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LO SGOMBERO AFFANNOSO
di Vitaliano Modena
II papà, che lavorava in montagna, si precipitò a casa. Caricò su un carretto a due ruote quel poco di roba che era stata preparata: il necessario per alimentarsi e vestirsi per poco tempo. E ci incamminammo: la mamma, il papà, noi due figli (uno di pochissimi mesi), il nonno, la zia e la mucca. Arrivati al Cian, il papà volle tornare indietro a prendere una forma di formaggio e delle coperte. Ritornò quindi sui suoi passi, prese anche queste cose e s'avviò per ricongiungersi a noi. Aveva appena lasciato la casa, quando sentì un sibilo sopra di sé, seguito da un'esplosione. Una granata lanciata dalla zona di Borgo aveva colpito in pieno la nostra casa ed era scoppiata in cantina: una parte dell'edificio crollò, incendiandosi. Fosse accaduto qualche momento prima, o quando tutti noi eravamo in casa ... Turbato, ci raggiunse e procedemmo con il pensiero fisso alla casa distrutta. Mentre se ne stava in cortile parlando con le vicine, la zia lanciò all'improvviso un grido di spavento: alcuni soldati italiani stavano passando furtivamente dalla corte, in perlustrazione. L'ordine di partire venne di lì a poco. II nonno si affrettò verso il negozio vicino a provvedersi di qualcosa che servisse almeno per il viaggio, ma venne respinto dai soldati austriaci che facevano rigorosamente osservare le disposizioni emanate per un rapido sgombero del paese. Tolte le vacche dalla stalla e caricato sul carro l'indispensabile alla propria sopravvivenza, almeno per un breve periodo, la famiglia s'avviò: la mamma, sul carro, teneva in braccio me, di pochi mesi. La nonna seguiva a piedi con una cesta d'uova in un braccio e lo spago della vitella in mano; nell'altro braccio portava il suo fardello. In fondo a Prela l'animale fece le bizze e le uova finirono tutte in mezzo alla strada. Anche il nonno portava la sua parte. Era in maniche di camicia, perché s'era dimenticato la giacca sotto il fico dell'orto. Provava disonore ad affrontare il viaggio in quelle condizioni, lui vecchio soldato che aveva montato la guardia al castello di Schonbrunn!
Rovine di Roncegno
Lo sgombero era in atto. Ogni famiglia, ogni persona in grado di comprendere il significato dei fatti che stava vivendo, diventava protagonista di una sua piccola storia di dolore, di sentimenti confidati o repressi, di rabbia, di angustie, di pene, di crepacuore, di ingenua o convinta speranza, di fede.
Tante vicende si impressero in poche ore nella mente delle creature costrette a muoversi fra avvenimenti più grandi di loro.
Esse alimenteranno, insieme con le peripezie dell' esilio, il pensiero, i ricordi e le conversazioni per i restanti giorni della loro esistenza.
A settant'anni di distanza troviamo ancora una tale precisione di memorie e di particolari che incanta.
I ricordi riportati in questo libro sono utili a conoscere i momenti e gli effetti di quel precipitoso allontanamento, dell'approdo e della permanenza in terra straniera.
L'emergenza richiedeva di lasciare quasi tutto e di portare con sé l'indispensabile per pochi giorni.
Che fare delle proprie cose, preziose anche se povere, permeate di sacrifici e di ricordi?
Che cosa sarebbe avvenuto delle case abbandonate alla mercé delle devastazioni che la guerra avrebbe portato? e degli animali, fonte insostìtuibile di sopravvivenza? e delle campagne, ricche di frutti sudati e generosi?
Le persone di casa, tutte indaffarate, seguivano le disposizioni che venivano impartite per lo più dalle donne e dai nonni: gli uomini validi erano militari o militarizzati.
L'agitazione cresceva, prima di tutto nell'animo.
Confusi, certuni facevano ciò che non serviva e tralasciavano precauzioni importanti.
Con i primi materiali che capitavano fra le mani, si costruirono in tutta fretta rudimentali tra mezze nella stalla o in qualche scantinato per nascondervi le masserizie.
Le botti divennero utili contenitori degli utensili di cucina e di casa; se qualcuna conteneva ancora del vino, lo si lasciò scorrere.
Si occultarono gli ingressi di certi locali.
I ramaioli finirono sparsi qua e là negli angoli meno in vista, fra lo strame, sotterrati nell'orto, perfino sotto il letame, nel campo, nel bosco vicino.
Al ritorno, pochi troveranno qualcosa.
Quasi tutto sarà stato oggetto di caccia da parte degli stessi compaesani attardati alla partenza, o ritornati occasionai mente durante la guerra, o rientrati prima degli altri, e da parte dei militari austriaci e tedeschi, e italiani: non c'è da aspettarsi il rispetto né delle leggi né delle cose quando quello per le persone è violato a piene mani.
Rovine alla frazione Speccheri
Il saccheggio diventò stato di necessità o appagamento degli istinti più brutali dell'uomo secondo i più antichi usi di guerra.
La convenzione internazionale che lo vietava, stipulata già da otto anni, venne generalmente irrisa.
Si abbandonarono le case; qualcuno non si curò di chiudere le porte e di spegnere la luce: era sera inoltrata e l'urgenza di far presto premeva.
Altri lasciarono i documenti di riconoscimento nel cassetto, i pochi valori nella custodia, il prezioso corredo di sposa nel baule.
La mamma era fidanzata e ormai prossima alle nozze. Aveva preparato tutto il corredo, pieno un baule.Con l'ordine di sgombero dovette lasciare tutto e finì a Mitterndorf. Al ritorno non trovò niente. Il fidanzato, dopo la guerra trascorsa al fronte, dovrà emigrare in America per guadagnarsi i soldi per metter su casa. Finalmente, dopo anni, si sposeranno.
Si lasciarono i fienili occupati dal nuovo foraggio, le stalle schiuse e le galline per il cortile, e i cani, i gatti e gli uccelli da gabbia padroni di se stessi.
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