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TUTTI I TESTI E LE CARTINE SONO TRATTI DAL LIBRO
"ITINERARI DELLA GRANDE GUERRA IN VALSUGANA ORIENTALE E TESINO"
DI LUCA GIROTTO E FRANCO GIOPPI
10° Visita al Forte Corazzato di Cima Campo
Il forte italiano di Cima Campo, eretto tra 1906 e 1912, rappresentava la più potente delle opere corazzate dello "Sbarramento Brenta- Cismon", il sistema difensivo destinato a tutelare il confine del regno d'Italia tra il Monte Pavone e l'altopiano dei Sette Comuni vicentini. Come le altre fortezze, anch'esso non ebbe modo di dispiegare la potenza delle sue artiglierie, causa la precoce ritirata austriaca su una linea molto arretrata rispetto al confine. Per l'autunno 1917, quando il disastro di Caporetto impose agli italiani un ripiegamento nel quale la sua azione protettiva e ritardante l'avanzata nemica sarebbe stata oltremodo utile, forte Campo era ormai stato completamente privato di qualsiasi capacità offensiva: asportate le artiglierie, rimosse le mitragliatrici, svuotati i magazzini, l'opera blindata era solamente uno scatolone vuoto di cemento ed acciaio. Ciononostante, un battaglione d'alpini vi si asserragliò opponendo per due giorni una tenace e disperata resistenza che ebbe un ruolo determinante nel favorire l'assestamento della nuova linea italiana sul Monte Grappa e nel ritardare l'urto austriaco contro quell' estremo baluardo prima della pianura.
Forte Campo, assieme al forte di Punta Corbin sull' altopiano di Asiago, fu la prima opera fortificata moderna realizzata sul confine con l'impero asburgico dopo il 1900: era dotato di sei cupole corazzate per cannoni in acciaio da 149 mm, otto cannoni da 75 mm, sei mitragliatrici in torrette corazzate retrattili ed altre cinque in casamatta blindata. Nel dopoguerra, già danneggiato dalle esplosioni effettuate dagli austriaci poco prima dell'armistizio, venne depredato di tutte le parti metalliche da privati e ditte dedite del recupero di materiale ferroso. Per decenni l'opera rimase in stato di estremo degrado, ridotta ad occasionale cava di materiali da costruzione per le abitazioni dei dintorni, fino a quando, all'inizio del nuovo secolo, un progetto di recupero finanziato dalla Comunità Europea non ne risollevò le sorti.
• Partenza. La strada più comoda per arrivare a forte Campo è quella che sale da Castel Tesino verso Celado. Giunta sull'altopiano, la carrozzabile ne percorre il ciglio sud-occidentale per alcuni chilometri oltrepassando il Col della Cimogna (ristorante "il Cacciatore") fino a superare il confine tra le province di Trento e di Belluno, posto nei pressi del ristoro "da Bettin" (mt 1.440). Qui è possibile lasciare l'automobile e proseguire a piedi verso est per poco più di un chilometro fino alla Malga Campo ed all'omonima opera corazzata (mt 1.512). In alternativa, si prosegue con l'auto per altri 2 km in falso piano fino a Malga Col di Gnela, situata sulla sinistra della strada, proprio dove sul lato opposto si stacca un tratturo ghiaioso percorribile con un po' d'attenzione da qualunque autoveicolo. Lungo questo tracciato, in circa 2 km e rasentando i vecchi alloggiamenti della guarnigione, si perviene all'ampia spianata retrostante all'opera di Cima Campo ove si può parcheggiare senza difficoltà alcuna.
• La costruzione ha recentemente beneficiato di imponenti lavori di lavori di puntellamento della facciata sud-orientale delle casematte della guarnigione, pericolante e minacciosamente incombente sul cortile di gola. I restauri continuano a tutt'oggi, ma la solidità del complesso, nel quale calcestruzzo e pietra si integrano reciprocamente in un connubio che era già superato al momento della nascita, è comunque tale da permettere di aggirarsi tranquilli anche all'interno disponendo di potenti torce elettriche e ponendo particolare attenzione alle aperture nei pavimenti ed ai giroscale dagli ingannevoli e non protetti pianerottoli. I bambini andrebbero assolutamente legati con breve cordino di sicurezza e non semplicemente tenuti per mano.
• Tutta l'opera è circondata da un ampio e profondo fossato parzialmente colmato da detriti a livello dell'entrata originale, tranne che sul lato Sud Ovest dove il pendio scende ripido sulla Valsugana e dove la sicurezza era un tempo affidata ad una barriera di reticolati sostenuti da alta paleria metallica: i resti tranciati dei paletti affiorano ancora alla sommità del muretto in cemento che sulla sinistra del forte raccorda il fossato di gola con quello frontale. Il cortile di gola è protetto da un robusto muro perimetrale con feritoie per fucilieri ed è a sua volta battuto in ogni sua parte da altre feritoie collocate nel corpo delle casematte-alloggio; nemmeno il fossato ha angoli morti: quello anteriore è tutto dominato dal trincerane con camminamento sottostante che corre sul blocco della batteria, mentre quello di gola è preso d'infilata da feritoie per fucili e mitragliatrici in tre punti diversi.
• Dal cortile si accede al blocco casematte; a sinistra della 10a si trova l'ingresso principale, da dove una scala conduce al piano superiore. L'entrata alla polveriera è dietro l'angolo della la casamatta e da qui le tracce delle rotaie a scartamento ridotto dei carrelli per il trasporto dei proietti percorrono i corridoi fino allo zoccolo dello scomparso montacarichi. Il locale della polveriera, al quale si accede da un tunnel in discesa rivestito in calcestruzzo, conserva ancora sotto la sua volta a botte i resti delle "casette" ove era depositata la balistite. L'avventurarsi tra questi ruderi marcescenti può presentare qualche rischio legato al pericolo di crollo di instabili pareti in mattoni od al cedimento del pavimento ligneo, che è sollevato su colonnine di mattoni per garantire un'intercapedine atta a far circolare l'aria.
• Dal piano superiore delle casematte alloggio una poterna (corridoio blindato di collegamento tra due parti di una fortificazione) sale verso il corridoio di batteria, devastato dalle esplosioni innescate dagli austriaci nel novembre 1918. Da quest'ambiente è possibile, anche attraverso i pozzi, salire sulla copertura del forte. All'estrema sinistra ed all'estrema destra del corridoio si aprono dei bui e tortuosi corridoi che girano tutt'attorno all'opera e presentano frequenti aperture dalle quali si può accedere alla postazione per il combattimento ravvicinato. Sul lato sinistro della copertura, in due depressioni erbose circolari collegate da un camminamento, trovavano posto due pezzi d'artiglieria contraerea, come testimoniano i basamenti in cemento con cifre in rosso ancora parzialmente leggibili e relative ad una suddivisione in gradi.
• Dal punto più elevato di Cima Campo, coincidente con la copertura in calcestruzzo della fortificazione, si gode un panorama a 360 gradi sui monti circostanti: da Cima d'Asta al Panarotta, dal Grappa al Monte Lisser, dalle Vette Feltrine all'orlo settentrionale dell'altopiano dei Sette Comuni, dalle Pale di S. Martino al gruppo del Brenta.
Tutta la costruzione reca i segni del passaggio di legioni di incivili visitatori che non hanno resistito alla tentazione di lasciare i loro graffi ti ed i loro più o meno appariscenti rifiuti persino nei più reconditi ed umidi sotterranei.
• L'escursione può terminare con il rientro per il medesimo itinerario dell'andata, con la prosecuzione lungo il ciglione dell'altopiano di Celado fino alla discesa su Castel Tesino. Da qui, per Bieno, Strigno e Villa-Agnedo, ci si immetterà sulla strada statale 47 della Valsugana.
• In alternativa, è possibile proseguire lungo la strada asfaltata sino all'insellatura di Col Perer e da qui scendere ad Arsiè per dirigere verso la imponente tagliata della Scala di Primolano. Dall'omonimo abitato, quindi, immissione sulla S.S. n° 47 della Valsugana.
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