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IL DIARIO DI GIOVANNI ZAMPIERO
di Vitaliano Modena
Il documento
Giovanni Zampiero, di Castello Tesino, fu in guerra una prima volta nell'agosto - settembre 1914 e una seconda nel febbraio - marzo 1915.
Annotò gli episodi salienti vissuti in prima persona su tre quaderni legati poi assieme con copertina cartonata in forma di piccolo libro. 86 le pagine del volumetto scritte usando una matita copiativa.
Questo manoscritto si configura con la cronologia invertita:
A) appaiono prima gli eventi del 1915;
B) vengono poi quelli dell'agosto - settembre 1914.
Da come il diario si presenta e da quanto fa capire qualche punto del testo, possiamo tranquillamente dedurre che la seconda parte fu aggiunta dall'autore alla prima ricopiandola da un suo scritto precedente: la grafia infatti è assolutamente uniforme, curata, priva di correzioni, non interrotta da altri scritti o considerazioni; caratteristiche che invece non troviamo nella parte precedente. Inoltre i contenuti della cronaca sono troppo precisi per essere postdatati.
La seconda parte non fu quindi predisposta dopo, ma semplicemente trascritta dopo utilizzando le annotazioni che già aveva a disposizione.
Nel nostro libro abbiamo rispettato l'impostazione che ci ha lasciato Giovanni Zampiero.
Il frontespizio riporta alcuni dati relativi alla situazione del militare Zampiero che interessano ambedue queste parti.
A) Fa sapere da dove e quando partì la seconda volta per il fronte: «Hall 17/2/15.»
Continua con la collocazione del nostro autore nell'esercito austriaco: 4° regg. Tiroler Kaiserjäger, VII Marschbataillon, III Komp.
B) Prosegue con altri elementi, che risultano frammentati per via dei pezzi mancanti nella pagina.
Dalla pagina 1 e dalla 2 si desumono alcune cose:
fu mobilitato il 2 agosto 1914, partì da Innsbruck il 26 e giunse a Leopoli il 30. A Grodek, in settembre, fu ferito alla mano sinistra.
Il resto sarebbe insufficiente ad offrire elementi utili se, a compensare i vuoti mancanti, non provvedesse il testo che andremo a leggere.
Fra le pagine che narrano l'esperienza di guerra dell'autore se ne trovano non poche altre contenenti riflessioni, poesie, considerazioni di varia natura: una specie di passatempo culturale. Altre ancora sono scritte da commilitoni. A completare il tutto diversi fregi e disegni.
Frontespizio della prima parte del memoriale di Giovanni Zampiero
Alle ultime 17 pagine del terzo quaderno è attribuito il titolo "Varietà." Esse riportano, anzitutto, la notizia di una battaglia avvenuta sul fronte occidentale, letta su vari giornali: inglese, francese, portoghese e tedesco, e tradotta "con l'aiuto di un amico." Lo scopo? Mettere a confronto le varie corrispondenze di guerra relative al medesimo episodio per accertare la concordanza o meno dell'una con l'altra, e di ciascuna con la veridicità del fatto. Il risultato? Quello che comunemente si sa: in tempo di guerra (e non solo) la propaganda di ognuna delle parti in conflitto rifugge sfrontatamente dall'obiettività con la quale andrebbero comunicate le notizie rinnegandola a vantaggio del proprio schieramento. Racconta ancora, questa parte, due episodi di guerra appresi dalla stampa. Infine vi compare una leggenda polacca dal titolo "La suonata della vita", suddivisa in quattro parti.
Noi leggeremo soltanto gli scritti che riguardano la diretta esperienza del soldato Zampiero.
LA GUERRA DI GIOVANNI ZAMPIERO
Prima narrazione: febbraio - marzo 1915
Giovanni Zampiero (d'ora in poi Giovanni Z. o con il solo cognome) cominciò ad annotare gli avvenimenti legati alla sua seconda partecipazione alla guerra nella cittadina austriaca di Hall dove era stato fatto confluire in attesa di ripartire per la Galizia. Era, come detto, il 17 febbraio 1915. Dieci giorni dopo era sul treno per il fronte.
Con il 24 marzo 1915 Giovanni Z. smise di registrare gli avvenimenti, perché per lui era finito il tempo delle battaglie. Il tempo effettivamente trascorso da Giovanni Z. in guerra nel 1915 durò soltanto alcuni giorni.
Vediamo come andò.
Il 27 febbraio egli salì sul convoglio militare. L'accoglienza riservata ai soldati che transitavano nelle stazioni era assolutamente priva di pomposità, improntata a mestizia.
Quale stridente contrasto con le festose manifestazioni ovunque tributate ai soldati inviati in prima linea nell'agosto 1914 quando la guerra era appena cominciata!
Gli applausi, le grida di giubilo, gli incitamenti dell'anno precedente s'erano dissolti per la delusione dovuta all' esito incerto della guerra, al vanificarsi di tante speranze, allo sconforto per il sacrificio inutile di troppe vite.
L'1 marzo, di primo pomeriggio, il convoglio con Giovanni Z. giunse a Cracovia e la sera di quel giorno fu in vista di Tarnow. Una vecchia fabbrica di tessuti ospitò per la notte i militari, pronti il giorno seguente a mettersi in marcia per raggiungere il proprio reggimento. Suddivisi in piccoli gruppi essi furono destinati di rinforzo alle compagnie decimate dai combattimenti. Vento, neve e fango appesantivano l'andatura. Visto che il maltempo continuava a imperversare i soldati si accamparono alla periferia del villaggio che diede i natali a san Stanislao.
La sera del 3, rifocillati con cibo abbondante, riscaldati dentro i vagoni dal fuoco della stufa a carbone e forniti di un consistente strato di paglia come lettiera, poterono godere di un po' di ristoro prima dei Carpazi. In quella zona montuosa erano esplosi tremendi combattimenti avviati dall'offensiva austriaca allo scopo di precedere quella russa data per imminente; in effetti questa si scatenò da lì a poco, dal 22 marzo al 10 aprile, con l'obiettivo di invadere poi l'Ungheria.
Pur sapendo la pericolosità dei luoghi e le circostanze in cui sarebbe venuto a trovarsi, Giovanni Z. non lascia trasparire, se non a tratti, un'eccessiva inquietudine, quasi inconsapevole dell'inferno verso il quale era diretto. La sua attenzione sembra catturata dalla curiosità per ciò che di nuovo e di interessante vede attorno a sé, diligente ad imprimerlo su carta.
La presenza di cinque trentini rese familiare il trasferimento in quella terra forestiera.
I militari giunsero a Limanowa, poi a Neu Sandec e la sera del 4 marzo a Grybow, dove rimasero il giorno 5.
La preoccupazione per la gravità della situazione emerse nel raccoglimento favorito dalla celebrazione della messa per i soldati. In quel momento gli apparve chiaro che "non si trova altro conforto che rivolger la mente a Dio."
Il 6 marzo Giovanni Z., non sentendosi bene, si sottopose a visita medica. Non fu il solo. Accertata la malattia (a noi sconosciuta) venne inviato all'ospedale da campo di Grybow e di lì a poco a quello di Zywiec, più a occidente non distante dalla Moravia, che funzionava in una scuola.L' 11 marzo lasciò quella cittadina a causa di un ulteriore trasferimento.
In viaggio conobbe un paio di trentini con i quali fece amicizia. Numerose le località che gli si paravano dinanzi e attraenti i paesaggi. L'uomo di montagna non poteva che rimanere affascinato dalla vastità delle pianure che stava attraversando.
Il 12 marzo scese a Vienna. L'ospedale, in città, era ospitato in un capiente edificio strutturato in stanzette per accogliervi, in tempo di pace, un gran numero di operai.
Non essendo ci là nessun trentino, per Giovanni Z. comunicare era difficile e conversare impossibile. Nella sala di lettura non un libro in italiano. Le passeggiate per i corridoi alla ricerca di qualcuno con cui scambiare due parole risultavano vane. Nessuno che parlasse "l'idioma di Dante." La cosa migliore era allora scrivere qualche lettera e qualche riflessione, pensare alla propria vita, disegnare ... Di qui la decisione di tenere un diario dei giorni di guerra da poco trascorsi. Vi aggiunse poi, come sappiamo, la narrazione degli avvenimenti vissuti l'anno prima, nei primi mesi del conflitto mondiale.
Il 24 marzo vi fu condotto un malato che fece nascere in Giovanni Z. un presentimento: nel nuovo arrivato c'era qualcosa di italiano. La conferma sfociò in una "gran festa."
La primavera portò, insieme con la gioia per la bella stagione che fa rinascere la vita, un pensiero accorato ai compagni caduti che quei dolci raggi del sole non vedranno più, e alle loro madri e mogli che solo nel tempo che passa troveranno conforto.
Questo documento risulta coinvolgente: riporta giorni, luoghi, spostamenti, fatti, osservazioni e impressioni che rivelano i valori di umanità e spiccata sensibilità presenti nel soldato Zampiero.
Il diario
Agosto [1914] pieno di fiori, di canti, di eviva, di strida, di bandiere, di musica.
Febbraio [1915], sillenzioso, oscuro, mesto, stanco come la stagione in cui nasce e muore.
L'Agosto, le stazioni, le città piene di popolo esultante, porgente doni per i soldatti.
Un carico di soldatti di Febbraio passa stazzioni e città e vede sporgersi rare mani stanche, che l'inviano un saluto mesto, quasi doloroso; il treno non è più gaio come l'Agosto, non un fiore, non più pieno di fiduccia.
28 Febbraio [1915] di passagio per Vienna alle 10,30 pomeridiane. Fummo accolti con scarsi eviva e ci offersero il Tè e un biscotto e poi un'addio alla capitale e il treno riparte alla volta di Kracau.
Kracau 1,30 pom. del 1 Marzo, si ricevette il managgio in una stazione vicina.
A Kracau regna una calma solene, passammo col treno ove si svolse dei conbatimenti, si scorgeva ancor dei segni delle trincee, i Russi furono cacciati in dietro.
Sbarcatti il primo di Marzo alle 8 di sera. Mentre scrivo siamo pocchi passi dalla stazione in un campo in riposo, il nemico ancor lontano. Ci viene servito il tè e poi prendiamo stanza in una vecchia fabbrica di tessuti. Il nostro ottels era vasto e comodo in simili casi. Pensavamo di dover far una lunga marcia e per questo si sentivamo molto allegri ed in breve prendemo il sonno non senza prima aver rivolto il pensiero alla casa e ai parenti. Poi ancor un pensiero ci colpiva, quello di esser tanto vicini al campo della pugna e chi sà come la andrà; ma come dissi, muniti di una forte speranza il sonno ci rapì e ci svegliamo alla mattina quando una voce piena di comando disse: terza Marschcomp. auf.
2 Marzo. In vicinanza di Tarnof siamo sbarcatti. Ricevemo ancor il Tè, la notte fù freda, con un vento pungente. Ora siamo ìn'atesa di dove ci condurano.
Alle 11 ant. ricevemo il managgio e poi siamo messi in marcia fino alla sera ove trovamo il nostro regimento. Ci divisero in piccoli gruppi onde andar a rinforzare le compagnie indebolite nei combattimenti. Poi prendiamo stanza in piccole casupole, ci provediamo della paglia e si mettiamo in riposo.
(2 Marzo vento e neve).
3 Marzo, in'atesa del 2 Batt. al quale siamo destinati. Dunque riposo tutto il giorno. Il tempo è in burasca ma una temperatura mite.
In queste posizioni hano una sincera devozione a S. Stanislao. Szeczepanöf è il paese ove naque questo santo. Dista 1 quarto dora da dove siamo accampati. Vicino alla chiesa esiste ancor la sua casa.
Mentre scrivo sono rifuggiato sulla porta di una chiesa. Sono di guardia, ma la burasca infuria, il vento caccia la neve in faccia; è un fango terribile; ma il soldato in Galizzia deve avezzarsi a tutto.
In guerra non vè nulla da temere, tempo cattivo, freddo, fame, lunghe marcia; tutto si deve sopportare con forza e corragio.
3 Marzo di sera. Piccola marcia fino alla prosima stazione, ove fumo imbarcati per esser condotti dalla Gallizia su i Carpazzi. Alla stazione ricevemo conserve, formaggio, lardo, pane e zigarette. Partiti alle 6 pom.
4 Marzo ancora in viaggio, la burasca infuria. si incomincia a trovar la neve un po alta ma noi nel vagone stiamo come signori. Paglia per riposarsi, un fornello e carbone per riscaldare, e siccome quagiù vi è poco da godere noi si troviamo contenti di esser in riparo dal tempo cattivo.
[Giovanni Z. aggiunse più avanti il racconto più particolareggiato di questo trasferimento.]
(Viaggio. Par. 3 Marzo 6 pom.
Partiti da Szeczepanöf-Dolza- Timpach Limanova-Pasarzova-Mencinà-Maragovitze-Neu Sandez.
Neu Sandez-Grebow. Sbarcatti 4 Marzo sera.
Neve tutto il giorno. Viaggio con diversi Trentini di cui il nome quì sotto.
Il compagno di Guerra Zanetel Nicolò nattivo in Siror, distretto di Primiero da lungo tempo malvisto dai Russi! lasciando ai carri lettori di considerare questi carri compagni che gia nella seconda stazione del Calvario dimostriamo che per noi nel mondo non vi sarà più posto. Ma sempre coraggio e forza alle armi Imperiali che paura non manca!!!
Fontanazzi Pietro da Cavalese Val di Fiemme.
Piasente Fortunato di Castel Tesino.
Attilio Franceschi Serso presso Pergine.
Narciso Pace).
Provianda
Si penserebbe che doppo 7 mesi di guerra incominciasse a mancare i viveri alle nostre truppe, invece no. I nostri magazini sono ancor pieni, ora si prende più cose da allimentarsi che in agosto, e se qualche volta dei soldatti dovettero sofrir la fame, questo non vuoi dire che manchi i viveri, ma è per l'impossibilità di poter fornirlieli.
Neu Sandez. Passai di notte, ma deve esser una città almeno a quanto dimostrava la stazione, che è ben distesa con molti binari, illuminata con grossi lampioni. Alla parte oposta della stazione vi si trova una grossa fabbrica e miniera di Petroglio, Benzina ed'altrì grassi. Essa consta di molti edifici vasti, con molti grossi camini.
Grebow. Stazione ove sbarcamo si trova ai piedi dei Carpazzi, ove si è svolto e si sta svolgendo dei grossi combattimenti. È composta di diverse contrade con qualche bel edificio. Vi troviamo la vecchia chiesa costruita in legno, ma ora, su una collinetta, si scorge una nuova chiesa, grande, costruita in terra cotta. Sorge elegante, con bella arte di architetura. Il campanile che accavalca la porta maggiore, s'm'alza slanciato con varie cupole. Quest'edificcio non è ancor finito, ha porte provvisorie, manca l'arte del penello, è ancor greggia, ma tutto e sospeso datto lo scoppio di questa guerra. Contuttociò, la messa viene celebratta là dentro.
A mezza notte del 4 Marzo si aquartieramo in molte cassuppole circonvicine a Grebow.
Alla mattina ci avisarono che chi vuoi andar alla messa possono andar. La chiesa in un attimo era piena. Devo confessare che in questi momenti si tristi, non si trova altro comforto che nel rivolger la mente a Dio. Qui ove si sente di continuo il rugito del cannone, e si pensa che fra breve dovremo portarsi al fianco dei compagni combattenti, e che certo molti di noi troverà la morte, o qualche dolorosa ferita, e per questo il soldato, che in altri tempi fuggiva qualunque cosa religiosa, ora lo troviamo prostratto dinanzi a Dio, che recita una corta, ma fervida preghiera.
Dunque alla mattina del 5 marzo la chiesa di Grebow era zeppa di soldatti, fiducciosi nella preghiera. Quanti preghi, quante inplorazioni, quante lagrime, quanti lamenti non furono rivolti a questo Dio. Speriamo che ci presterà ascolto e che si degnerà di illuminare menti e cuori, onde possa aver fine il disastro in cui si è imersa l'Europa. Amen!
È diversi giorni che non mi sento bene. Domani se non sto meglio mi faccio far una visita.
6 Marzo. 12 della 7 comp. si sono anunciati ammalati, e diversi sono statti destinati all'ospitale e fra i quali fui anch'io. Fummo ricoverati in un teatro di Grebow. Un locale vasto ed'è sempre pieno ad'onta che ogni giorno i malati vengono spediti in altri ospitali più atti alle cure che abbisognano. Vi restai 2 giorni e lo vidi due volte pieno e due volte vuoto. È uno degli ospitali di campo ove si prestano le prime cure.
7 Marzo. Fumo imbarcatti di nuovo su un treno comodo e caldo, con questo carico non vi sono che io di Itagliani, onde mi refugio in un canto del vagone guardando dalla finestra!
Nel partir dalla compagnia ebbi un dispiaccere, quello di lasciare il caro amico Fortunato Piasente. Devo dirlo, non v è altri momenti per stringere una vera amicizia, che quelli della guerra. Eravamo asieme in marcia, quando riposavamo, quando si mangiava, e si aveva un desiderio solo, quello di aiutarsi a vicenda. Nel salutari o provai una stretta al cuore, gli dissi addio, gli augurai fortuna.
Partenza da Grebow il 7 - 2 pom. Neu Sandez.
8 [Marzo] arivo alle 11 al K. K. Reservespital Realschule Zimmer 41 Zywiec.
9 Marzo sono all'ospitale. Un grande fabbricato che serviva per le scuole Reali della città ed'ora è trasformatto in un ospitale capace di contenere migliaia di pazienti.
10 Marzo. Iden
11 Marzo, trasferito in un'altro ospitale. Non saprei dove ci condurano. Alle 3 e mezza pom. Partenza da Zywiec.
Bilitz alle 8 di sera, grossa città della Slesia. In treno ricevemo il Tee ed'un pezzo di pane. Viaggio con due trentini dei quali i nomi quì sotto. Piffer Lino da Cimone Distretto Rovereto. Federico Tamanini di Vigolo Vattaro distretto di Trento.
Ringrazio i compagni di viaggio [per aver lasciato il loro ricordo, con uno scritto, sul quaderno] ed' ora si parte per destinazione ignota. La notte dell' 11 Marzo attraversamo la Slesia.
12 Marzo. 6 mattina arrivo a Hotzendorf. 8 ant. A Krasna (Moravia). La ferrovia attraversa monti e colline ricchi di pascoli e boschi con delle fresche inpiantagioni distese in fille rette. La temperatura è fredda. In questa stazione si ricevette il Tee e del pane.
Wall-Meseritsch-Bistriz an Hostein-Holeschao-Hullen-Bisenz-Göding.
Da Bisenz a Göding vi si trova un gran bosco di cui la ferrovia lo attraversa. Esso accavalca delle bellissime colline e molto spazio di pianura.
Lungenburg (Moravia). A mezza notte giungemo a Wiena. Ricevemo Caffee, pane, formaggio e zigarette. Poi ci divisero in diversi gruppi; montamo sul Trambai e attraversamo un pezzo della capitale per arrivare all'ospitale assegnatoci.
13 Marzo sono in una figliale della Männerheim. Quest'edificcio consiste di un gran numero di camerette piccole, esse non sorpassano la grandezza di 2 1/2 m. lunghe ed 1m 80 cm. larghe. Quando vi entrai pensai subbito ad'un manicomio o prigione, scorgendo tutte queste cellette. Più tardi compresi che per il passatto serviva di alloggio per operai ed'altra gente cui volevano spendere poco. Il mobilio della cameretta consiste di un letto a rete metalica, un sgabello, un'attacapanì ed'un tapetto.
Contuttociò esiste pulizia e ordine. Una lampadina eletrica rischiara almeno sei di queste cellette, datto che il muro è appena alto 2 m. e poi per un altro metro, una rette metalica sostituisce il muro, la luce è sul coridoio e passa attraverso alla rete.
14 Marzo. Filial Spìtal Männerheim in Wien. Meldemangasse 27 II Stieg III Stok Zimmer 412.
Nemeno un trentino vi si trova quì. Solo d'italiani. I giorni lunghi come anni, lo svago più grande che provo è nel scrivere su questo libro.
Piu volte vado a passegio, faccio due tre giri per i corridoi e poi infillo le scale: 1, 2, 3, 4, 5, 10, 20, 30, 40, 50, 60, 80 gradini e poi mi trovo a piano terra guardo di qua e di là e poi non mi resta che di tornare nella mia cabina, e questo lo faccio 4-5 volte al giorno.
A mezzogiorno e sera si va nella Speisensaal (Sala da pranzo) a mangiare, ed'ogni giorno faccio il giro a tutte le tavole ad' ascoltare se vi fosse qualcheduno che parla l'idioma di Dante. Ma no! Nemmeno un perdio per Italiano. Un giorno vidi un'iscrizione sopra ad'una porta che suonava come sala di lettura. Mi consolai, mi diedi una fregattina alle mani, sperando di trovare qualche amico in qualche libro. Entro, era proprio la sala di lettura, mi avicino ad'un tavolo, ove vi era un muchio di libri, gli passo ad'uno ad'uno ma non li capivo. Mi frego ancor le mani e svogliato sorto promettendomi di non andar più nella sala di lettura ove non si può leggere. Del resto questo non è un gran male ond'io mi rassegno.
18 Marzo. Tre volte alla settimana è permesso di avere delle visite. La maggior parte di questi pazienti sono vienesi e godono il piacere di vedere, tre volte alla settimana, i suoi parenti ed'amici; Hano giornali e libri da leggere, hano lo svago di chiacherare di gioccare e tant'altre cose che un'italiano non puo avere. Pare proprio che noi non facciamo parte a questa società.
Oggi è un và e vieni, quasi tutti hano delle visite. Noi invece dobbiamo accontentarci d'inviare un pensiero, un saluto, lontano, lontano, alla cara patria Trentina, ai nostri parenti, ai nostri monti. Sentiamo una grande gioia nel ricevere delle notizie. Ma aime! sono rare anche queste. E 10 giorni che son quì e non mi fu datto ancor quel piacere. Spero dall'oggi al domani. Ai venti di febbraio l'ultima notizia da casa mia. La speranza m'incoraggia nel pensare che stiano tutti bene.
21 Marzo. Iden.
22 Marzo. Secondo giorno della stagione dei fiori. Vada un caldo mio saluto alla cara primavera, giaché il destino volle ch'io la veda nascere. In questo momento il mio pensiero vola ai tanti amici, ai tanti compagni di battaglie di cui questa bella stagione a loro non arride più. L'ultima fù quella del 1914, per loro. Oh! allora anch'essi facevano festa, i dolci raggi del sole, i fiori nascenti, le coline che s'investono d'un bel verde, gli uccelli che festosi cantano i loro ini, tutto insoma contribuiva a fargli sentire la bellezza della Natura che si risvegliava nella primavera del 1914. Gli avremo visti allegri allora, ma adesso non resta di lor che le care rimembranze. Essi cadero, e non si rialzarono più, è ver che la sua fine è coperta di Gloria, che il suo capo è circondato dell'aureola di martiri del dovere, ma noi non possiamo obliare la sua perdita, senza un compianto, senza un'addio, e senza la prova del dollore. Oh! se almeno il nostro dispiacer potesse alleviar il peso della disperazione delle madri, delle spose, ma per loro non v'è che il tempo e la morte che possa cancelar si tristi memorie.
23 Marzo. I giornali vienesi anunciarono la caduta di Przemisel. La grande fortezza, la bella cità, il punto ben armato dovette soccombere. Lo passai per Przemisel il 15 settembre (Il 15 settembre 1914 G. Z. si trovava, come leggeremo più avanti, in quella fortezza per essere curato da una ferita.) allora si lavorava allacremente per render più forte la difesa. Bisognava vedere il turbinio di fortezze, di trinceramenti, si avrebbe detto che nessuna forza puo scagliarsi adosso. Eppure oggi dobbiamo dire che il colosso è caduto! Noi non possiamo giudicare ne fatti ne conseguenze, possiamo solo dire, dolorosamente: Przemisel è perduta, il 22 Marzo 1915.
24 marzo. Giunse quì un nuovo malato, e subbito corro ad'oservare se il suo nome suona d'italiano, resto disiluso: il nome è tedesco! Eppure i suoi lineamenti mi diccono che deve esservi, in quell'uomo, qualche cosa d'italiano. Torno nella mia cabina, ma un presentimento mi diceva che, quel nuovo venuto, sapeva parlare l'italiano. Passo ancora vicino alla sua cabina, dò un'ochiata nell'interno, mi faccio corraggio e gli dico: Perdoni, sà lei l'italiano? Si, mi disse. È lei, forse, un trentino? Precisamente, e lì s'incominciò a parlar a lungo. Mi disse che suo padre era tedesco e sua madre è trentina, e che imparò l'italiano da sua madre, poi fù molto tempo in Italia, mi parlò molto delle bellezze che vi si trova la giù.
Io feci gran festa, e se un rispetto non mi avesse tratenuto gli avrei saltato al collo come un bambino.
Gli dissi che sarei diventato un muto, li manifestai la mia gioia e presto diventamo amici.
Il diario si conclude qui. Per alcune pagine, ancora, sono annotate delle considerazioni poco pertinenti con la guerra: più che altro riflessioni di persona abituata a meditare per cercare di comprendere e dare significato alle umane vicende.
Poi compaiono i disegni. Con una certa abilità rappresentò, tra l'altro, la scena di una battaglia con il titolo "Visioni della Guerra." Quindi un bozzetto per un monumento ai caduti con la scritta "Per i caduti di Castel Tesino i compaesani vollero", la firma e la data: Vienna, 26 marzo 1915 (a lato, una scritta a matita, aggiunta successivamente, dice: "Il vero monumento degno di Castello sarebbe stato questo"). Un secondo bozzetto per monumento ai caduti è arricchito con dei particolari: un'aquila e un eroe accostato a un cavallo rampante.
Dopo il 31 marzo 1915 nulla più si sa di Giovanni Z.
Importante risulta invece la cronaca, inserita dopo la chiusura del diario, delle sue prime vicende di guerra, quelle che presero avvio nell'agosto 1914 e giunsero al dicembre di quell'anno. Le pagine più accorate riguardano la battaglia di "Boian" e le cure premurose che il nostro dedicò al suo ufficiale colpito a morte. Lo scritto occupa, nei quaderni, 18 pagine, e lo troviamo qui integralmente ricopiato.
Seconda narrazione: agosto - dicembre 1914
Chiamato alle armi il 2 agosto 1914 in obbedienza alla mobilitazione generale dell' Austria-Ungheria, Giovanni Z. era il giorno seguente a Innsbruck tra i Kaiserjäger e il 26 dello stesso mese in viaggio per la Galizia accompagnato, come i suoi commilitoni, da manifestazioni di festosa euforia.
Quattro giorni dopo fu fatto scendere a Leopoli, città in procinto di essere aspramente contesa da ambedue gli schieramenti.
Scatenatasi ai primi di settembre l'offensiva russa, le armate austriache furono costrette a ritirarsi, lasciando in mano al nemico la capitale galiziana e organizzando la difesa sulla linea Rawa Ruska - Grodek, ad occidente di Leopoli. I furiosi combattimenti provocarono numerose e dolorose perdite. Durante un assalto notturno in un villaggio occupato dai russi, Giovanni Z. vide cadere tanti dei suoi. Soccorse, sotto il fuoco dell'artiglieria nemica, anche il giovane ufficiale di cui era attendente. Lo assistette fino al momento della morte.
Quello stesso giorno, il 12 settembre [1914], Zampiero fu ferito alla mano sinistra.
Ebbe le cure del caso prima a Przemysl e successivamente in un ospedale dell'Alta Austria.
Una provvidenziale licenza gli consentì di rivedere la famiglia e la sua terra.
Rimessosi in forze, sul finire dell'inverno seguente riprese, come abbiamo visto, la via della guerra.
Il diario
2 Agosto. Un'edito Imperiale invittava tutti i suditi Austro Ungarici a consegnarsi, perche era scoppiata la guerra con la Serbia e minaciava l'altra con la Russia.
Tutti, un dovere gli chiamava alla difesa della Patria, ed'io fui fra tutti.
3 agosto mi consegnai a Innsbruck onde fui messo nel III Marschba. Che partì il 26 Agosto.
30 agosto sbarcamo a Leopoli e subbito fumo messi in marcia alla volta del combattimento, 4 ore di marcia, su una strada polverosa, che dato il gran andirivieni di carri, cannoni, truppe, si elevava una nuvola di polvere soffocante.
Era verso le 11 di notte; le nostre truppe già avevano incominciato a dar in ritirata (Si era appunto nella fase in cui le truppe austro - ungariche stavano ritirandosi sotto la pressione dell'offensiva russa che portò di lì a poco alla caduta di Leopoli.), ed anche noi doppo di aver ricevuto l'ordine si mette ma in rittirata , marciamo per un paio dare e poi si mettiamo a riposare.
Alla mattina del 31 ag. rittorniamo a Leopoli, facciamo una piccola sosta e poi ci diressero alla stazione, un treno ci aspettava vi montiamo e ci condussero fino a Krodeck.
Alla sera del 2 settembre torniamo montar in treno e rittorniamo a Leopoli e poi una nuova marcia, per una via diversa di quella del 30 ag. Marciamo quasi fino alla 1/2 notte e poi si mettiamo in riposo.
3 sett. di mattina ancora in viaggio per un paio d'ore e poi ci distendono in tenuta di combattimento in'atesa del nemico, ma in vece del nemico giunse un ordine di partir di nuovo e ancora quella sera partimo subbito. Tutta la notte di viaggio. Nelle vicinanze di Krodeck facciamo fermata ( Nel tentativo di riprendersi Leopoli, gli austriaci schierarono notevoli forze sulla linea Rawa-Ruska - Grodek, dove per vari giorni si ebbero furiosi combattimenti. In questi sanguinosi scontri venne a trovarsi anche il nostro autore, che perse in battaglia l'ufficiale alla cui assistenza era addetto.).
Verso 1/2 giorno, l'ufìcìale che comandava la squadra, cui facevo parte, mi chiamò da parte e mi domandò se volevo fargli il servo. lo accettai di buon animo perche già lo conoscevo per un uomo di buon cuore, degno desser uficiale. La sua voce di comando era affabile e dolce; eppure trova più obbedienza che cert'altri con i suoi modi rustici. Era alto, biondo, un po scarno, di portamento nobile, su i 23 anni. Discendeva d'una famiglia nobile d'lnnsbruck. Suo padre gode l'onore d'una carica alla Luogotenenza portando il nome dei Kutshera, Cavalieri di Aigenberger.
4 settembre, dunque incominciai a servire il giovine uficiale Karlo Kutshera Retter von Aigenberger. Il giorno doppo, avicinandosi l'ora del combattimento, mi diede la direzione di sua casa, diccendomi: che se gli accadesse qualche disgrazia, dovevo, più presto che è possibile, scrivere o telegrafare ai suoi genitori.
Prendemo parte a un paio di combattimenti, che passarono senza gravi incidenti.
Riccordo un doppo 1/2 giorno che le nostre truppe si avanzavano, e noi pure di corsa, quando si fermò e mi vide subbito dietro lui un po pensieroso, mi disse: Non aver paura, io farò quanto posso per te. Da quel momento mi affezionai che non l'avrei abbandonato in nessun pericolo, e mi san promesso d'assisterlo se la sventura lo colpisce.
Un altro giorno, due soldatti ch'erano statti perdutti per vari giorni e senza prender il rancio si avvicinarono a noi con una fame terribile. Saputo ciò si rivolse a me dicendomi, quanto pane avessi nel prosach. Due pezzi, gli dissi, ma sono gli ultimi e lo teneva di riserva per momenti più bisognosi.
Noi daremo il pane a questi soldatti che hano più fame di noi. E così fù, e sono certo che aveva fame anche lui. lo nel darglielo diedi un'ultima occhiata al pane che presto sarrebbe divoratto da quei due poveri affamati e dissi fra me che al domani saremo anche noi alle simili condizioni.
Mi rallegravo dell'opera buona e in cor mio piangeva il pane perduto per sempre.
10 sett. Di sera prende ma parte ad'un'altro combattimento e verso le nove di sera il fuocco cesso. Il mio uficiale raddunò la sua squadra e fortunatamente non si ebbe che 5 uomini fra morti e feriti. Ci ordinò di farsi un riparo per mettersi a dormire; comando che vien subbito eseguito. Io faccio una bucca, cerco della paglia e il nostro otels e pronto. Egli viene, portando due mantelli Russi sulle spalle, il nostro letto e completto e ben presto il sono ci rapì, non senza combattere anche nel sono.
Riccordo una notte d'esser statto ferito in sogno e gettai un acuto grido che il mio padrone mi sentì; alla mattina mi disse che cosa avevo avuto durante la notte che gridai. Oh, signor Karlo, gli dissi: sono statto in battaglia questa notte e fui ferito, e lui andava scherzandomi con il suo amico tenente Kelner, dicendo che la guerra la faccevo io di notte. E diffatti non prendevo nemmeno il sono, che i Russi erano lì, davanti agli occhi, malledetti Russi!
Alla mattina dell'11 sett. ci destarono alle 4 del mattino, che un'ordine ci mandava a dar l'assalto alla baionetta ad'un villagio che si chiamava Boian. Era sul far del giorno, silenziosi attraversamo la ferrovia e poi marciamo alla volta del villagio, ove i Russi avevano le loro trincee. 500 metri ci divideva ed'un grido di Uhra si elevò dalle nostre fille e con un slancio insuperabile i nostri soldati si lanciarono ad'una corsa disperata.
Il nemico, che a questo grido si desto, acese un fiero fuoco su noi, i proieteli nemici ci grandinavano. A terra, ci comandarono. Ansanti si riposamo un pò e poi di nuovo alla corsa. Un'ultimo sforzo, gli uficiali c'incoragiavano, e i soldati con un corragio insuperabile gettarono di nuovo un grido di Uhraaaa ...
Cascarono molti soldatti ed'ufìciali. Il nostro maggiore Leipreck, uomo ardito e corragioso era davanti al suo bataglione. L'ho visto con la testa fasciata ma non abbandonò i suoi soldatti; ma la sventura lo colpì, e lì trovo la morte, una morte gloriosa ed' eroica. Non potendo più andar avanti si gettamo a terra onde farsi un riparo. 150 passi ci dividevano dal nemico.
Io mi trovavo al fianco del mio uficiale il quale mi diede un' ochiata che mi dimostrò la situazione molto seria. Pocchi passi davanti a noi vi era il suo compagno, tenente Kelner, quando un proietile lo colpì alla testa [l'ufficiale colpito è Karlo Kutschera]. Eli corse subbito a soccorere il suo amico ferito, dicendomi di aspetarlo lì e fare un riparo per tutti due. Attraverso alle palle, il dovere di vero amico lo trascinava. Mi alzai con la testa e lo vidi che stava fasciandoli la testa. Continuai il mio lavoro e ormai avevo fatto un bel buco capace di riparare più persone. Con le lagrime alli occhi mi vidi gettarsi nel mio riparo il tenente, il quale mi disse: Il povero Karlo Kutschera è morto. A quell'aviso mi sentii una stretta al cuore. E ancor piangendo mi disse: Morto! un così buon amico!
Dò un'occhiata e lo vedo pocchi passi da noi steso a terra immobile. Il Kelner, in un momento in cui le palle nemiche parevano più rare, se ne parti dando un'ultima occhiata, piena di dolore, al suo amico.
Vollendomi accertare se da vero era morto, mi trascinai fino a lui, e m'accorsi che non era morto, il cuore batteva debolmente, e il suo respiro era appena riconoscibile. Mi addoperai per farli un riparo onde evitare altro pericolo. Gli esaminai la ferita, la quale consisteva in un grosso buco alla parte sinistra della nuca e dalla stessa il sangue gli sortiva a flotti unito a della materia celebrale. Alla meglio lo fascio e poi lo adaggio entro al riparo in atesa di momenti più propizii per farlo trasportare indietro.
Il fuoco durrò accanito tutto il giorno dimodoche abbisognò star fermi, agionta delle tristi condizioni in cui versava il povero Karlo e tant' altri feriti. Doppo diverse ore incominciò articolare qualche parola ma stentatamente e fra le quali potei capire che mi aveva riconosciuto, nominava di spesso i suoi genitori, e domandava se era possibile di poter avere un dottore. Verso mezzogiorno finì di parlare e sucesse, alle parole, un lamento lacerante, pieno di dollore.
Pocchi passi da noi stava a terra ferito l'aiutante del Magior, tenente Günter, il quale una palla gli aveva perforato tutte due le gambe, ed'unaltra nel braccio sinistro, dimodoché non poteva muoversi ed'era in pericolo di venir colpito di nuovo, forse con peggiori conseguenze. Esortai un'altro di venir ad'aiutarmi a porlo in salvo entro al mio tecum. Prendemo la tenda da campo e lo adagiamo dentro e poi lo strasciniamo in riparo. Ad'ogni passo ci ringraziava perché era certo che avanti alla sera trovava la morte siccura al scopperto come si trovava. Ciò non fù fatto senza pericolo, ma il dovere di salvare un uomo il quale non può muoversi, e che con semplici cure sarrebbe ridatto alla sua famiglia sano, ci dava corraggio.
Il mio ufìciale peggiorava in un modo spaventevole. Figurarsi di trovarsi in un vasto campo con un morente, ove bisogna star imprigionati in una buca, col pericolo di esser fragelati da qualche granata da un momento all'altro, ove manca perfino un goccio d'equa onde bagnarli le inaridite labbra. Tutto abbisogna e non c'è altro che il piombo dei Russi che di continuo fischia sopra la testa e va conficcandossi nella terra.
Finalmente verso le 8 di sera il fuoco incomincia a calmarsi, qualche colpo di cannone si fa sentire da ambo le parti, seguito da un schioppettamento, che ebbe termine alle 9 di sera. Chiamo 4 soldati per trasportare il povero Karlo in un luogo più atto alle sue condizioni. Viene improvisata una portantina, e vi adagiamo il povero morente. Altretanto feccero altri 4 soldati col signor Günter e così si mettemo in marcia. Per primo parte il tenente Günter e poi s'inviamo col povero Kutschera. Appena levato da terra, ci vien a salutarci una scarica di fucileria nemica, onde dovemo fermarsi ancora per una 1/2 ora. Poi il silenzio prese posto alle detonazioni e così la mesta marcia poté effetuarsi.
Doppo 1 1/2 di marcia troviamo dei feriti disposti in filla e ciò ci faceva capire che lì doveva trovarsi una stazione sanitaria. Deponiamo a terra il morente, e i soldati andarono alloro posto e così restai solo in atesa dei militi della Croce Rossa. Finalmente doppo un bel pocco d'aspettare giunse diversi ufìcìali che datto l'oscurità non potevo distinguerli. Uno di loro si fermava con ogni ferito ed'io lo ritenevo per un dottore e quando giunse vicino a me cercavo di farli conoscere ove fosse ferito il povero Karlo e quanto grave fosse la ferita. Quando m'accorgo ch'era un prete e che stava inpartendoli la santa Unzione al morente ìn'alzaì una preghiera, ringraziando Iddio che se al povero Karlo gli mancò le cure mediche ebbe quelle dell'anima. Finito la sua funzione si allontanano ed'a mè non restò che aspettare ancor.
Passò una notte dolorosa e la mattina del 12 Sett. doveva segnare la sua morte. A 23 anni la sua esistenza fù troncata e con essa ebbe fine un cuore generoso. 25 lunghe ore di agonia il destino gli aveva assegnato.
In Galizia non v'è, per chi muore combattendo, della terra benedetta onde coprire i corpi dei valorosi, ma invece la troviamo bagnata col sangue dei soldati ed'in qualunque luogo avi dei cimiteri.
Dunque quella terra che fù testimone del lungo sofrir, gli servi di tomba al povero Karlo. Una croce fatta alla meglio la troviamo in vicinanza di Boian, che porta la scritta:
Qui mori il valoroso Cadetto del 1° R. T. K. I. Karlo Kutschera Ritter von Aigenberger.
In Pace!
Il 12 Sett. doppo 1/2 giorno, andando a cercare il mio Reg., una palla veniva a perforare la mia mano sinistra, che parve un'avise, perche avevo perduto l'orientamento e camminavo verso il nemico e certo sarei statto fatto prigioniero, ma come dissi fui ferito e così rittornai di rittorno.
Più di due giorni di cammino occorsero per giungere a Przemisel ove fui ricoverato in un'ospitale.
Feccero una scelta dei feriti non gravemente onde trasportarli nell'interno ed'io fui tra quelli.
16 Sett. fumo imbarcati, e cosi un'adio alla fortezza di Przemisel, ora assediata dai Russi (Sconfitti, gli austriaci abbandonarono Leopoli e Grodek e si ritirarono sul San. Ma anche questa linea di difesa venne a cadere e la fortezza di Przemysl, ultimo baluardo, rimaneva senza appoggio esterno. L'arretramento degli austriaci terminò con il posizionamento sui fiumi Biala e Dunajec.).
A Enz (Austria alta) ci sbarcarono e nelle scuole comunali siamo statti ricoverati. Molto cortesi furono i citadini di quella citadella. Non ci mancarono ne doni, ne gentilezze, ne visite gentili.
Con una lettera avisai i genitori del povero Kutschera i quali mi risposero subbito con un sentito ringraziamento. Un'altra lettera la scrissero al comandante dell'ospitale pregandolo che mi dia subbito un permesso, di andare a Innsbruck in casa sua.
Il 27 sett. ero a Innsbruck. Alla stazione vi era la madre del Karlo, la quale mi condusse subbito a casa sua. Là ebbi sollecitudini e cure onde avrei potuto passare tutto il mese in quella generosa casa ospitale, ma un vivo desiderio mi tormentava, mi diceva che là ove stanno i miei parenti sarei più felice. Gli faccio conoscere il mio desiderio e subbito mi accordarono di partire con un mese di permesso.
3 Ottobre partii da lì e andai a passare un bel mese a casa mia, un mese che mi parve un giorno.
Si capisce, tutto ha principio e fine, siano piaceri o dispiaceri e così giunse anche il 3 Novembre, giorno in cui dovevo partire.
Dunque un'addio ai parenti, agli amici, al paese nativo. Bisogna partire e questo e tutto.
4 Nov. a Innsbruck.
10 Nov. fui mandato all'ospitale, con un'infiamazione al basso ventre ove vi restai fino al 26 Dicembre.
Oltre a ciò che è contenuto negli scritti che abbiamo letto, di Giovanni Zampiero non sappiamo null'altro. Il seguito delle umane vicende del nostro autore, cui ci siamo affezionati leggendo la sua vivace narrazione, rimane avvolto nel "dolce oblio" di foscoliana memoria, assorbito da una storia tanto più grande da far risultare sfumati i particolari di ciascuno.
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