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UN MONITO PERENNE
di Vitaliano Modena
Sul rimpatrio abbiamo letto le testimonianze dei profughi.
Ci mancava la voce dei parroci. Don Francesco Meggio lasciò scritto nel libro dei morti: "Occupata la Valsugana dal Regio Esercito Italiano ai 4 novembre 1918, poté la popolazione respirare largo e ritornare un po' alla volta. Il parroco entrò in paese ai 16 novembre 1918".
Don Liberio Clamer appuntò: "Nel dicembre 1918 quasi tutti i profughi sono ritornati in patria dopo la mondiale guerra".
Queste poche parole chiudono il capitolo più triste della storia del nostro paese.
Sono le parole dell'ufficialità delle registrazioni.
Tutto il resto l'ha scritto la gente, all'unisono e personalmente, nel libro infinito della vita, dove hanno sembianza le vicende note e ignote vissute dagli uomini.
In esso è stato impresso anche il gravoso tributo pagato dai profughi con l'abbandono delle case in quell'infausto 1915, la prolungata attesa del rimpatrio angustiata dalle molte difficoltà dell'esilio, l'impotenza dei vinti, il desiderio vigoroso di riacquistare la propria terra.
E altresì, la volontà di ripristinare le case, di fendere la terra impaziente di fruttificare, di intessere i fili della civica solidarietà: allorché tutto o quasi sembrava distrutto, qualcosa di indistruttibile s'impose fortemente e consentì di risorgere.
Questa forza spirituale diverrà monito perenne se la sua memoria non andrà perduta.
Roncegno 1920 (collezione privata).
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