Infermità e decessi - Gruppo Alpini Roncegno

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Infermità e decessi

La 1a G.M.



INFERMITA' E DECESSI

di Vitaliano Modena



Il sentirsi in terra straniera, impossibilitati spesso a curarsi nel modo dovuto e consueto, lontani dalle persone di fiducia e competenti, e dal cimitero dove erano sepolti i propri cari, accrebbe notevolmente le apprensioni e le sofferenze.
Le malattie furono quelle del tempo e di sempre, e colpirono soprattutto i piccoli e gli anziani: malattie infettive, da raffreddamento e da invecchiamento; non mancavano i comuni incidenti.
Unica terribile novità dell'ultimo periodo, la spagnola.


Boemia, Nepomuk. La famiglia Montibeller: il nonno Carlo e la signora Maria Fiorentini
con i figli Angelina, Carlo, le gemelle Silvia e Rina, Giuseppe e, dietro, Riccardo


Mi ammalai di scarlattina. I familiari mi avvolsero in coperte, mi adagiarono su un carro e mi portarono all'ospedale. Le autorità fecero disinfettare tutta la casa. Non vedevamo medici. La mamma aveva sette figli: due di essi morirono nello stesso giorno. Mentre la mamma ne vestiva uno, spirava l'altro. Il papà mise i due corpicini in una piccola cassa di legno, li portò lontano per qualche chilometro fino al paese vicino e li fece seppellire là. In quel periodo morirono diverse persone, per lo più bambini e vecchi, parte di essi per la spagnola. Anch 'io ne fui contagiato, ma riuscii a guarire stando al caldo e bevendo rum: dicevano che era l'unico modo per combatterla. Ricordo Andrea Dalprà, un giovane grande e forte, tornato dal fronte a guerra finita: probabilmente aveva preso freddo in treno, forse era già ammalato di spagnola, fatto sta che in otto giorni da sano e forte qual era, arrivò nella tomba. Una giovane diciassettenne, Elvira, annegò nel fiume scivolando da una passerella. Suo nonno morì poco prima del rimpatrio. Per il funerale di una bambina handicappata mi feci fare 'un bel cuscino di fiori dal giardiniere del conte. Quando qualcuno era nel bisogno o capitava una sventura, eravamo tutti solidali, come i membri di un'unica grande famiglia. Nel cimitero del paese era riservato un posto per tutti i nostri morti. Lo zio, ferito seriamente a un braccio, ottenne di poter lasciare il fronte e raggiunse i familiari in Boemia. Anche lui trovò lavoro presso il conte che lo prese a ben volere. Un giorno i suoi due bambini s'ammalarono con febbre alta. Secondo l'usanza di là, la zia fu consigliata di immergere i piccoli nell'acqua fredda. Poco dopo quel bagno le due creature morirono. L'attesa per un nuovo figlio sembrava aver riportato serenità ai genitori. Ma poco dopo il lieto evento, la zia si ammalò di febbre puerperale e non ci fu nulla da fare. Il conte si preoccupò del neonato e lo affidò a una signora che si prese cura di lui. Ma una banale caduta dal letto ebbe per il piccino letali conseguenze. Il conte fece costruire un monumento per la zia e i suoi tre figli.
Oltre un centinaio di roncegnesi furono sepolti in terra boema: una ventina di S.Brigida, più di 30 della parrocchia di Roncegno e una sessantina di Marter.



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25/02/2023
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