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NELLE POSIZIONI AUSTRIACHE
DI VOTO E VALCANAIA
di Luca Girotto
Se per gli italiani le lotte alle falde del Panarotta, nel mese di marzo, furono uno stillicidio continuo di lutti e sofferenze, neppure per la parte avversa le cose risultarono facili.
Anche il contingente di Landesschutzen distribuito tra monte Broi, Valcanaia, S. Osvaldo e Cinque Valli fu costantemente impegnato e subì pesanti perdite che, sommate al logorìo fisico e morale dato dalla permanenza in una situazione oltremodo disagiata, imposero ben presto un rafforzamento del presidio.
Dalle retrostanti posizioni del Weitjoch e di Busa Granda dovettero così avanzare gli Standschiitzen dei reparti Zillertal e Kaltern I i quali, sotto il pesante fuoco di sbarramento che martellava sentieri e mulattiere, assicurarono viveri e munizioni alle prime linee, allontanando i feriti dalla zona di combattimento con faticosissime marce sulla neve attraverso Erterli e Weitjoch, fino al Panarotta: qui funzionava un posto di primo soccorso diretto dall'ufficiale medico del Zillertal, il dr. Reitmayr di Mayrhofen, ove i militari ricevevano le cure più urgenti prima di essere avviati a Pergine.
Man mano che la progressione italiana obbligava i presidi austriaci a ripiegare verso l'alto, si moltiplicavano le richieste telefoniche di rinforzi da parte dei comandanti di compagnia; ma la 52a mezza brigata, responsabile del settore, non aveva per il momento, disponibilità di significative riserve e si limitava a ripetere gli ordini: tenere ad ogni costo la linea Novaledo-monte Broi-Valcanaia-S. Osvaldo-Cinque Valli.
Il comandante del Zillertal, maggiore Hermanny-Miksch, dovette far valere tutta la sua autorità per poter dominare la situazione, e pure il suo omologo, alla guida del Kaltern I impegnato duramente su Valcanaia, dovette impegnarsi in prima persona nel dirigere un paio di sortite disperate per guadagnare un po' di respiro.
Di una delle ricognizioni che l'ufficiale eseguì subito dopo i combattimenti del 18 marzo ci è rimasta, nel suo diario, una vivida rievocazione.
"Ci mettemmo in marcia alle sei del mattino del 23 marzo 1916. Raggiungemmo l'avamposto n°5 alle otto. Di lì la marcia proseguì lungo il costone di Frattasecca: ripide pareti di roccia friabile, coperte da pochissima vegetazione.
Lo strapiombo era fortemente innevato (circa di neve) .
Sotto la mia guida, si fècero strada Roschatt ed un soldato di Cortaccia, seguiti poi da altri fànti.
L'attraversamento del costone si rivelò molto pericoloso: si affondava di continuo nella neve morbida fino alle anche, per ritrovarsi subito dopo su dei lastroni di ghiaccio, sui quali non sarebbe stato possibile passare senza i ramponi. (...).
Quando arrivai in un prato sopra Voto, che ben conoscevo, fui accolto da una pioggia di pallottole.
Sul sentiero giaceva morto un fànte! L'avamposto era sistemato in ordine sparso lungo una strada infossata; là i nostri soldati si trovavano ad una distanza di ottanta passi dal nemico, che era trincerato di fronte.
Mi avvicinai alla linea strisciando.
Nelle loro trincee gli italiani avevano in dotazione dei fucili ai quali era stato fissato il cannocchiale di puntamento.
A dispetto della lunga attesa, io non potei sparare neppure un colpo! Ma uno dei miei soldati, in assenza del suo legittimo proprietario, riuscì a colpire e distruggere uno di quei fucili. (...) Con la mia pattuglia, avanzai completamente isolato in direzione di Valcanai. (...) Naturalmente, anche a Valcanai, la situazione non era migliore.
Mi spinsi fuori, ben aderente al terreno, strisciando (...) e, come risultava dalla mappa, localizzai le postazioni italiane.
Le (...) più vicine si trovavano a circa 50 passi di distanza, munite di mitragliatrici." (magg. Hermanny-Miksch) .
Nelle campagne di Novaledo: un attimo di riposo per Standschützen e Landstürmern.
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