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LA PRECARIETA' DEL RICOVERO
di Vitaliano Modena
Ci sistemammo nella baracca con quelle poche cose che avevamo e che ci diedero. Un po' alla volta riuscimmo a procurarci l'occorrente per costruire qualche cuccetta e a sottrarre perfino delle lenzuola. Ci fornivano il petrolio per alimentare una bella lucerna, che poi portammo con noi al rientro. C'era però anche la luce elettrica. Con una cassetta, che aveva il suo numero, andavamo a prendere legna e carbone per riscaldare la baracca.
Per i profughi le giornate passavano piuttosto uniformi.
La sveglia era data presto (anche prestissimo per chi andava a lavorare); seguivano la colazione, quindi le attività scolastiche e lavorative (dentro e fuori del campo) o la vita in baracca.
Dopo la sosta per il pranzo, ognuno riprendeva i propri impegni o l'ozio consueto fino all'ora di cena.
Il ritiro per il riposo notturno avveniva con regolarità in ogni stagione; tanto è vero, che in estate si andava a dormire alle nove, e il sole illuminava ancora la baracca.
Filomena Boccher, l'autrice del diario di Mitterndorf, citato più volte in questo libro.
Le baracche rispondevano molto grossolanamente alle esigenze di ricovero degli esuli e malamente proteggevano da un clima che, in quanto continentale, portava freddi e lunghi inverni, calde estati, con bruschi sbalzi di temperatura.
Il vento impetuoso e molesto e il freddo pungente penetravano attraverso le fessure delle assi, tanto che le pareti interne furono spesso tappezzate con giornali per diminuirne gli effetti.
Là c'era sempre vento: gli uomini tenevano il cappello con le mani o il berretto legato.
Alla mamma il vento portò nel fiume Fischa il fazzoletto che le proteggeva il capo. Un colpo di vento mi fece finire una volta in mezzo al pantano e non ero più capace di muovermi. Lasciai lì le scarpe e mio fratello mi portò sul terreno sicuro.
Quando pioveva poco, il terreno si ricopriva di pozzanghere.
Quando la piogga abbondava, le baracche sembravano galleggianti su un lago di fango denso e sudicio.
Quand' era estate, il tanfo in baracca era soffocante.
I giacigli erano costituiti di sacconi di paglia allineati sul pavimento; questo era freddo e umido d'inverno, benché le baracche fossero sopraelevate.
Avere lenzuola era un sogno; a molti usi provvedevano le coperte.
Il personale tedesco era alloggiato in baracche proprie.
Pure alle maestre furono riservate delle baracche, con "stanzette piccole, carine, ben arredate con letto, lavabo, armadio, tavolino" (Boccher).
Il numero dei baraccati non era sempre fisso: variava in continuazione per le morti, per le nascite, per le frequenti partenze dal lager e i nuovi arrivi di profughi, di prigionieri, di soldati invalidi.
Frequenti inconvenienti creavano disagi d'ogni tipo e procuravano talvolta malattie e morti: erano la sospensione della corrente elettrica, la rottura di vetri alle finestre, la mancanza di legna da ardere ...
Mitterndorf. La famiglia di Francesco Nervo, militare: da sinistra Angelo, Margherita, Emma Boccher, Maria.
Nel suo diario, la maestra Boccher accenna alle disavventure di questa famiglia, distrutta in breve tempo.
Andiamo a rileggere quanto scritto dalla Boccher. "11 gennaio [1916].
S'è levato un vento così forte che ha rotto l'uscio e spezzato tre vetri della finestra.
Un vetro s'era già rotto nei giorni passati; sicché ora ne mancano quattro.
14 gennaio È venuto il medico accompagnato da un capo-baracca a visitare la camera.
Ho fatto loro osservare che da quattro giorni siamo qui al freddo e al buio.
20 gennaio Nella stanza c'è un bimbo di nove anni gravemente ammalato.
28 gennaio Egli è morto oggi alle 4 pomeridiane.
È morto di doppia polmonite". E per quanto riguarda il riscaldamento: "6 novembre [1917].
Fa un gran freddo.
In baracca non hanno ricevuto punto legna.
22 novembre È tanto freddo. Non si distribuisce legna.
Nel magazzino non ce n'è. accorrerebbero sette vagoni di legna al giorno e ne arrivano qui soltanto due, che portano appena la legna necessaria per la cucina e per qualche stanza privilegiata.
Ora si stanno tagliando gli alberi che sorgono lungo le strade fra Mitterndorf e Moosbrunn: quella legna sarà verde; ma se ce ne danno, bene o male brucerà.
Anche i marciapiedi, di legno, furon qua e là divelti dai profughi per brucìarlì".
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