Il lungo viaggio verso l'Italia - Gruppo Alpini Roncegno

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Il lungo viaggio verso l'Italia

La 1a G.M.



IL LUNGO VIAGGIO VERSO L'ITALIA

dal Memoriale di Ettore Murara

di Vitaliano Modena


A Kirsanov

Nel lento scorrere dei lunghi giorni della prigionia, spesso ripetitivi (a parte le vivaci contestazioni a tutela dei propri diritti ed interessi), talora logoranti quando privi di futuro, irruppe la notizia che mise sossopra l'animo di Ettore M. e compagni: "Fra qualche settimana partirà un trasporto di Italiani irredenti per l'Italia."
La voce che annunciava tale allettante possibilità l'abbiamo letta nel diario di Ettore M. alla data del 19 settembre 1915. Tutto il gruppo, ad eccezione di uno, l'aveva fatta propria con convinzione. Ma dopo di allora il diario non accenna più alla cosa. In questo vuoto d'informazione trascorse il 1916 e metà del 1917.
Nel frattempo, come i nostri apprenderanno più tardi, nell'autunno del 1916 erano stati trasportati in Italia da Arcangelo 4.000 prigionieri austriaci di nazionalità italiana che si trovavano radunati a Kirsanov. Ma spersi nella grande Russia non tutti gli interessati potevano essere messi al corrente di quanto era avvenuto o stava accadendo su quel versante.
In una lettera successiva al suo rientro in Italia
(Ettore Murara spedì una lettera al podestà di Roncegno Giovanni Froner 1'8 aprile 1918, quindi tre settimane dopo il suo arrivo a Genova; in essa fece una breve sintesi dell'esperienza vissuta.), Ettore M. chiarì così l'argomento di cui stiamo parlando:
«Fui tosto invitato a rimpatriare, ciò che accettai di tutto cuore. Ma i russi pensarono altrimenti e non valsero le proteste: fummo inviati circa 70 italiani con 600 magiari in diversi luoghi a lavorare e di rimpatrio non si udì più nulla. C'informammo presso le autorità russe e ci fu risposto che l'entrata in conflitto della Bulgaria aveva impedito ogni cosa. Malinconici dovemmo riprendere il lavoro e fummo sorvegliati più rigorosamente.
Scrivemmo al Console di Mosca ma senza poter avere nessuna evasione: o non rispose, o più probabilmente i russi intercettarono gli scritti. Questo trattamento ci indusse a tentare una fuga, ma la mancanza di mezzi e la poca conoscenza della lingua ci tradirono e fummo incarcerati per 12 giorni a 400 gr. di pane nero e acqua. Rivedemmo il sole e tornammo al lavoro ove feci di tutto: il taglialegna, il contadino e alla fine il cocchiere. Finalmente, quando incominciai ad apprendere la lingua fui trattato un po' meglio ed incaricato di far provviste di viveri, trattare affari con negozianti, recarci a ricevere e consegnare la posta ecc. Quest'ultimo ufficio mi permise di cominciare una corrispondenza clandestina con una signora francese di Mosca e con la Missione Italiana di Pietrogrado che mi fornirono preziose indicazioni. Il tutto però non mi fruttò il permesso di recarmi a Kirsanoff (luogo di concentrazione degli irredenti).»

L'agognata notizia giunse nel luglio del 1917.
Con una cartolina che accompagnava la spedizione di giornali che le erano stati richiesti, la Missione Italiana annunciava un imminente convoglio di prigionieri per l'Italia. "Coloro che vogliono partire per andare come liberi cittadini a lavorare in Italia bisogna che si diano in nota a me."
Da quel momento si sviluppò una frenetica corrispondenza fra i prigionieri della masseria della Livenzova e la Missione Italiana, un irrequieto viavai presso le autorità militari e amministrative del luogo per ottenere l'immediato invio a Kirsanov (indicato come luogo di raccolta di questi prigionieri) e un'insistente accesa disputa con la "Signora" proprietaria della tenuta che ostacolava in ogni modo la partenza della forza lavoro assegnatale. Nei nostri era forte il desiderio di prendere il largo dalla prigionia, dalla guerra, dalla sudditanza austriaca e da un'esistenza insensata, approdando in Italia dove dar corso a una vita nuova.
Nella lettera sopra citata, Ettore M. proseguiva: «Sfruttai la mia situazione di fiducia assieme ad altri due con una seconda fuga, più felice della prima, e travestito da soldato russo giunsi a destinazione.»
Dopo un paio di mesi di "confusione", di trattative, di intelligente "industriarsi" Ettore M. e gli amici, proprio in extremis, avevano trovato la strada giusta. Era il 10 ottobre del 1917 quando i tre poterono salire sul treno per Kirsanov e l' 11 ottobre su quello per Arcangelo. Ma ecco un contrattempo: dopo quattro giorni di treno e 450 chilometri percorsi, il convoglio s'arrestò a Vologda. La possibilità di partire dal Mar Bianco era sfumata: da due giorni aveva lasciato il porto il piroscafo che doveva trasportare gli irredenti in Francia circumnavigando la penisola scandinava. Fintanto che un'alternativa non fosse stata trovata, coloro che erano saliti su quel convoglio guardando all'Italia come meta finale dovevano rimanere a Vologda. Dopo tre giorni passati nei vagoni furono ospitati in baracche.
Nel diario, per gli oltre due mesi di quella sosta, non c'è alcuna annotazione.
Come li avranno trascorsi i prigionieri pervenuti da Kirsanov? Un flash ci viene da una comunicazione spedita in quel periodo da Renato Carposio alla sua Maria: "Me la campo meno male, perché lavoro presso un fotografo di Vologda .... " E un secondo da una breve corrispondenza da Vologda (25 ottobre 1917) in cui Ettore avvertiva i suoi: «Scusatemi se da qualche giorno non Vi mando mie nuove; non ho la possibilità di scrivervi così frequentemente come prima. Sto benissimo, in attesa di un buon posto ... » Oltre a ciò, nient'altro. Essa è comunque un'indicazione utile a farei comprendere come i responsabili della Missione avessero cercato di trovare un' occupazione a quella massa di uomini evitando l'ozio e contribuendo a risolvere il problema del loro approvvigionamento.



In Oriente

La soluzione definitiva fu alla lunga trovata: tornare a Kirsanov e da là tradurre gli irredenti a piccoli gruppi attraverso la Russia europea e asiatica fino all'oceano Pacifico. Era una mossa dalle non poche difficoltà, ma l'unica possibile. L'alternativa ormai, in presenza del caos seguito all'insurrezione bolscevica, era rimanere in Russia allo sbando.
Il 22 ottobre "partirono i primi dieci (i più anziani)." Ma prima che tutti lo potessero fare occorreva ancora pazientare. Il diario di Ettore M. riprende con l'inizio del viaggio, quello buono. Era il giorno di Natale del 1917: "a Pietrogrado
(Così dice il diario. Non sappiamo perché Ettore M. citi Pietrogrado anziché Vologda come luogo di partenza. Nella più volte citata lettera dell'aprile 1918 Ettore scrisse di essere ripartito da Vologda il 25 dicembre 1917 con il treno diretto in Siberia. Non essendo possibile, oggi, chiarire meglio questo particolare, soprassediamo e restiamo con quanto dice il diario.) presi il treno per la Siberia, con altri 50 tutti vestiti da soldati russi e con 20 rubli in tasca."
Il convoglio postale (così fu chiamato da Ettore M.) procedendo verso oriente, toccò Vyatka e Perm, attraversò gli Urali, da Ekaterinburg affrontò le steppe gelate della Siberia, passò i fiumi Irtys, Ob, Ienissei, raggiunse Novosibirsk, Krasnojarsk e Irkutsk, costeggiò il lago Baykal, entrò in territorio giapponese e in quello mancese. Detto così, il viaggio pare lineare, privo di ansie e preoccupazioni.
Ettore M. invece parla, nella lettera citata sopra, delle "sofferenze" patite in quel viaggio: soprattutto "il freddo e la fame mieterono tante vittime .... "
Dopo Harbin
(Città della Cina nord-orientale, nel centro della Manciuria, nodo ferroviario di collegamento con Pechino, la Corea, Vladivostok. Dal 1934 al 1945 si chiamò Pinchiang.) prese per Tientsin dove quei passeggeri furono "ben accolti dal console italiano e dalla colonia italiana e donde il dì seguente, in altri arnesi, ... " (Lettera da Genova dell'8 aprile 1918, già menzionata.) partirono per Nanchino, conclusero la loro epica corsa a Shanghai, dopo 24 giorni dalla partenza.
Le ossa rotte e infreddolite di Ettore M. e compagni poterono finalmente trovare sollievo nelle stanze da sogno del "Grand Continental Hotel" di quella città, anche allora conosciuta nel mondo quale importante centro per il commercio internazionale.
Le doti umane e organizzative del maggiore Manera e del tenente trentino Bazzani, unendosi allo spirito d'iniziativa e di adattamento dei prigionieri, riuscirono a condurre a buon fine quella serie di trasporti. n loro darsi da fare portò, come abbiamo visto nell'apposito capitolo, ben 2.600 prigionieri irredenti a raggiungere l'Estremo Oriente in condizioni di assoluta precarietà.



Per mare

A Shanghai, otto di coloro che avevano attraversato la Siberia nel viaggio descritto da Ettore M., e lui tra questi, furono imbarcati come cannonieri su un piroscafo che li avrebbe portati, dopo lunga navigazione, nel Mediterraneo.
Il vapore salpò il 27 gennaio. Si mosse dapprima nell'acqua dolce dello Hwangpu, gialla per il fango, tra le barche dei pescatori. Poi affrontò il mare aperto, che cominciò subito a prendere un aspetto minaccioso, a far male. Ma un po' alla volta si fece confidenziale e la navigazione, insieme con il clima, divenne calda e rassicurante.
Piano piano rimasero dietro Hong Kong e la costa cinese, Saigon e quella vietnamita, Singapore e la Malesia. Sulla linea dell'equatore il caldo si fece perfino eccessivo.

L'isola di Ceylon (Sri Lanka) apparve in lontananza perché la nave seguì una rotta tracciata più a sud per lambire le Maldive e puntare poi decisamente verso il golfo di Aden, porta d'accesso al mar Rosso.
Attraversato il canale di Suez, la nave attraccò il 5 marzo a Port Said.
Il giorno seguente, completato il trasbordo, la "Roma" lasciò l'Egitto scortata da tre torpediniere.
L' 11 marzo, a Catania, i nostri ex soldati austro-ungarici misero piede sul suolo italiano.
Dalla Sicilia non tardarono a raggiungere Napoli e Roma.
A Torino l'epilogo di un viaggio interminabile, copioso di straordinarie vicende umane. Erano le ore 16 del 16 marzo 1918.
Dopo cinque mesi e più i prigionieri irredenti partiti dalla Russia erano riusciti a raggiungere l'Italia dall'oceano Pacifico.
L'animo di Ettore M., ricolmo di preoccupazioni, disagi ed emozioni accumulate nelle vicende della guerra, della prigionia e nei mesi di viaggio per terra e per mare, poteva cominciare ad acquietarsi. Era prossima la Pasqua. Una Pasqua, specialmente per lui, di resurrezione.
Il corso delle umane vicende stava indirizzando il ventottenne Ettore Murara su strade del tutto inesplorate ma promettenti.




DAL MEMORIALE


3 agosto. Avendo appreso da altri Italiani qui prigionieri che la Missione Italiana di Pietrogrado viene incontro al bisogno dei prigionieri di guerra di nascita italiana con l'invio di giornali italiani, l'amico Carposio scrisse, tempo fa, chiedendone qualcuno.
Ieri giunsero i primi numeri del Corriere della Sera ed una cartolina del tenore seguente:
«Pietrogrado 27 (14)/VII/ 1917 N° 1413
Ho avuto la Vostra lettera e Vi ho mandato i giornali. Vi avverto che fra qualche settimana partirà un trasporto di Italiani irredenti per l'Italia.
Coloro che vogliono partire per andare a lavorare come liberi cittadini in Italia, bisogna che si diano in nota a me, scrivendomi subito.
I prigionieri irredenti che vanno in Italia non saranno impiegati per la guerra, né come soldati, né come lavoratori sul fronte o sulle retrovie. Nessun irredento può essere arruolato.
Questo vi dico per vostra norma, avvertendovi che già si trovano in Italia 4.000 prigionieri ormai liberi cittadini, che io vi inviai l'anno scorso.
Saluti, e se avete amici che vogliono ... » [qui una paginetta risulta strappata dal diario].

[C. Dellai, a nome anche degli amici, rispose immediatamente "mettendo in nota" tre loro nomi
(Da quanto apprenderemo fra poco dal diario stesso, già in luglio il gruppetto di amici aveva comunicato alla Missione con sede a Pietrogrado e con sede a Kirsanov la propria disponibilità ad essere inviati in Italia.).]

14 agosto. Ieri ricevemmo risposta dal Capo Missione di Pietrogrado. Era così concepita:
"Cesare Dellai ecc. ecc.
Ho ricevuto la Vostra lettera e vi ho subito dati in nota, assieme al fratello.

Presentatevi alla Vostra Autorità, che vi mandi il più presto possibile a KIRSANOV.
Saluti.
Il colonnello Bassignano»
(NB. La cartolina porta il timbro della Missione Italiana per prigionieri irredenti in Russia.)

Con tale scritto alla mano ci presentammo alla Signora, per prendere congedo, ma Ella ci disse che sarebbe andata, il dì seguente, al Comando Militare per informarsi e così attendemmo.

17 agosto sera. Solo oggi la Signora tornò da Tula, ma ... che risposta! Sospettando si tratti di spionaggio e di tentativi di evasione raccontò la cosa a modo suo ed ottenne così uno scritto dell’"Isponitelni Komitet" che, in sunto, diceva che a lui non è noto che prigionieri di guerra italiani vengano lasciati liberi e che, fino ad ordini contrari, non era a noi permesso di abbandonare il posto assegnato.
Ben meravigliati di tale confusione, pregammo di condurci a Tula, per chiarire la questione, al ché ci si oppose un secco rifiuto, accompagnato dalla minaccia di denunciarci come "tentatori di fuggire e rifiutante si di lavorare" se avessimo lasciato il posto per qualsiasi motivo.
Dopo un lungo battibecco, che poco onora certi signori, ci dovemmo ritirare.

19 agosto. Domenica. Senza avvertire nessuno, alle 9.30 partimmo per Koptiova e ci presentammo all'Ufficio di colà per informarci se fosse giunto un ordine che ci concerneva, e chiedendo il permesso di recarci a Tula, anche contro il volere della Signora.
Nessuna carta era giunta e nessun permesso ci fu concesso. Ritornammo a casa e riflettemmo sul da farsi.
Dopo lungo pensare, ci sembrò che l'attendere fosse tempo perso; per di più, un certo Margan di Fiume, occupato nella fabbrica di zucchero di Tula, in una cartolina del 15 diretta a Carposio diceva che egli, il 14 agosto, era stato tolto dalla fabbrica e messo in viaggio per il trasporto in Italia.

LA DECISIONE FU PRESA.
Visto che ogni giorno di attesa potrebbe costituire il ritardo che ci farà perdere il trasporto, visto che la Signora non ha in mente di lasciarci partire, avendo assoluto bisogno di lavoratori, visto che il colonnello ci dice chiaramente di presentarci alle Autorità, deliberammo di prepararci in giornata per una partenza notturna, tanto da essere a Tula prima dell'allarme, per recarci colà dall'Autorità competente e chiedere informazioni e venire eventualmente mandati a Kirsanov.

19 agosto. Ore 10.30 di sera. Con un pò di pane, zucchero, thè, miele, una muta di biancheria ci mettemmo in viaggio, salutando i compagni di prigionia.

20 agosto. Sera. Giunti in città, ci recammo direttamente alla fabbrica di zucchero per informarci dove fosse stato condotto il Margan; saputo che egli era stato condotto al Voinskj Nacialuik, ci recammo anche noi colà, dopo aver impostato una cartolina per la Missione Italiana, di questo tenore:
«Abbiamo ricevuto la Sua cartolina, ma mancando l'Autorità di Tula di qualsiasi disposizione che ci concerna, non siamo in grado di farci mandare a Kirsanov.
Temendo di essere in ritardo per il trasporto, La preghiamo di voler affrettare una comunicazione a detta Autorità, magari telegrafando, acciò veniamo presto liberati dalla presente situazione.
Ringraziando, Murara ecc. ecc.»
Dal Comando militare, in fin dei fini, dopo tanto domandare, pregare, insistere, ci fu risposto: «Ritornate a casa e quando riceveremo un atto che Vi riguardi vi faremo condurre qui per l'inoltro a Kirsanov. Senza tale atto non possiamo fare nulla.»
Ci si disse che, forse, l'indomani sarebbe giunto lì un ufficiale italiano al quale noi esplicammo il problema con una cartolina postale, pregandolo di adoperarsi per la soluzione.
Il ritorno a Staroe
Recatici a bere il thè, si discusse sul da farsi. Renato voleva fermarsi a Tula con vaghe idee, poi si unì a noi e ritornammo a Staroe, partendo da Tula verso le una di giorno, ed arrivando alle 8 di sera, dopo aver fatto oltre 50 verste a piedi.
L'impressione della nostra partenza non preavvisata, l'allarme alle 4 di notte, le cure del Capo e della Signora, le chiacchiere e tutto il seguito sono cose solo da dirsi ma non da descriversi. Ridicola è pure la pena inflitta dal Rappresentante del Volost di Koptiova: diminuzione di un giorno di paga!

31 agosto. Fino ad oggi attendemmo, senza riceverla, una riga riguardo all'affare suesposto.
Perciò scrivemmo una lettera così concepita:
«Staroe 31 agosto 1917.
Alla benemerita Missione Italiana per i prigionieri di guerra in Russia.
I sottoscritti pregano cod. Missione Italiana di tenerli per iscusati se ancora una volta si rivolgono costì per informazioni su cose che ci interessano assai e senz'altro esponiamo in breve la cosa.
Invitati dal sig. Colonnello Bassignano, Capo della Missione Italiana di Pietrogrado, aderimmo tutti e tre alla proposta di venir mandati in Italia, con lettera raccomandata del 21 luglio c.a. ed in pari tempo rendemmo avvertita della nostra decisione cod. Missione di Kirsanov pure a mezzo scritto della stessa data e pregammo che venissero prese le disposizioni necessarie per il nostro trasporto.
Dopo una settimana ricevemmo da Pietrogrado una cartolina in cui ei si diceva di presenta rei alla nostra Autorità per essere trasportati ed inviati a Kirsanov.
Noi ci recammo però a Tula dall'Autorità militare, ove ci fu esposto come già altri fossero stati inviati a Kirsanov, ma che per noi non era giunto alcun atto che autorizzasse detta Autorità ad accettarci e ad inviaci a Kirsanov. Ci si rimandò dicendoci di attendere una disposizione ufficiale.
Avvertimmo della cosa il sig. Capo Missione di Pietrogrado ma non avemmo finora alcuna evasione.
Temendo di attendere invano e di non giungere eventualmente in tempo per il trasporto, ci rivolgiamo colla presente a Lei pregandoLa di volerei informare a mezzo dell'allegata cartolina, di ciò che può essere avvenuto per tranquillizzarci, ed intanto, ringraziandoLa anticipatamente del bene che sta per farei, ci segniamo col massimo rispetto, Ettore Murara (Roncegno), Renato Carposio (Fiume), Cesare Dellai (Pergine).»

Risposta
«Ettore Murara, ho scritto a Pietrogrado, inviando la loro lettera, perché si telegrafi ancora per il loro concentramento a Kirsanov. Speriamo quindi presto. In caso la richiesta ritardasse ancora, loro si potranno rivolgere direttamente a Pietrogrado al Capo della Missione, colonnello Bassignano.
Tanti saluti, Maggiore Manera.:

Facemmo seguire la seguente raccomandata:
«Staroe, 15 settembre 1917.
Distinto Signor Colonnello, Capo Missione di Pietrogrado.
Ricevemmo giorni fa una cartolina da Kirsanov, del maggiore Manera in risposta ad una ns. lettera, scrittagli pregandolo di chiarimenti circa il nostro concentramento a Kirsanov.
Da detta cartolina apprendiamo che Egli inviò a Lei detta ns. lettera e perciò non ci resta nulla da aggiungere se non rinnovare la preghiera, acciò Ella voglia affrettare il giorno che ci liberi dalla presente situazione.
Forse Ella ci avrà data risposta, ma purtroppo, la nostra Signora non è troppo tenera per la ns. corrispondenza e prima di farei avere gli scritti a noi indirizzati li trattiene settimane intere o addirittura li fa sparire.
Dato simile sgradito modo di agire con noi, ci industriamo di evitare un eventuale ritardo di posta col pregare Lei di scriverei quello che potrà direi sul ns. caso, servendosi dell'allegata lettera raccomandata, che essendo tale, dovrà giungerei di certo al più presto.
Nel mentre La preghiamo di scusarci del disturbo, che con ciò Le arrechiamo, ci segniamo col massimo rispetto: Ettore Murara, Roncegno Cesare Dellai, Pergine Renato Carposio, Fiume»

Non avendo nessuna risposta fino al 26 settembre, e appreso da una cartolina di Stochick che egli si trova a Kirsanov già dal 7 c. m., indirizzai, a nome di tutti e tre, una cartolina al maggiore Manera, del seguente tenore:
«26 settembre 1917.
Distinto Signor Maggiore,
seguendo il consiglio datoci nella Sua del 6 c.m. per la quale La ringraziamo sentitamente, dopo aver atteso invano una soluzione alla nostra questione, ei rivolgemmo con lettera raccomandata risposta pagata- al Capo Sezione di Pietrogrado, chiedendogli informazioni su tale inesplicabile cosa, ma finora non avemmo l'onore di una risposta.

Recatomi a Tula ebbi l'occasione di presentarmi al Voiuskj Nacialnik e alla Semska Uprava per informarmi se fosse giunto qualche scritto che ci riguarda, ma nulla.
Ora apprendiamo da una cartolina di un certo Luciano [Margan?] iscrittosi dopo di noi, che egli si trova costì già dal 7 corro e vedendo che il tempo passa e che presto partirà il trasporto senza di noi non sappiamo trovar pace.
Ci rivolgiamo però ancora una volta a Lei, come all'ultima tavola di salvataggio, colla preghiera di voler telegrafare alla Semska Uprava per il nostro concentramento a Kirsanov.
Ringraziandola sin d'ora dal più profondo del cuore a nome dei compagni Renato Carposio e Cesare Dellai, mi segno di Lei dev.mo Ettore Murara.»

Il funzionamento della posta
Il portalettere, che si recava settimanalmente tre volte da Tula a Persino e viceversa e che aveva l'incarico di portare la ns. posta fino ad Aloscinia si è dimesso giorni fa e non è più stato sostituito. Perciò la posta verrà mandata da Tula col treno Tula Kaluga fino alla seconda stazione dopo Malakova e da là, con un calesse per Popovka a Persino giornalmente.
A me perciò non è più in vista una gitarella ad Aloscinia bensì a Perscino, che dista da qui 8 verste ca.

19 settembre. RACCOMANDATA DA PIETROGRADO
«I vostri nomi sono già stati dati in nota due volte allo Stato Maggiore per il rimpatrio e credo che a quest'ora l'ordine di mandarvi a Kirsanov sia stato mandato alle Autorità. Così pure è stato chiesto l'invio a Kirsanov di Arturo Dellai.







Se fra qualche giorno non sarete arrivati a Kirsanov, io farò una nuova richiesta e telegraferò al Comando vostro. Sarà bene che mi scriviate ben chiaro dov'è il Vostro Comando»
Il Colonnello Bassignano

Al sig. Dellai giunge una cartolina del fratello Arturo arrivato a Kirsanov il 20 settembre.

Lettera alla Missione Italiana in Pietrogrado
«Staroe, 27 settembre 1917.
In possesso della Sua raccomandata del 19 settembre, La ringraziamo e La preghiamo di telegrafare tantosto alla Semska Uprava in Tula. Essa ci mandò al lavoro in campagna e senza consenso non possiamo lasciare la tenuta ove lavoriamo.
Arturo Dellai è già arrivato a Kirsanov. Ringrazio anche per Carposio e Dellai. In attesa, col massimo rispetto, Ettore Murara. »

Recatomi a Tula al Voiuski Nacialnik, ancora nessuna notizia. Anche al [illeggibile] nessuna nuova.
Mi si dice di annunciarmi al Volost e a mezzo dello stesso al Voiuski Nacialnik, che poi si verrà a Kirsanov.
Non soddisfatto del risultato mi reco alla Semska Uprava e il Comandante dei prigionieri di guerra mi dice d'aver già detto ad un altro che fa d'uopo presentarsi al Comando di polizia per una carta che ci permetta di lasciare la Livenzova.
Risposi come scrissi a Pietrogrado; così va la storia in lungo.
«Ebbene», soggiunse, «venite qui domani alle undici, o alle dodici, e vi manderò via.»
Mi diede uno scritto in cui chiedeva alla Livenzova di lasciarci subito partire.
Scrissi tosto a Pietrogrado che non era necessario più nessun passo, già ben inviati.


29 settembre. Tornai a Staroe trascurando l'incarico dei bagagli e del Vodagoroscio ... ed esposi la cosa ai compagni, lieti del risultato, ed alla Livenzova, tutt'altro che lieta.
Per ostacolarci, essa pensò di andare al Volost e successe il crack che resterà per lei memorabile, come memorabile resterà per i deputati Karol e Starosta di Staroe che vennero ad udirei, dietro invito della babazza.



Sul mattino di buon'ora, non restando ci altra via ci incamminammo, dopo aver avvertito Karol, deputato, ed aver incassati due rubli di paga, verso Tula ove ci recammo tosto alla Semska Uprava.
Da qui, con uno scritto, fummo tosto inviati al [illeggibile] ove attendiamo la carta per Kirsanov, che ci verrà data lunedì primo ottobre.

1° ottobre. Dopo ... il teatro di ieri, oggi la partenza.

4 ottobre. Kirsanov. Da qui scrivo a Morelli - Kocnipoba. Lo invito a venire qui.
Qui trovai i maestri Menestrina, Lorenzoni, Demicheli, Kerschbaumer ecc.
(Da Kirsanov, quello stesso 4 ottobre, Ettore scrisse ai familiari dicendo: «Siamo raggruppati qui oltre 2.000 Italiani, in attesa di venir mandati a vivere in Italia ... Qui trovai molti conoscenti, di Roncegno solo Umberto Ticcò.»)

11 ottobre. Partenza da Kirsanov per Arcangelo, ore undici di notte.

12 ottobre. Arrivo ore 9.30, 1° rancio.

13 ottobre. Ore 8 ant. arrivo a [illeggibile]. Balzo dal treno. Thè e pane, ore 3 pom.

13 ottobre, notte. Passaggio vicino a Mosca.

14 ottobre. Partenza da una stazione di Mosca "Cepriobo" e per Arcangelo ore 12.30.

15 ottobre. Ore 4.30 di mattina; si passa il Volga. Ore 8 di mattina, fermata a Danilov.
Alla sera, ore 8, si arriva a Vologda; 2° rancio.

16 ottobre. È giunto ieri sera l'ordine di fermarsi qui perché la partenza è alle 10 di mattina. Si attendono disposizioni.

19 ottobre. Dopo tre giorni di vita nei vagoni siamo trasferiti in baracche in attesa di ordini da Arcangelo. Riceviamo un pasto al dì e alla stazione ferroviaria possiamo ricevere, col biglietto, del pane fino a 24 k. (un funt).

23 ottobre. Ieri partirono i primi dieci (i più anziani).

[Manca una pagina nel manoscritto. E da lì in poi, non si trova annotato più nulla, fino al Natale 1917.]

NATALE1917
25 dicembre. Partenza alle ore 7.30 da Pietrogrado col postale.

26 dicembre. Viatka
(È, dal 1934, l'odierna Kirov)  ore 7 di sera.

27 Dicembre. Perm. ore 8 di sera. Passaggio sul maestoso ponte del fiume Kama
(Siamo sulla linea Vologda - Yekaterinburg, poco prima degli Urali. Per m è importante porto fluviale situato sull'alta riva sinistra del fiume Kama.). Dal Comando si ricevono 3 funt di pane a testa.

28 ottobre. Ekaterinburg
(Città della Russia situata presso le propaggini occidentali degli Urali. Fondata nel XVIlI sec. col nome di Ekaterinburg, nel 1924 fu ribattezzata Sverdlovsk. Cambiò poi ancora la sua denominazione in Yekaterinburg. Importante città di transito per la Siberia, poi nodo ferroviario della transiberiana. Negli ultimi decenni ha subito un enorme sviluppo.) ore 4 pom. Thè e zucchero

29 Dicembre. Tjumen, ore 10 ant.

30 dicembre. Omsk. Ore 11. Passaggio sul ponte dell'Irtisch. Comperiamo burro a quattro rubli.

31 dicembre. Non si trova più legna e si soffre il freddo.
Novonikolaevsk,
(Poi Novosibirsk.) ore 11 di notte.
Partenza. Giornata prima del 1918!



        




1918

10 gennaio. TAIGA. Ore 4,45.

2 gennaio. Acinsk - ore 1 pom.

3 gennaio. KRASNOJARSK - ore 9 pom.

4 gennaio. NISCHNEUOINSK
(Oggi Nizhneudinsk.) - ore 5 ant.

5 GENNAIO IRKUTSK- ore 5 ant. Baikal - ore 7 ant.

6 gennaio. XILOR.

7 gennaio. CITA
(Cita, Importante stazione sulla transiberiana, capolinea della diramazione per la Manciuria)  - ore 5 ant. Adrianoska - ore 12 ant.

8 gennaio. Karimskoe per Dauria, ove si subisce la visita dei documenti.
Si arriva al confine con la MANCIURIA alle 11 ant. In viaggio vedemmo i cammelli al pascolo.

9 gennaio. KAILAR[Hailar].

10 gennaio. Alle 7 di mattina giungemmo a KARBIN
(Karbin e Harbin. Dal 1934 al 1945 Pinchiang. Poi ancora Harbin.). Recatomi alla stazione per istruzioni, capisco che nessun ufficiale italiano fu qui e che nessun ordine c'era per noi.
Due si recarono dal Console francese e, meraviglia, rispose che aveva disposizioni per noi!
Sbarcammo e prendemmo posto in due vagoni, in attesa di novità.

11 gennaio. Alla sera si apprende che è già giunto da Pechino un maresciallo dei carabinieri per condurci via domani.

12 gennaio. Si parte per Cian-Ciu in circa ottanta. Faccio buona provvista di burro, pane e salame.

13 gennaio. Alle 11 di notte di ieri arrivammo a CHANG-CHUN (Cian-Cìu), ove attendemmo fino alle 7 del mattino per proseguire il viaggio. Prendemmo un mezzo bagno e ricevemmo un po' di burro, salame e biscotti.
A [illeggibile] termina il tronco ferroviario di influenza russa, ed entriamo in zona giapponese
(All'inizio del 1900 la Russia esercitava sulla Manciuria alcuni diritti e una massiccia influenza economico-militare. Al termine del conflitto russo - giapponese (1904-05) il Giappone si assicurò il controllo della ferrovia della Manciuria meridionale, da Changchun alla penisola del Laotung, alla cui estremità c'era Port Arthur (l'odierna Dalian). Negli anni seguenti si venne a creare in Manciuria una sfera d'influenza russa nella parte settentrionale, e giapponese nella rimanente. Dalla fine della seconda guerra mondiale la Manciuria è regione della Repubblica popolare Cinese.).
MUKDEN.
(Mukden è nome mancese del capoluogo Shenyang.) ore 4 pom. Si riceve un rancio assai saporito.

14 gennaio. SHAN-HAI-KWAN. Muraglia cinese.

14 sera. TIENT-TSIN. Impossibile descrivere il mutamento.

15 gennaio. Partenza per l'Italia con altri prigionieri

16 gennaio. Passata la notte vegliando.
16 sera. Arrivo a NANKING (= Nanchino).
Passaggio in vapore sul fiume YANG TSE KIANG,1.200 mt. circa di larghezza.
Casotto successo si colla polizia; per causa della signora austriaca, e proseguimento del viaggio in 2a cl. del diretto.

17 gennaio. Ore 7 ant. arrivo a SHANGHAI. Ci attendeva alla stazione un ex alpino con tre marinai. Accompagnati all'albero "Grand Continental Hotel" prendemmo una colazione abbondante e poi ci recammo in tranvai dal Console.
Bella impressione della città e dell'accetto.
Si partirà il 22. Anche qui, però, fa freschetto; con i nostri vestiti non si deve andar molto attorno.

18 gennaio. Invito. Trovo il signor Sorgatto, che mi fornisce di un vestito e di biancheria.

27 gennaio. Domenica. Partenza. Ci troviamo a bordo del "Hwan-Ting" Deike Rickmers, da 4 giorni.

28 gennaio. Si naviga ancora in acqua dolce; è tutta piena di fango giallo.

29 gennaio. Il mare è quieto e desta un appetito immenso.

30 gennaio. Continua la vista di barche di pescatori, che, sfidando le onde, vanno alla pesca.

31 gennaio. Oggi il mare incomincia a farmi male; le onde si fanno sempre più grandi ed il piroscafo fa l'altalena. Si passa innanzi ad HONG KONG.

1° febbraio. Continua il mal di mare.

2 febbraio. Il mare è quieto e sto bene. L'appetito si ridesta.

3 febbraio. Si passa lungo la costa della Cocincina e si vede SAIGON
(Saigon. Dal 1976 Ho Chi Minh), senza fermarsi.
NB. Si incominciano i bagni di mare. Il clima è assai dolce. L'acqua del mare è 25°. Di notte si ammira la fosforescenza del mare.

6 febbraio. SINGAPORE.

10 febbraio. Partenza da Singapore, dopo aver fatto acquisto di conchiglie, cartoline ricordo e di un anello d'oro con pietra di rubino.
Il caldo è stabile, 300 in cabina. All'aperto al sole non so quanto. Siamo bruciati dal sole.

14 febbraio. Continua il caldo ed il viaggio diventa nauseante per vari motivi.

16 febbraio. Invece di toccare Colombo
(Siamo allargo dello Sri Lanka (Ceylon, prima del 1971).) si prende una rotta molto più in basso, a poca distanza dall'Equatore e così
il 17 febbraio si scorgono le MALDIVE.

22 febbraio. Il mare oggi, ieri e ieri l'altro è stato assai agitato e di notte entra persino dai finestrini della cabina.

23 febbraio. Dalle 8 alle 22 si viaggia verso Ovest, Nord-ovest.

24 febbraio. È domenica. Si passa a Sud-ovest dell'isola di SOCOTRA avvicinandoci alla baia di ADEN.

26 febbraio, sera. Si passa vicino a PERIM, senza vederla.
Subita la visita della Finanza inglese si prosegue il viaggio.

27 febbraio. Nel MAR Rosso, ad ovest, si vedono molti isolotti e all'est dei monti, rischiarati dal sole nascente.

3 marzo. Entrata nel Golfo di Suez.

4 marzo. Ore 9 di mattina. Arrivo a SUEZ.
Partenza da Suez per il canale alle 9 pom. dello stesso giorno.

5 marzo. Ore 11 ant., arrivo a PORTO SAID. Qui si apprende che il piroscafo viene scaricato e che ritorna in Cina.
Per fortuna c'è un piroscafo italiano, che parte domani per l'Italia.


6 marzo. Ore 8 ant. Siamo trasbordati sul "Roma", che parte alle 4.30 di sera.

7 marzo. Ore 10 ant. Arrivo ad Alessandria, scortati da tre torpediniere.
Partenza alle 3 pom. (5 navi mercantili, 3 torpediniere).

11 marzo. La scorta e le altre navi ci lasciano e proseguiamo soli per Catania, ove arriviamo alle 3.30 pom.

12 marzo. Sbarco, visita e partenza per Messina. Arrivo a Messina alle 9 pom.

13 marzo. Partenza da Messina.

14 marzo. Arrivo a Napoli, alle ore 11. Si pranza alla "Trattoria Romana" (lire 3,56).
Partenza per Roma alle 4 pom.

15 marzo. Ieri sera, alle 11, arrivo a Roma; a mezzanotte, partenza per Torino.

16 marzo. Arrivo a Torino alle 4 pom.

31 marzo. P A S Q U A.

1° aprile 1918. IN ATTESA DI OCCUPAZIONE.

Il 5 aprile, quindi 20 giorni dopo lo sbarco e appena quattro dalla conclusione del diario, Ettore M. trovò occupazione come impiegato presso il Consorzio Granario Provinciale di Genova con altri cinque trentini (poi diventati sei), tra i quali il maestro Fedele di Telve (prima della guerra insegnante a Telve di Sopra).
In una lettera alla famiglia del 19 gennaio 1919, Ettore M. fece sapere che a Genova c'erano pure un certo Mengarda (conosciuto ai suoi) occupato in un collegio e, nei dintorni, alcune famiglie roncegnesi.


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25/02/2023
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