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L'INCENDIO DEL PAESE
di Vitaliano Modena
Era la fine di agosto. Stavamo giocando in giardino quando la mamma ci chiamò in casa.
Un attimo dopo spuntò sulla porta un soldato italiano, tutto spaventato, che ci chiese se ci fossero militari austriaci. Costoro da alcuni giorni si vedevano poco: i più si erano ritirati sulla montagna. Le strade del paese erano vuote. Il soldato italiano dette una breve occhiata nel cortile dietro casa, poi se ne andò. Rientrammo. Poco dopo esplose in giardino una shrapnel: era il primo segnale di ciò che sarebbe accaduto il giorno seguente quando, con enorme fragore, tre bombe incendiarie scoppiarono poco lontano dalla nostra abitazione, nel cuore del paese. Noi bambine, guardando in strada attraverso le imposte socchiuse, vedemmo un ufficiale degli ulani a cavallo aggirarsi con la rivoltella in pugno: imprecava contro il tradimento degli italiani e gridava che se entro sera la popolazione non fosse partita, avrebbe fatto appiccare il fuoco a tutto il paese. In preda a grande inquietudine, la mamma fece portare a pianoterra tutti i mobili e le suppellettili dai piani superiori. Il viavai per le scale era affannoso. Avevamo collezioni di quadri di soggetto storico e religioso, e l'argenteria di valore da nascondere.Quest 'ultima fu riposta in una buca scavata nella stalla e più tardi finì nelle mani degli sciacalli che, rimasti in zona, s'aggiravano a saccheggiare le case abbandonate. Coi grembiulini che indossavamo, portando un cestino d'uova e un sacchetto di biscotti, lasciammo la nostra casa.
Rovine di Roncegno.
È di una certa importanza conoscere quando scoppiò l'incendio di cui ogni anziano ha conservato memoria, perché, e quali conseguenze ebbe.
Una testimonianza afferma che il podestà Froner apparteneva alla corrente degli irredentisti.
Ricevuto l'ordine di far evacuare il paese, egli attese diversi giorni a darne esecuzione, perché avrebbe voluto consegnare la nostra borgata agli italiani che s'erano già impossessa ti di Borgo. Le autorità austriache,che diffidavano del Froner, costrinsero gli abitanti a partire bombardando il paese e punirono il primo cittadino distruggendo 'il suo albergo" AI Moro", così come la farmacia Gionzer che era adiacente. Allora il Froner fuggì precipitosamente per i viottoli che conducevano a Borgo attraversando i vigneti della costa montana di S.Brigida, e si mise in salvo in Italia.
Un'altra testimonianza riferisce che bombe incendiarie caddero sulla farmacia, sulla casa dei Goner, su quella dei Fagotti, e il fuoco si estese facilmente alle abitazioni vicine. Il nostro tetto, così vicino a quelli in fiamme (la Villa di Sotto era allora tutta un "talambaro"), non poteva essere risparmiato. Lo zio accorse per tentare di spegnerlo, così come cercavano di fare altri. Ma tre ulani a cavallo che passavano di lì dissero: -Lasciate che il fuoco arda e andate via; prima o poi il paese brucerà". E così fu. Ricordo anche quest'altro particolare.
In casa dei Goner erano rimasti solo la nonna e due bambini, uno dei quali handicappato; una bomba penetrò nella casa fin dentro la stalla. Il fuoco avvampò in un attimo.
Accorse Andrea Rover e tentò di liberare le mucche che vi erano legate (le persone avevano fatto in tempo a mettersi in salvo).Vi riuscì: trascinò fuori le bestie e giunse con esse alla fontana posta davanti a casa Rover; lì, però, si accasciarono esanimi.
Villa Pola-Waiz semidistrutta
Per Roncegno era l'ora del sacrificio. Il rombo del cannone, sulla Panarotta e sugli altipiani, si faceva sempre più martellante.
Di notte non si poteva dormire per il continuo cannoneggiare che cedeva in parte solo verso mezzanotte. Avevamo paura.
Le pattuglie delle opposte forze in campo si alternavano nelle occupazioni e gli scambi di fucileria diventavano sempre più frequenti in paese, a S.Anna, ai Brustolai. I ragazzi di Marter andavano per le strade a raccogliere pallottole.
L'incolumità delle persone era sempre meno tutelata, della popolazione inoltre nessuno si fidava, né gli austriaci né gli italiani; essa costituiva perciò sempre più ostacolo ad azioni di guerra.
L'esodo era inevitabile.
L'ordine venne impartito; era la metà di agosto, ma il podestà Froner tentennava nella speranza che gli avamposti italiani occupassero il paese e quindi favorissero il trasferimento della popolazione in Italia.
Borgo era già in mano loro, mancava un niente perché il sogno di Froner s'avverasse. Lui, anzi, consigliava ai dubbiosi di rimanere: doveva essere questione di giorni.
I soldati tedeschi, girando di maso in maso o di passaggio da e per la Panarotta, si davano da fare a invitare gli abitanti a lasciar la loro terra.
Ai Postai, dove abitavo, passò una pattuglia composta di un caporale tedesco e di un soldato trentino che faceva da interprete. Ci avvertirono che al massimo entro due giorni bisognava allontanarsi, solo per breve tempo. L'ultima notte prima di partire, dormivo sulla soffitta, sentii sparare: al ponte dei Rozzati era in corso uno scambio di fucileria; non vedevo l'ora che venisse mattina per partire.
Qualcuno obbedì e lasciò la propria abitazione a partire dal 15 agosto.
Ma i più, si capisce, erano restii. Vennero a questo sollecitati dall'incendio che in poco tempo aveva avvolto la parte orientale di Roncegno.
Mentre qualcuno trovò il tempo e il modo di correre al negozio della cooperativa a rifornirsi di cioccolata e zucchero, per altri l'angoscia diventava terrore: La mamma lasciò Roncegno che bruciava, mentre il rombo sinistro del cannone tuonava dalla Panarotta. Aveva con sé i figli, tutti piccolissimi. Otto giorni dopo si ritrovò con i capelli bianchi.
Tutti sono concordi sul luogo e le motivazioni del bombardamento di Roncegno ad opera delle postazioni austriache della Panarotta.
Il cuore del paese, la "crosara", fu la prima a essere colpita.
E su altre abitazioni della Villa di Sopra, dall'albergo Vittoria a villa Pacher, e della Villa di Sotto caddero proiettili. .
Circa il giorno dell'incendio si riscontra invece discrepanza fra le testimonianze raccolte, giustificata in parte dal fatto che all'incendio fu in genere collegata la partenza e che quest'ultima non avvenne per tutti lo stesso giorno.
Ricorriamo quindi a fonti più precise perché chiariscano quest'aspetto.
La Villa di Sotto, dopo le distruzioni
Roncegno; e che due bombe scoppiarono nelle vicinanze del giardino pubblico, sotto la chiesa di S.Brigida".Ritorniamo al giorno dell'incendio del paese.
Il fuoco non fu certo appiccato prima del 31 agosto.
Lo testimonia un documento rilasciato dal podestà, proprio in data 31 agosto 1915.
Quella mattina lui era quindi in municipio e le bombe non avevano ancora colpito il paese; e subito dopo il fatto il paese fu abbandonato precipitosamente dai suoi abitanti e anche dal podestà.
Il parroco don Francesco Meggio annotò nel registro dei morti: "Sospesa la iscrizione perché, essendo scoppiata già ai 24 di maggio la guerra con l'Italia, gli Austriaci dalla Panarotta colpirono con bombe incendiarie Roncegno ai 31 agosto circa le 2 pomeridiane sì che il paese andò in fiamme dalla crociera della Villa Superiore ed Inferiore fino via ai Boschetti: per tal modo il paese per un terzo restò in preda alle fiamme.
Non vi furono vittime; ma la popolazione atterrita da questo fatto perpetrato contro ogni diritto naturale, divino ed umano, se ne fuggì, restando solo poche famiglie, le quali pure per ordine militare lasciarono il paese circa la metà di ottobre.
Alcune famiglie si rifugiarono in Italia, le altre tutte furonoi profughe in molte terre della Monarchia Austro Ungarica, come apparirà dai libri de' nati, de' morti e de' matrimoni".
Lo stesso parroco sarà profugo a Gnigl, sobborgo di Salisburgo.
Anche il diario Gabos conferma il giorno: "Martedì 31 agosto. Alle tredici, si vede il panificio di Roncegno in fiamme".
L'ora non concorda precisamente con quella annotata dal parroco.
Per quanto riguarda la localizzazione, il Gabos non poteva essere più preciso, poiché osservava il fatto dal convento di Borgo.
Il padre scrisse successivamente a proposito ancora dell'incendio di Roncegno. "Mercoledì 1 settembre. L'incendio a Roncegno continua.
Per tutta la notte, e anche ora, si vedono innalzarsi nere colonne di fumo e di fuoco.
Dicono che brucia quella parte del paese che dalla piazza va fino al municipio.
Si pensa che Roncegno sia stato messo a fuoco e fiamme per costringere gli abitanti a sgombrare il paese ...
Un'altra voce riferisce che Roncegno fu dato alle fiamme dai tedeschi con bombe incendiarie; e che, mentre gli abitanti cercavano di spegnere il fuoco, la cavalleria austriaca ne impediva l'opera.
Venerdì 3. Ecco come avvenne l'incendio di Roncegno del 31 agosto; il comando militare di questo distaccamento di confine ordinò alla popolazione di sgomberare il paese; e permise alla gente il passaggio attraverso la montagna.
Vi furono alcune famiglie, dicono, sobillate da persona influente che non stettero agli ordini del comando; e allora, la Panarotta, fece il resto".
La persona influente alla quale si fa cenno fu, molto probabilmente, il podestà.
Il Tommasini, che di Giovanni Froner era genero, fu testimone di fatti che ci riguardano, nella sua veste di interprete protocollista presso il tribunale militare di Trento.
Anch'egli ci dà conferma che la data dell'incendio e dell'evacuamento fu il 31 agosto, e aggiunge al fatto vari particolari.
"Ai 31 agosto 1915 partimmo di lassù [da Trafoi], perché d'urgenza ci chiamavano a Pergine per un processo di giudizio statario.
Arrivato a Pergine [la mattina del 1 o settembre, come dirà più avanti], trovai quella borgata affollata di gente proveniente dalla Valsugana, in maggioranza roncegnesi, che in quella notte e nel giorno antecedente, in seguito a scaramucce guerresche e all'incendio di Roncegno, fuggivano verso l'interno.
Rovine ai Grassi
Non è il caso di descrivere l'agitazione d'animo e la disperazione dei profughi al momento della loro fuga . . . E là, fra tutta quella gente che vociava, piangeva e inveiva contro l'Italia, perché, secondo la sua mentalità e la educazione avuta dai tedeschi, era la vera causa delle sue disgrazie, riconobbi tante persone le quali mi diedero la triste nuova che Roncegno era stato incendiato dalle artiglierie austriache per punìre il podestà Froner per avere egli tenuti nascosti e favoreggiati dei soldati italiani in casa sua.
Difatti, le prime bombe incendiarie caddero sulle case di proprietà Froner.
La maggioranza dei profughi scagliava le più acri invettive contro il podestà, tanto più che tra i fuggiaschi circolava la voce che il paese era stato incendiato, perché il podestà non aveva obbedito all'ordine avuto di evacuare il paese.
Questa folla di gente, accecata dalle sofferenze e dall'odio contro coloro che credeva causa dei suoi mali, provocava ovunque confusione e dava notizie le più contraddittorie.
C'era chi diceva che Froner e la sua famiglia fossero riusciti a mettersi ìn salvo in Italia, altri dicevano come egli fosse stato condotto sulla Panarotta dove i tedeschi avrebbero già fatta giustizia sommaria e c'era chi, pieno di buonsenso, lodava il podestà.
Da tutte le notizie raggranellate qua e là, con una certa circospezione, trassi la conclusione che Roncegno ardeva, che mio suocero Froner e la sua famiglia erano riusciti a riparare in Italia".
Qualcuno dei nostri militari, in servizio sulla Panarotta, vide le colonne di fumo nero levarsi dal paese, e assistette da lassù, impotente e turbato, al terribile avvenimento: che ne era dei suoi parenti? e della casa? Quale futuro c'era da attendersi?
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