Il ricordo dei testimoni - Gruppo Alpini Roncegno

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Il ricordo dei testimoni

La 1a G.M.



IL RICORDO DEI TESTIMONI

di Vitaliano Modena



Fra le poche persone viventi, testimoni diretti dell'internamento a Katzenau, vi sono il poeta roncegnese Marco Pola e la sorella lolanda.
Li ascoltiamo mentre raccontano le loro esperienze, vissute con l'animo di fanciulli.

Evoca la signora lolanda: A Katzenau c'erano limitazioni e scarsità di cibo, però la vita non era per noi durissima. Appena possibile frequentammo anche le scuole e con buon profitto. Avevamo valenti e buoni maestri: Rizzi, Penasa, Tamanini (di quest'ultimo ricordo ancora le canzoni ricche di sentimento che ci insegnò).  Consistente era la nostra prepara-zione di base, superiore a quella dei triestini: lo dicevano gli insegnanti con orgoglio. Venne istituita pure una prima ginnasiale, affidata a un professore tedesco, sacerdote; la frequentai l'ultimo periodo, prima dello scioglimento del campo.


Internati roncegnesi: seduti Luigi Thiella e Massimo Dorighelli (sulla sedia);
in piedi, da sinistra: Vittorio Pola, Stefano Specher, Bernardo Bardin, Leonida Gionzer.


I ricordi di Marco Pola sono ricchi e vivi; cominciano ancora dall'arrivo a Linz.
Fatti salire su un treno normale, con vagoni per viaggiatori, scendemmo a Linz, da dove proseguimmo per Katzenau su un carro. Il papà, che era nel campo da più di tre mesi, avvertito del nostro arrivo, ci venne incontro sul cancello d'entrata e in quel momento la mamma svenne, probabilmente per la stanchezza e le emozioni provate. L'accampamento, costituito di molte baracche, era tutto circondato da reticolati. I gendarmi montavano la guardia con particolare severità; avevano represso nel sangue alcuni tentativi iniziali di fuga. A noi fu assegnata la baracca 44, che abitavamo con una decina di altre famiglie. Non essendoci la suddivisione in stanze, ognuna raggiungeva lo scopo in modo precario, tirando delle coperte. Dopo un anno e mezzo traslocammo nella baracca n. 13. Le varie famiglie vi avevano il loro appartamentino di due stanze: in una si dormiva tutti insieme, nell'altra si viveva di giorno e si cucinava qualcosa. Le cucine erano comuni. Dopo aver fatto la fila, ci riempivano la gavetta di minestra, in cui si trovava qualche pezzo di rapa che vi nuotava; una pagnottina immangiabile completava il pasto.Chi aveva possibilità economiche, comperava qualcosa in bottega; i più pativano la fame. Ricordo un episodio di cui sono stato protagonista. Al di là del filo spinato c'era una baracca, più bella di tutte, con fiori alle finestre e un giardino davanti: era l'alloggio del comandante del campo. In quel giardino era cresciuto, in mezzo a tanti fiori, un enorme girasole. Un giorno decisi, con il mio amico Andrea che abitava nella stessa baracca, di rubarglielo: i suoi semi avrebbero riempito un po' i nostri stomachi vuoti. Atteso il momento opportuno, quando le guardie si erano allontanate, ci avvicinammo al filo spinato. Andrea lo sollevò, io scivolai sotto, e altrettanto fece lui appena fui in grado di restituirgli il servizio. Ci trovammo così nel giardino del comandante. Sotto i colpi veloci e decisi della mia roncolina, il grosso girasole cadde a terra. Fuggimmo sotto un albero nel prato vicino e, nascosti alla vista, mangiammo, soddisfatti per la bontà dei semi e per l'ottima riuscita dell'impresa. Rientrammo quindi con facilità alla nostra baracca. Il giorno seguente vennero da noi due gendarmi; senza proferir parola ci presero per un orecchio e ci condussero in una baracca
(La baracca 26 era il luogo di reclusione per i contravventori al regolamento del campo,incolpati di delitti non gravi.) dove rimanemmo rinchiusi per alcune ore, al buio, pieni di paura e senza nulla da mangiare e da bere. È facilmente immaginabile la nostra disperazione. Finalmente ci liberarono e ritornammo in famiglia. Appena in baracca ricevemmo, al posto dei rimproveri, caramelle, biscotti, cioccolata un po' da tutti: fummo accolti come eroi (Al fatto si accenna nel saggio citato alla nota n.6. Vi si legge: "Tre bambini vennero puniti con sei ore di cella di rigore, per aver strappato un girasole".). In seguito allo straripamento del Danubio (Ai primi di gennaio del 1917 la landa venne allagata dalle acque del Danubio, provocando anche nell'accampamento confusione e terrore), tutta la pianura venne allagata. L'acqua rimasta negli avvallamenti gelò, perché era inverno, e quel ghiaccio fu per noi occasione di lieto divertimento. In una baracca c'era la scuola che frequentavo con il maestro Tamanini, valente insegnante di musica. Un bel giorno entrò in classe un signore e chiese al maestro se ci fossero tre scolari dotati di bella voce. E così Andrea, Dante e io ci trovammo nella baracca di Romano Joris. Guidati al piano da lui, imparammo una canzone la cui musica era di Giacomo Sartori e le parole dello stesso Joris: era l'inno di Katzenau. Ricordo che quando lo eseguimmo di fronte a tutta la gente dell'accampamento, l'entusiasmo era indescrivibile e i battimani non finivano mai; la commozione aveva preso tutti.


B. Bardin, il primo da sinistra, con altri internati.




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25/02/2023
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