La Trappola di Monte Broi - Gruppo Alpini Roncegno

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La Trappola di Monte Broi

La 1a G.M.


LA TRAPPOLA DI MONTE BROI

di Luca Girotto


"16 Aprile 1916. L'alba è spuntata salutata dal cannone. Il nemico ha bombardato e bombarda furiosamente le nostre trincee di Marter. Marter brucia. Non una casa è stata risparmiata. Non so come resisteremo a questa furia. " (G. Bongiovanni).
La contesa posizione di S. Osvaldo era già saldamente in possesso dei Deutschmeistern del 40 reggimento quando, verso le 11.00 del 16 aprile, iniziava l'attacco della 18a I.D. contro il tratto di fronte compreso tra monte Broi ed il Brenta.
Lo schieramento italiano nel sottosettore "Marter" era in quelle ore il btg alpini Intra (su due sole compagnie, 24a e 37a) allo sbarramento del vallone
di monte Broi, tra "noto cocuzzolo" (q.773, LG.M.) e q.617; 3a comp. dell'83° isolata, alta sulla valle, sul costone orientale del Broi tra q.1000 e l'avamposto di q.1100; 1a comp.dell'83° sul versante meridionale del rilievo, da q. 1100 alle case attorno alla chiesetta di S.Maria; 11 a comp.del 31 ° fant. a S.Maria, 9a comp.del 31 ° all'avamposto di Oltre Brenta; 9a comp.dell'83° (era il reparto del ten. Bongiovanni) tra Brustolai e Marter come rincalzo.
Di fronte a questi reparti, ammassati su posizioni nuove e non ancora rafforzati per una sicura difesa, erano pronti da ore i due gruppi d'attacco del maggiore Hildebrand e del generale Kindl.
Il primo, tra Garollo e monte Broi, era costituito dai fanti slesiani del I/1° e dai Landesschutzen del II/I°, e doveva operare contro il costone del Broi; il secondo, dislocato sulle pendici sud del monte suddetto e nel paese di Novaledo con l'incarico di fiancheggiare da destra l'azione, poteva contare su forze pressochè analoghe: il già noto battaglione ciclisti del maggiore Von Schonner e due mezzi battaglioni della 18a divisione.
Già verso le 6.00 del mattino un violento bombardamento si abbatteva sulle trincee del Broi e sull'abitato di Marter, protraendosi per oltre due ore.
La 3a compagnia, al comando del capitano Tafi, venne in breve a trovarsi completamente isolata, sia per l'interruzione di ogni comunicazione telefonica con il fondovalle, sia per l'assenza di collegamenti tanto a destra con gli alpini dell'lntra che a sinistra con la l a/83° , causa dell'impraticabilità del terreno.
Alle esplosioni delle granate si aggiunse, verso le 8.30, il fuoco di alcune bombarde e di tre mitragliatrici avvicinate si sotto la protezione dell'artiglieria.
Il tiro di demolizione, sconvolgendo la già precaria sistemazione delle regie truppe, permise l'ammassamento indisturbato delle forze del magg. Hildebrand attorno a malga Broi.
Era prevista una manovra a tenaglia: mentre il 1°/I° avrebbe impegnato frontalmente i fanti italiani attaccando da q.1328 di monte Broi lungo il filo di cresta e per i pendii meridionali (curva di livello di q.1000), i Landesschutzen sarebbero scesi da nord-ovest nel vallone tra malga Broi e spigolo Frattasecca per poi piegare a sud colpendo i difensori sul fianco destro ed alle spalle.
L'azione dei Landesschutzen si sarebbe però potuta risolvere in un disastro se non fosse stato prima neutralizzato il presidio italiano di Valcanaia: da questo costone gli attaccanti avrebbero rischiato infatti di venire bersagliati alle spalle durante l'avvicinamento.
Solo alle 11.00 quindi, dopo che i Deutschmeister discendenti da S. Osvaldo si erano impadroniti della spalla di Valcanaia obbligando la guarnigione a ritirarsi (parte su Voto e parte in fondovalle alla destra del "noto cocuzzolo"), potè essere impartito l'ordine d'avanzata.
Verso le 11.30 il capitano Tafì richiedeva, tramite portaordini, il concorso dell'artiglieria pesante per battere mitragliatrici appostate in vicinanza della sua compagnia e pezzi da montagna che, appostati a Valcanaia, la colpivano alle spalle: alla richiesta rispondevano immediatamente le batterie di fondovalle, del Ceolino e di Sella, aprendo un violento fuoco d'interdizione.
Poco dopo, attraverso la linea telefonica per breve tempo ripristinata da squadre del genio, giungeva a Marter un ultimo concitato messaggio:
"Gli austriaci tirano con i piccoli calibri! Abbiamo forti perdite.
Se non ci arrivano rinforzi è impossibile tenere la linea
... ".
Alle 12.10, dagli osservatori circostanti furono visti agitare dei panni bianchi su q.1100.
Ma non era una resa: il capitano Tafì cercava disperatamente di comunicare al comando di sottosettore che il fuoco d'interdizione, troppo corto, stava facendo a pezzi i suoi plotoni.
Da quel momento in poi, nessuna notizia circa la sorte del presidio di q.1100 pervenne più al comando del sottosettore.


Il contrattacco austriaco del 16 aprile 1916 tra monte Broi (1) e Sant'Osvaldo (3), che portò alla catura
delle compagnie 3^ e 1^ dell'83° reggimento fanteria. 2) Spigolo Frattasecca. 4) Noto cocuzzolo.
5) Quota 617. 6) Quota 1100 di monte Broi. 7) Valcanaia.

La situazione della 3a compagnia peggiorava rapidamente: i quattro plotoni erano tutti raccolti attorno e ai lati della trincea principale, fatta a lunetta, di q.1100; le armi automatiche austriache sparavano ormai tanto intensamente e così da vicino che per le vedette non era possibile nemmeno sporgere il capo sopra i ripari senza venire colpite.
Stando così le cose, riuscì relativamente facile ad una compagnia del I/1° insinuarsi sotto l'ala sinistra degli italiani, sulle pendici sud di monte Broi all'altezza della curva di livello di q.1000.
Da qui una mitragliatrice prese a battere d'infilata ed alle spalle le squadre impegnate ad opporsi all'attacco frontale.
Non erano ancora state prese contromisure per contenere la nuova minaccia da sud quando, alle 12.30, i Landesschutzen del II/1° irrompevano da nord nei camminamenti del tutto sprovvisti di reticolati.
Non solo agli ufficiali, ma anche a tutti i 200 uomini della compagnia Tafi divenne allora chiaro che il reparto era ormai quasi circondato; e fu la fine. Verso le 13.00, un militare della 3a compagnia (soldato Mazzei Ubaldo) arrivava, trafelato e disarmato, alle trincee di Marter riferendo di essere riuscito a sfuggire alla cattura e di ignorare la sorte dei suoi compagni. Vennero subito inviate due pattuglie, una di alpini dell'Intra, l'altra di fanteria: entrambe, al ritorno, asserirono che al posto ove era precedentemente la compagnia esistevano ora delle piccole guardie avversarie.
Così il Mazzei rievocava, giorni dopo, l'ultima fase dello sfortunato scontro: " (…)  mi trovavo a q.1100 di monte Broi dove la mia compagnia si trovava dalla notte tra il 14 e 15 corrente.
La mattina del 16 improvvisamente ci vedemmo attaccati da due mitragliatrici) una di fronte ed una sulla sinistra.
Ciò avvenne verso le 8.30.
Già alle 7.00 circa era invece incominciato un violento fuoco di artiglieria contro le nostre trincee e le aveva in parte rovinate. Le mitragliatrici, insieme ad un centinaio di uomini, si avanzavano malgrado il violento fuoco che avevamo iniziato in seguito agli ordini del nostro capitano.
Mi accorsi pure che una mitragliatrice doveva avere accerchiato la nostra sinistra perchè io che mi trovavo nella trincea di fronte sentivo le pallottole fischiarmi alle spalle.
Molti dei miei compagni cadevano morti o feriti ed il nemico si avvicinava sempre più, tanto che tentammo di respinger lo con le bombe a mano, ma ogni sforzo fu vano perchè irruppe nella trincea gettando bombe e tentando di disarmare i più vicini.
Il signor capitano Tafi e gli altri uffciali continuavano ad incitarci alla resistenza ordinandoci di innestare la baionetta per respingere l'attacco nemico.
Ma stretti da ogni parte, ogni resistenza era inutile ed io, cacciandomi giù per un burrone di monte Broi che porta a quota 617, (...) approfittai della confusione per scappare e rientrare nelle trincee dove si trovavano gli alpini. (...) Avevo visto agitare dal caporale maggiore Zini Oreste, rimasto prigioniero) degli asciugatoi (...) e sono sicuro che il signor capitano, visto che l'artiglieria nostra colpiva le nostre trincee, abbia dato ordine non potendo in altro modo avvertirla, di telegrafare a mezzo di quegli oggetti di allungare il tiro"
.
La 3a compagnia dell'83° fanteria aveva cessato di esistere: il comandante, tutti e quattro gli ufficiali subalterni e 118 uomini di truppa risultavano dispersi.
Solo qualche decina di disorientati superstiti riuscì a rientrare, a gruppi o singolarmente, alla posizione di sbarramento del vallone di monte Broi presso la q.617.
Contemporaneamente al gruppo Hildebrand, anche le truppe del generale Kindl avevano iniziato l'avanzata contro le posizioni italiane collocate tra monte Broi e S.Maria.
Già all'alba il battaglione ciclisti del maggiore von Schonner e metà del I/51° (della 1a brigata da montagna) avevano attraversato il torrente Rogia a nord di Novaledo, portandosi sul versante meridionale del Broi subito sotto al battaglione I/1°.
Fronteggiava l'attacco, nelle posizioni avanzate sulla sinistra idrografica del vallone della Madonna, la 1a compagnia dell'83° al comando del capitano Francini, sulla quale da qualche ora imperversava la medesima tempesta di fuoco che si abbatteva sulla 3a compagnia.
Dopo un assalto iniziale respinto con difficoltà dagli italiani, le truppe imperiali avviavano un sistematico martellamento delle posizioni avversarie con tiro intensissimo di fucileria e mitragliatrici, tentando al tempo stesso un metodico avvicinamento alle stesse.
Le continue richieste di rinforzi inoltrate dal capitano Francini rimasero inascoltate.
Verso mezzogiorno e mezzo, con la 3a compagnia circondata e distrutta su q.1100, il fianco destro della l a compagnia risultava completamente scoperto: allora, mentre parte del battaglione ciclisti e mezzo 1/51° davano inizio all'assalto frontale, il gruppo Hildebrand si lanciava dall'alto contro il fianco ed il tergo dell'ignaro reparto italiano: ebbri del successo ottenuto contro il presidio della sommità del Broi, i Landesschutzen ed i fanti del I/1° calavano ad ondate successive, isolando la compagnia Francini da ogni contatto con le retrovie di Marter e precludendo l'arrivo di eventuali rincalzi, peraltro mai avviati.
Dopo due ore di valorosa resistenza, che videro il reparto contrattaccare a più riprese il nemico alla baionetta, ogni difesa venne sopraffatta e travolta.
Caddero feriti o prigionieri tutti gli ufficiali e soltanto pochi superstiti riuscirono verso sera a raggiungere la linea di difesa principale presso Marter.
Il soldato Piccinetti Domenico, classe 1885, era uno di costoro ed il suo racconto chiarisce a sufficienza i fatti che portarono all'annientamento della 1a compagnia: "Facevo parte del 2° plotone della 1a compagnia comandato dall'aspirante Segantini.
Nella notte dal 14 al 15 la compagnia fu inviata a dare il cambio ad altra compagnia del 32° dislocata in posto avanzato sulle pendici di monte Broi, e più propriamente dinnanzi a case Cucco.
Poichè erano diversi giorni che facevo servizio in trincea, posso affermare che la mia compagnia era molto stanca.
Nelle prime ore della mattina del 15 fummo attaccati di fronte ed un poco anche nei fianchi, tuttavia resistemmo abbastanza a questo primo attacco. Durante il resto della giornata e durante la notte facemmo dei piccoli ripari per difenderci un pò dal fuoco di mitragliatrici avversarie che ci molestavano continuamente.
Il 16 (...) fummo attaccati (...) anche sui fianchi.

Ritengo che complessivamente le truppe attaccanti raggiungevano la forza di circa 200 uomini con due o tre mitragliatrici.
Durante questi attacchi, tutti i nostri ufficiali con l'esempio e con la parola cercavano di animarci il più possibile incitandoci a resistere fino all'ultimo. Il capitano mandò diversi soldati per chiedere rinforzi, tanto più che il telefono (...) non funzionava, ma nessuno di essi ritornò.
Ritengo siano stati uccisi o fatti prigionieri dagli austriaci che dominavano la nostra linea di comunicazione.
Nel pomeriggio verso le 14.30 vedemmo dei movimenti di truppa alle nostre spalle; sul principio si credette che fossero i rinforzi richiesti, ma ben presto le nostre vedette ci avvertirono dell'errore: si trattava di reparti nemici che ci avevano aggirato e che ora, in unione di altri che fronteggiavamo dalla mattina, ci attaccavano.

Vistici circondati, cominciammo a far fuoco in tutte le direzioni cercando di respingere l'avversario con il fuoco e con lancio di bombe a mano.
Malgrado i nostri sforzi i nemici ci furono addosso ed allora, vista la situazione disperata e finite le cartucce, ci ritirammo ognuno per suo conto (...) tanto più che vidi dei nostri soldati che si trovavano all'estrema destra gettare le armi: (...).
lo, nel ripiegamento (...) rientrai nelle linee di S.Maria.
Lì rimasi assieme ai soldati dell'11a compagnia del 31° fànteria
".
Anche la la compagnia dell'83° aveva così cessato di esistere: altri 4 ufficiali incluso il comandante capitano Francini, e 165 soldati si avviavano mestamente verso i campi di prigionia della monarchia asburgica.
Quattro preziose mitragliatrici arricchivano il bottino dell'attaccante.
Ormai completamente travolta nelle posizioni montane, la difesa avanzata del sottosettore Marter venne a questo punto pesantemente investita anche nel tratto di fondovalle.
Erano le 16.00: contro l'ultimo avamposto a nord del Brenta, quello di S. Maria, si scagliarono le truppe dell'ala destra del gruppo Kindl, circa un battaglione.
Difendeva la posizione la già ricordata 11a compagnia del 31 ° fanteria, la quale, contro un avversario quattro o cinque volte superiore di numero, potè tener duro avendo ricevuto in giornata ingenti rifornimenti di munizioni e materiali da difesa.
Le vicende di questo reparto, l'unico a resistere nel disastro generale, meritano qualche cenno.
Fino alle 11.00 durò il martellamento dei cannoni austriaci su tutta la zona S.Maria-Marter-monte Broi, sconvolgendo trincee e reticolati; la truppa, secondo gli ordini, era al riparo in luoghi già scelti in precedenza e solo le vedette permanevano ai loro posti.
Quando, diminuito d'intensità il bombardamento, i fanti rioccuparono i loro appostamenti, si venne a sapere da alcuni feriti dell'83° che la compagnia di destra, sul Broi, resisteva con difficoltà all'attacco nemico e che, malgrado gli avvisi inviati, non le giungevano rinforzi.
Immediatamente si provvide ad informare il comando della brg Venezia, avvertendolo anche del pericolo in cui si sarebbe venuto a trovare il presidio di S.Maria in caso di ritirata della 1a compagnia.
La risposta fu un ordine di resistenza ad oltranza, unito a quello, subito eseguito, d'inviare se possibile pattuglie sulla destra.
Nel frattempo un'automitragliatrice nemica avanzava sulla strada imperiale oltre Novaledo bersagliando di fronte e sul fianco sinistro il reparto disteso con tre plotoni a nord dello stradone e con uno, defilato alla vista, tra i canneti del fondovalle.
Alle 15.00 arrivava la notizia che la compagnia di destra, la 1a/83°, si era arresa al nemico e che gli austriaci calavano con le mitragliatrici in spalla dalle pendici di monte Broi.
Dal fondovalle ufficiali e soldati, in preda al più nero sgomento, vedevano distintamente i Landesschutzen scendere baldanzosi.
Agli allarmatissimi messaggi inoltrati dal capitano Sega, comandante dell'avamposto di S.Maria, il comando del sottosettore rispondeva di difendersi ad ogni costo ma di non contare su rinforzi, di cui non si disponeva.
Ricordava giorni dopo in una sua relazione il capitano Sega:
"Si distribuiscono le munizioni di riserva; se ne richiedono delle altre.
Il sottoscritto dà ordine che il plotone di destra, rinforzato da uomini di altri plotoni, fàccia fronte al nemico a destra.
Si incomincia un fuoco violentissimo di mitragliatrici e fucileria nel fronte e sul fianco destro.
Si consumano 8 casse di cartucce ed il nemico si arresta a 50 metri dalle nostre posizioni.
Alla destra si fanno prigionieri due soldati nemici.
Però il nemico serra sempre più.
Si chiedono nuovamente rinforzi e si dà assicurazione che si potrà resistere in tal modo anche tutta la notte.
Il comando della brg Venezia risponde elogiando il contegno degli ufficiali e della truppa, ma ordina che si ripieghi di notte (...) sulla linea di sbarramento di Marter.
Sull'imbrunire,sotto violentissimo fuoco (...) s'incomincia (...) il ripiegamento.(...).

Immediatamente il nemico avanza e circonda una mezza squadra di uomini rimasti soli.
Questi si nascondono in una casa e solo la mattina rientrano a Marter
". Negli scontri della giornata, l'11a compagnia dovette accusare 32 perdite di cui ben 30 dispersi (prigionieri o caduti non recuperati).
"16 aprile 1916 (ore 16.00): le notizie che giungono dalle altre compagnie sono disastrose.
La 3a è stata fatta prigioniera su monte Broi, la 1a è stata catturata presso Novaledo.
Su S. Osvaldo i nostri, attaccati da una fiumana nemica, retrocedono. Ovunque si combatte, S. Osvaldo è un inferno ed i nostri retrocedono
". (G.Bongiovanni).
Il ten. Bongiovanni, dislocato con la sua compagnia e con una del 31° fanteria sulla riva destra del Brenta nelle posizioni di Brustolai ed Oltre Brenta, non subì attacchi austriaci nel corso di quella drammatica giornata; in compenso potè seguire da lontano il dipanarsi degli avvenimenti sui rilievi montani alla sua destra.
Alle 19.00, comunque, anche a questi reparti giungeva l'ordine di ripiegamento sulla linea ad ovest di Brustolai, abbandonando l'avamposto di Oltre Brenta ed istituendone uno presso S.Silvestro.
All' 1.00 del mattino del 17 intervenne direttamente il comando della 15a divisione da Castel Ivano, ordinando un'ulteriore ritirata da effettuarsi dietro il solco del torrente Larganza (da Roncegno al ponte Zaccon). Solamente dei piccoli posti avanzati avrebbero dovuto essere lasciati nelle località di Brustolai, Marter, q.617 e "noto cocuzzolo" ("el montesèl", a sud di Valcanaia).
L'evacuazione della linea di Marter, benchè realizzata con perdite modeste (1 morto e 8 feriti), avvenne nella più grande confusione: carriaggi e salmerie ingorgarono in breve la già malridotta viabilità della zona, obbligando all'abbandono di grandi quantità di materiali; la batteria da campagna da 75 mm postata presso ponte Zaccon dovette addirittura essere allontanata a braccia, causa il mancato arrivo delle pariglie di cavalli, per non farla cadere in mano nemica.
All'alba, il nuovo schieramento italiano era comunque delineato: due compagnie (9a dell'83° e 9a del 31°) e due sezioni mitragliatrici attorno a maso Visle per l'estrema difesa della sinistra di Borgo, due compagnie dell'83° (11a e 12a) ed una sez. mitr. lungo il corso del torrente Larganza tra ponte Zaccon e ponte S.Antonio, due compagnie dell'83° (2a e 4a) ed una di alpini dell'Intra (24a) tra ponte S.Antonio ed il ponte di q.511 (Larganzoni) , con un'altra sezione mitragliatrici.
Verso le 11.00 del 17, il posto avanzato di Brustolai, attaccato da nuclei del gruppo Kindl, era costretto a ripiegare su malga Puisle e monte Zaccon (q.1131) ove si trincerava.
Nelle stesse ore, anche i presìdi di q.617 e del "noto cocuzzolo" minacciati nel fianco destro dal nemico ormai padrone di Valcanaia, si ritiravano su Roncegno.
A sera, solo un piccolo drappello di fanti resisteva ancora nell'avamposto di Marter, che venne temporaneamente abbandonato il dì seguente pur senza venire occupato dal nemico.
L'inizio dell'offensiva austriaca del maggio 1916 vedrà pattuglie italiane ancora ostinatamente trincerate tra i ruderi del disastrato villaggio.
I boschi di monte Broi e di Sant'Osvaldo continueranno invece a restituire i cadaveri insepolti degli sfortunati combattenti italiani fino agli ultimi anni trenta.


Pasqua 1916. All'ospedale San Lorenzo, a Borgo Valsugana, continuano ad affluire i feriti
del combattimento ancora in corso sulla montagna di Roncegno.






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25/02/2023
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