la fine che invocava immediata, perché «per molti il ritardo di un giorno solo è fatale»; e perché i giovani potessero ritornare a «vivere per lavorare anziché per ammazzare i propri simili.»
Da quel campo, imprecisato, Giovanni A. dovette ripartire. Per dove?
A questo interrogativo non risponde il Giornaletto che finisce a questo punto, dopo un mese scarso di annotazioni, lasciando bianche le altre pagine e quasi del tutto insoddisfatta la nostra curiosità.
Sappiamo, dagli altri scritti, che il Boccher fu allora collocato in riserva, lontano dal fronte, fuori dei pericoli del combattimento e lontano dal rombo dei cannoni. In una lettera da lui inviata il 6 febbraio 1916 ai genitori troviamo la sua esasperazione per la guerra che lo induceva, talvolta, a preferire la morte a quei giorni crudeli.
In marzo mandò sue notizie da Vienna, e poi ancora da Vöcklabruck per diversi mesi (con una parentesi da Trento). La salute non era buona, ma un po' alla volta, favorito da un servizio leggero e dalle cure del caso, il suo giovane fisico recuperò.
Tornato presumibilmente sulla linea del fuoco, gli capitò d'essere ferito seriamente alla testa, per cui fu sottoposto a intervento chirurgico. Lo sappiamo dalla parente Catina Roner nella sua corrispondenza del 17 marzo 1917 a uno dei fratelli, in cui dice: «Giovannino mi ha scritto. È ferito. È dal 20 febbraio che viaggia per gli ospedali con mezza palla nella testa, è stato operato e sta benino.»
Giovanni A. superò anche quei momenti dolorosi e si rimise in salute.
Finita la guerra, riprese il suo lavoro all'Intendenza di Finanza di Trento, città dove aveva stabilito la sua residenza. Prese in moglie una giovane di Linz. Venne poi spostato a Ravenna seguendo la sorte di molti pubblici dipendenti trentini trasferiti dalla nostra provincia in varie parti d'Italia per essere sostituiti, qui, da personale di provenienza non trentina (Stessa sorte toccò al roncegnese Giuseppe Dalsasso che fu mandato in Sardegna).
Nella lettura degli scritti del Boccher seguiamo l'ordine cronologico
DALLE LETTERE E FELDPOST
Trento, 12-1-1915
Stamane mi fu partecipato che sono esonerato dal servizio militare fino a tempo indeterminato.
[...] La questione sta nel guadagnare tempo.
Vocklabruck, 12-8-1915
[...] Ai 5 agosto ho ricevuto la carta richiamo, ai 6 sono partito da Trento; dopo lungo viaggio sono arrivato al mio reggimento. Qui ci sono molti da Roncegno, fra i quali Aldo Kofler.
Vocklabruck, 10-11-1915 Carissima [sorella], [...] Temo sempre che i genitori non sappiano adattarsi alla dura vita impostaci dalla guerra. Dì loro che abbiano coraggio. Verso la fine del mese partirò per il campo; stavolta dovrò proprio andare. Abbiate fiducia.
Vocklabruck, 30-11-1915 [...] Domani partirò per il campo.
Vocklabruck, 1-12-1915 [...] Oggi parto per il campo. [...] Fra 10 minuti parto! [è la conclusione di una lettera scritta visibilmente in fretta.].
GIORNALETTO – 1915
DICEMBRE
1 - ore 12,45 partenza dalla stazione di Vocklabruck.
2 - arrivo verso mezzog. a Vienna.
3 - arrivo verso l' 1 pom. a Budapest.
4 - siamo nel centro dell'Ungheria; paludi immense. Qualche capanna qua e là; pochissima neve; sulle stazioni nomi indecifrabili. Tempo bello.
[Con la stessa data Giovanni A. scrisse ai suoi]
«4-12-1915
Carissimi, vi scrivo dal centro dell'Ungheria. Se vedeste che paesi così differenti dai nostri. Pianure sconfinate e paludi enormi. Poche casupole sparse per la pianura. Sto bene. Appena arrivato al campo vi scriverò qualche cosa di preciso.»
5 - siamo arrivati dopo viaggio noioso ai Carpazzi, piccole montagne che sembrano grandi per il brusco passaggio dalla pianura immensa. Si va in Polonia? si va in Bucovina? Dopo Debreczen non è più tanto facile orizzontarsi. Il tempo cambia; un vento freddo soffia con violenza attraverso ai fitti boschi di abeti. Di quando in quando piove, rendendo così il viaggio assai disagevole.
Csorbadomb ore 4,45 pom. Siamo per entrare nuovamente nella pianura galiziana, che differisce ben poco dalla pianura ungherese. Solamente qui si vedono le tracci e della guerra: case abbattute, ponti fatti saltare dall'artiglieria e poi. .. poi la campagna seminata di croci; qualche fossa è ornata da bandiere.
6 - ore 2 antim. S. Nicolò. Sambor! Siamo arrivati a Sambor! Qui le traccie sono più che mai visibili. Case distrutte oppure crivellate di palle. Qui riceviamo tee ed un pezzo di pane, poca roba per gente affamata come noi.
Siamo poco lontani da Leoben; là riceveremo il managgio. Poi. .. poi si andrà avvicinandosi al nemico. Oggi sto abbastanza bene.
Ore 7 pom. Dopo una fermata di circa 5 ore in aperta campagna, ora di notte entriamo a Lemberg. Bellissima città illuminata alla veneziana. Splendidi palazzi illuminati fantasticamente. Via vai di trams, carrozze, [automobili]. Folla di soldati. Molti prigionieri russi: bei ragazzi questi; li regaliamo di qualche sigaro, qualche pezzo di pane, di qualche conserva. Veniamo poi al managgio: 1 conserva, 1 pezzo di pane, tee col rum. Rientriamo nei vagoni.
7 - ora di giorno si distingue meglio le case, i dintorni. Rovine e rovine; il bombardamento ha lasciato buone tracce.
8 - ora dobbiamo viaggiare spesso a grande velocità; si può ben poco osservare. Gente sporca e stracciata.
9 - oggi siamo arrivati all'ultima stazione: Brody. Gran numero di soldati germanici e prigionieri russi. Riceviamo un buon managgio; si parte per il campo. Ho un piede gonfio eppure devo camminare. Dormiamo in una baracca piena di paglia. La proprietaria piange e strilla; teme che appichiamo l'incendio.
10 - marcie faticose; arriviamo; scrivo 4 cartoline. Adesso vengo condotto nella trincea a me assegnata assieme agli altri compagni. Fucilate e cannonate giorno e notte. Bella musica. Sono stanco morto; eppure a mezzanotte riceverò il posto di osservazione fino alle 6 domani mattina.
11 - dura; durissima la vita al campo. Abbiamo lavorato tutta la notte a sgombrare le trincee dal fango; adesso (6 h) dovrò nuovamente andare al posto.
12 - la solita musica.
13 - sembra che la fortuna si volga un po' dalla mia parte. Oggi l'alfiere, un simpaticissimo signore ungherese, m'ha fatto cambiar di squadra; ora sono nella squadra comandata da lui direttamente. Per potermi meglio aiutare m'ha fatto ordinanza della squadra. Avrò poco lavoro e maggior comodità di scrivere ai miei cari.
14 - sono le 7,30 di mattina; appena adesso mi sono alzato dal duro giaciglio. Aspettiamo gli eventi. Fucilate e cannonate.
15 - giornata calma in apparenza; poco lavoro per me; solamente da disegnare.
16 - scrivo a lungo ai miei cari. Ho qui alle spalle un certo individuo che non mi va troppo a sangue. Devo farmi molti riguardi perché potrebbe derivarmi del gran male. Peggio per me. Oggi ho scritto cartoline di auguri. Triste circostanza! Augurare del bene a chi lo gode e non corre nessun pericolo per la vita! Quando mi arriveranno le risposte sarò ancor vivo? Sarò ancor vivo stasera? Qui ogni momento ha i suoi pericoli. Le granate fischiano lugubremente sopra il mio capo. La fucileria invece ha smesso. Oggi sappiamo che ieri alcuni nostri camerati di un'altra compagnia hanno parlato cogli avamposti russi. Sarebbe un buon segno. Poi mi fu detto che ora le lettere non vengono più censurate. Altro buon segno. È certo che questa guerra dovrà terminare e presto; ma intanto i giorni passano, e per molti il ritardo di un giorno solo è fatale. Quanta compassione noi poveri soldati dovremo inspirare a chi, dopo tanti mesi di guerra, potrebbe metter un fine ai nostri dolori. Invece ... siamo qui col fucile tra le mani, tremanti dal freddo (sono 16 gradi sotto 0) che attendiamo un comando per andare al macello. Qui ci sono uomini di tutte le età e di tutte le condizioni; in generale però sono tutti giovani che avrebbero il sacro diritto di vivere per lavorare e guadagnarsi onestamente il pane anziché per ammazzare i propri simili.
E per oggi chiudiamo il triste giornale.
17 - la notte scorsa i miei compagni dovettero lavorare tutta la notte per lavori urgenti. Fortunatamente fu una notte calma; solamente qualche fucilata qua e là. Stamane, dopo tanto tempo, avemmo la grazia di ricevere una gamella d'acqua per lavarci. Poca cosa per gente coperta di fango indurito dal freddo. Anche oggi, forse perché nebbioso, sembra che non si abbia intenzione di fare granché.
Oggi mi sento però poco bene; mi tormenta un male terribile alle ossa. Eppure dal medico non andrò; dovrà capitarmi di peggio. Scriverò ancora qualche cartolina e poi. .. Schluss.
18 - si parte di buon'ora per la riserva; si avrà un po' di riposo.
Servizio d'ispezione.
19 - niente di nuovo.
20 - servizio.
21 - servizio.
22 - si parte; per dove?
Il Giornaletto che abbiamo sottomano finisce il 22 dicembre. Non è dato sapere il motivo dell'interruzione: se l'autore smise di stendere la sua cronaca oppure se altre pagine o altri quadernetti scritti andarono perduti.
ANCORA DALLE LETTERE E FELDPOST
Dal campo, 20-12-1915
[... ] Mi trovo per alcuni giorni di riserva dietro il fronte. Avrei tante e tante cose da scrivervi, ma devo limitarmi a quello ch'è assolutamente necessario che sappiate. Tenete conto di quanto vi scrivo qui; potrebbe esser l'ultima volta che ricevete mie notizie. La guerra è guerra; forse ritornerò ... forse resterò qui. Certo che c'è poco da scherzare.
Sul campo, 4-2-1916
[... ] Per qualche tempo rimango di riserva. Se un giorno sarò libero di ritornare a casa ve ne racconterò di quelle da farvi rimanere i capelli diritti. Da qualche tempo, oltre il resto, soffro anche la fame; la fame, capite? E qui sul campo è qualche cosa di straordinariamente terribile.
Campo, 6-2-1916
Carissimi genitori,
approfitto d'un po' di tempo per scrivervi ancor un paio di righe. Vedete che sono ancor vivo. Sto anche abbastanza bene, quantunque a pancia vuota. A che condizioni siamo ridotti! Immagino quante ne dovrete passare anche voi. Se sapeste però quale gran differenza esiste fra il patir costì e qui al campo. Qualche volta sono talmente esasperato da desiderare che una granata mi faccia in mille pezzi. Poi, penso a voi e mi pento d'aver desiderato la morte. È terribile, disastrosa la vita.
Se ritornerò, avrò bisogno per lungo tempo delle cure della mamma. Se pur avremo un pezzo di casa ove ricoverarci. Se vedeste qui quale desolazione! Penso che ugual sorte sarà toccata al nostro paese.
Vi prego di spedirmi subito, ma sempre in pacco postale che è più sicuro, quanto v'ho chiesto nella mia lettera dei 4 [... ], pensate che soffro tremendamente. Se nel frattempo morissi vi verrà di ritorno.
21-2-1916
Dopo una marcia assai faticosa siamo arrivati in un sobborgo d'una piccola città. Rimarremo qui 2 o 3 settimane di riserva. Sono assolutamente fuori pericolo per ora. Siamo tanto lontani dal fronte da non sentir nemmeno il rombo del cannone. Mi sembra una cosa straordinaria da non poter credere. Ero tanto abituato a vedermi scoppiare intorno le granate, che ora ne provo quasi nostalgia. A tal grado d'imbecillità si arriva qui.
Vienna, 28-3 1916
[Alla sorella] Sono arrivato stanotte a Vienna dal campo. Non so ancora cosa si farà di me; non so neppure bene dove sono e non so quanto tempo resterò qui; poi forse ... forse andrò a Trento. C'è anche forte pericolo che debba ritornare al campo; in ogni modo però non tanto presto.
Trento, 7-4-1916
[Alla sorella] [... ] La mia salute rovinata sui campi galiziani e russi ritornerà forse grazie a tante premure.
Trento, 25-4-1916
[Il Boccher aveva chiesto ai suoi superiori di poter recarsi a Vattaro per verificare lo stato dell' alloggio di Filomena che in quel paese insegnava e che aveva dovuto abbandonare per seguire la sorte dei profughi. Gli fu risposto che quelle erano sciocchezze.]
Avrei sperato che un soldato che ha compromesso anzi rovinata la propria salute sui campi di battaglia della Galizia non sarebbe stato accontentato in simile maniera.
Vöcklabruck, 16-5-1916
Forse partirò ancor la settimana ventura o forse rimarrò qui ancora un mese. Vedremo.
Coi mezzi che ho me la passo bene e sono certamente uno dei fortunati. Il servizio è assai leggero e godo qualche po' di buon tempo. Se non fossi vittima di ricordi dolorosissimi potrei dirmi contento fin qui.
Trento, 28-5-1916
[Alla sorella] Carissima, la patria chiama, partirò domani sera per Vöcklabruck. Impossibile venir a trovarvi.
Vöcklabruck, 1-6-1916
Carissimi, sto abbastanza bene, però i tempi sono assai pericolosi. Temo di dover ritornare presto al campo.
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