In viaggio verso l'ignoto - Gruppo Alpini Roncegno

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In viaggio verso l'ignoto

La 1a G.M.



IN VIAGGIO VERSO L'IGNOTO

di Vitaliano Modena



La gran massa dei profughi che aveva raggiunto Pergine e non aveva trovato ospitalità o lavoro nei paesi del circondario venne dirottata verso l'Austria e la Boemia.
I gruppi familiari cercarono di tenersi uniti con i parenti e i conoscenti (questo fu favorito dalle autorità, ma non sempre riuscì).
I bambini recavano bene in vista un numero di riconoscimento.
La situazione a Pergine era stata tanto precaria che il treno con i vagoni bestiame venne accolto da qualcuno come una liberazione.
I vagoni, depositati alla stazione, furono riempiti di gente e di roba; si fece salire perfino qualche animale.
Lo sferragliare delle ruote che prendevano l'avvio ferì ancora una volta il cuore oppresso di chi vedeva la valle allontanarsi e il futuro gravare di incertezze e angosce.
Dove sarebbero andati? Sarebbero ritornati tutti? Quando?
I bambini, con l'animo più leggero, trovavano modo di soddisfare la curiosità guardando dagli spiragli e facevano trascorrere il tempo trastullandosi un po'.
Il treno stipato di dolore procedeva lentamente; le ore si susseguivano alle ore, il giorno alla notte, i disagi alle sofferenze.
Alle stazioni stabilite una sosta prolungata, i rifornimenti, i controlli, gli occhi di coloro che volevano vedere i volti di un dramma gigantesco.
Finalmente s'intravide la destinazione: Pottendorf. Sarà quella definitiva?



Più di un convoglio venne allestito per il trasporto dei nostri profughi, a partire dai primi di settembre, con lo stesso percorso e le medesime pene.
Diversi, invece, i tempi delle soste e delle percorrenze, gli inconvenienti e la conclusione del viaggio.
I profughi vennero a trovarsi per pura coincidenza in Austria o in Boemia, in un paese o nell'altro, secondo il numero del convoglio o del vagone.
Noi, i Bazzanella e i Rozza, ci incamminammo con la promessa di rimanere sempre uniti. Invece i Bazzanella si trovarono in un paese molto distante dal nostro perché erano su un altro vagone.
Ricorda una testimone: Ci distinarono a Mitterndorf. Quelli che partirono il giorno dopo di noi furono inviati in Boemia.
Alcide Degasperi fornì le seguenti informazioni
(Alcide Degasperi, "I profughi in Austria", in Il martirio del Trentina, Milano, 1919.) : Il viaggio fu disastroso: a Bolzano i treni venivano arrestati e se ne tiravan fuori tutti gli uomini dai 14 anni in su, che venivano strappati tra strilli, pianti e proteste alle loro famiglie e mandati al fronte, a lavorare nelle trincee.
A Salisburgo, in attesa che la famosa Commissione di perlustrazione assolvesse il suo compito di assegnare agli arrivati una dimora nelle provincie interne dell'Austria, i profughi dovettero passare notti terribili all'aperto o in una luridissima tettoia di mattoni.
Il disordine era spaventoso, lo smistamento dei treni avveniva in modo che i profughi dello stesso paese si trovavano divisi, anzi i membri della stessa famiglia venivano trasportati in provincie diverse, così che per tre o quattro mesi durò l'affannosa ricerca delle famiglie, alcune delle quali non si ritrovarono assieme che molto tardi".  
In riferimento a quest'ultima difficoltà, si dice nella Città di legno
(La città di legno, a cura di Diego Leoni e Camillo Zadra, Trento, Temi, 1981.) che "ancora nel marzo del 1916 Giovanna Montibeller cercherà il figlio tredicenne smarritosi in novembre nel viaggio da Pergine a Pottendorf."
Sul viaggio di trasferimento i ricordi dei testimoni sono molteplici.



Nel vagone dividemmo il posto con le capre dei Caumo. Il vagone era illuminato con una lanterna. In un angolo, dietro una coperta tirata a mo' di tenda, c'era un bidone: quello era il gabinetto. Il bidone veniva vuotato quando si era in aperta campagna. Si dormiva addossati l'uno all'altro su un po' di paglia gettata sul pavimento. A Salisburgo ci fermarono 24 ore. A Salisburgo, il treno si fermò per una pausa; ci distendemmo sulla paglia. Uno dei nostri bambini aveva tanta febbre. Don Fedele, cappellano a Novaledo, ottenne che bambino e mamma potessero scendere; ci raggiunsero in seguito. Credendo che si trattasse di malattia contagiosa, il vagone venne sigillato. Alle fermate i gendarmi montavano la guardia perché nessuno aprisse e scendesse, non era consentito nemmeno sporgersi. Giunti a Praga, fummo prelevati da una carrozza e portati in ospedale, sempre perché ritenuti infetti. Vi rimanemmo venti giorni, tutti in un locale. Trascorso questo periodo ci inviarono nel paese di Hostivar e più tardi a Cernosice. Dal treno vidi tante novità: paesi, città, macchine che lavoravano i campi, specialmente nel Salisburghese. Giunti a Neuhaus, in Boemia, appena scesi dal treno, la mia attenzione fu attirata dall'etichetta applicata sulla bottiglia dell'acqua minerale di Roncegno esposta nella vetrina della farmacia; quanto mi fece piacere vederla! Avevo la sensazione che un poco del mio paese si trovasse in quella terra. Nell'ultimo tratto di ferrovia, prima di giungere a Pilgram, cittadina non molto distante da Praga, una donna che viaggiava insieme con noi piangeva perché, alla fermata precedente, suo marito era rimasto a terra, sorpreso dall'improvvisa partenza del treno. Quell'uomo raggiunse ifamiliari una settimana dopo.




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25/02/2023
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